L’ADL del 1° dicembre 2022

L’Avvenire dei lavoratori

1° dicembre 2022 – e-Settimanale della più antica testata della sinistra italiana

Organo della F.S.I.S., Centro socialista italiano all’estero, fondato nel 1894 / Direttore: Andrea Ermano

Redazione e amministrazione presso la Società Cooperativa Italiana – Casella 8222 – CH 8036 Zurigo

 

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AVVERTENZA: PER “LAVORI IN CORSO” IL SITO WEB NON È AL MOMENTO DISPONIBILE

 

IPSE DIXIT

 

Ti conosco, mascherina – «Nell’ultima settimana (18-24 novembre) si sono registrati 229.135 nuovi casi positivi, +10% rispetto alla settimana precedente (208.361). Le vittime sono state 580, contro le 533 della settimana precedente (+8,8%). Anche l’indice di trasmissibilità Rt torna dopo un mese sopra la soglia epidemica dell’unità: 1,04. Tra gli infettivologi c’è dibattito: Massimo Andreoni parla di “reinfezioni pericolose”, Matteo Bassetti di “dati anacronistici”. Per il sì e per il no, sempre meglio avere la mascherina a portata di bocca.» – Gianluca Mercuri

      

   

L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

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EDITORIALE

 

Mattarella, cassis e dissertori

  

Oggi, 30 novembre 2022, il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, insieme al Presidente della Confederazione, Ignazio Cassis, sta visitando proprio qui a Zurigo a poche centinaia di metri dalla nostra redazione, il Politecnico Federale, alta scuola di eccellenza, guidata dal fisico meranese Günther Dissertori. Ci siamo perciò permessi si buttar giù qualche ”pensierino” su tre personalità che rappresentano emblematicamente importanti dimensioni della cultura italiana nel mondo.

 

di Andrea Ermano

 

Sergio Mattarella – 12° Presidente della Repubblica – ha tra tanti altri anche il merito  di avere elevato al rango senatoriale Liliana Segre, finora l’unica persona chiamata a Palazzo Madama per nomina dell’attuale Capo dello Stato.

    All’età di quattordici anni, il 18 maggio 1944, Liliana fu deportata ad Auschwitz-Birkenau dove le venne tatuato il numero di matricola 75190 sull’avambraccio sinistro. Tra i 776 bambini o ragazzi italiani rinchiusi in età inferiore ai quattordici anni, ne sopravvissero 25, compresa Liliana.

    Dopo la Liberazione dal campo di concentramento per mano dell’Armata Rossa il 1° maggio del 1945, Liliana rientrò in Italia. Era passato meno di un anno soltanto da giorno della deportazione, ma quella giovanissima israelita milanese non poteva più ritrovare la “sé stessa” di prima.

    «Molto difficile per i miei parenti convivere con un animale ferito come ero io», – ricorda la sopravvissuta ad Auschwitz: – «una ragazzina reduce dall’inferno, dalla quale si pretendeva docilità e rassegnazione. Imparai ben presto a tenere per me i miei ricordi tragici e la mia profonda tristezza. Nessuno mi capiva, ero io che dovevo adeguarmi ad un mondo che voleva dimenticare gli eventi dolorosi appena passati, che voleva ricominciare, avido di divertimenti e spensieratezza».

    Ora, la spensieratezza non dev’essere un sentimento particolarmente forte nemmeno nell’animo di Sergio Mattarella, fratello di quel Piersanti Mattarella, esponente della sinistra DC siciliana, allievo e delfino di Aldo Moro, che come quest’ultimo finì assassinato: non dalle BR come Moro, ma in un agguato di “stile” apparentemente mafioso, che però rivela una matrice politica ben più complessa.

    Dopo l’omicidio, l’arcivescovo Salvatore Pappalardo afferma senza giri di parole «l’impossibilità che il delitto sia attribuibile a sola matrice mafiosa. Ci devono essere anche altre forze occulte, esterne agli ambienti, pur tanto agitati, della nostra Isola». E per convincersene basta riguardare su fanpage.it il breve reportage di Sandro Ruotolo dal titolo “Chi ha ucciso Piersanti Mattarella?”.

    Siamo a Palermo, 6 gennaio 1980. La Fiat 132 dell’allora Presidente regionale siciliano risale in retromarcia la rampa del garage condominiale verso via della Libertà e si ferma sul marciapiede per far salire la moglie, la suocera e i figli. È domenica e i Mattarella intendono recarsi a messa. Durante il processo la moglie, Irma Chiazzese, riconoscerà nel terrorista di estrema destra Giuseppe Valerio “Giusva” Fioravanti l’esecutore materiale dell’omicidio. Lo descriverà come persona dall’andatura “ballonzolante” con espressione del viso gentile e lo sguardo di ghiaccio. Non verrà creduta.

    Ma Fioravanti stesso – in seguito condannato per la Strage di Bologna del 2 agosto 1980 – confiderà a un compagno di cella di avere compiuto l’agguato palermitano. E racconterà che, per evitare di colpire la moglie, aveva avuto cura di spostarsi saltellando. Infatti, Irma Chiazzese era stata “solo” ferita di striscio.

    La scena si svolge così: improvvisamente un uomo armato balza davanti all’auto ferma del Presidente siciliano e gli scarica addosso cinque o sei proiettili calibro 38. Dopodiché la pistola s’inceppa. Allora l’assassino allunga il braccio verso una Fiat 127 bianca parcheggiata a pochi metri di distanza, dalla quale il complice al posto di guida gli passa un’altra calibro 38. Con questa il sicario si volge di nuovo alla vettura di Mattarella ed esplode diversi altri colpi prima di saltare in macchina e dileguarsi.

    Terribile la foto di Letizia Battaglia, che qualche minuto dopo ritrae il futuro presidente della Repubblica mentre estrae dall’abitacolo il corpo ormai esangue del fratello in attesa dell’ambulanza.

 

Palermo, 6.1.1980. Sergio Mattarella estrae

dall’auto il corpo del fratello (foto Battaglia)

 

Questo dunque è, essenzialmente, Sergio Mattarella. Prima di essere eletto (e poi riconfermato) al Quirinale, l’attuale inquilino del Colle è stato, dal 2011, membro della Corte costituzionale.

    Insieme a Giuliano Amato appartiene a quel collegio di giudici che il 4 dicembre 2014 dichiararono l’incostituzionalità della legge elettorale detta “Porcellum”.

    Fu una storica vittoria democratica, sulla quale all’epoca scrivevamo: «Davvero incredibile la competenza politico-giuridica e la passione civile di Felice Besostri, l’avvocato socialista al quale il popolo italiano deve la bocciatura del Porcellum e dell’Italicum». Il “Porcellum” fu buttato giù facendo leva sull’eccessivo premio di maggioranza da esso concesso e denunciando presso la Consulta l’imbroglio delle liste “bloccate”. Chapeau!

 

Ignazio Cassis ci riguarda doppiamente. Da un lato, essendo Presidente della Confederazione rappresenta, infatti, la Svizzera tout court, di cui questa nostra testata di migranti italiani è ospite da 125 anni.

    E va detto che, durante famigerato Ventennio in cui nel nostro Paese la libertà veniva negata, fu proprio L’ADL, trafugato come merce di contrabbando dai passatori attraverso le Alpi, a costituire l’unico organo di stampa in netta contrapposizione al regime fascista.

    Questo accadeva dopo l’opposizione alla Prima Guerra mondiale, ma prima della grande battaglia civile durante l’emigrazione di massa, che venne combattuta nel secondo Dopoguerra, grazie a Ezio Canonica. Qui l’ADL fu trasformato in organo di auto-difesa a mezzo stampa per i “cafoni” emigrati dall’Italia a centinaia di migliaia in cerca di lavoro come operai e manovali.

    Il presidente Cassis stesso è figlio di immigrati italiani: il padre Gino era originario di Luino e la madre Mariarosa di Bergamo. Lui stesso nasce nel 1961 nei pressi di Lugano e acquisisce la seconda cittadinanza, elvetica, all’età di 15 anni. E qui consentiteci di ricordare anche le tante battaglie condotte in questo Paese insieme alle “Colonie Libere“ e alle ACLI affinché si facilitasse la naturalizzazione per i giovani nati in questo Paese.

    Dopodiché, Ignazio Cassis ha abbracciato l’impegno politico nelle istituzioni elvetiche, rinunciando alla nazionalità italiana al momento della candidatura: “Quando ho deciso di mettermi a disposizione per l’elezione in governo ho rinunciato alla cittadinanza italiana”, dichiarò in un’intervista rilasciata il 25 agosto del 2017 a un quotidiano zurighese l’attuale Presidente della Confederazione, allora parlamentare liberal-radicale del PRL: “Per me era logico che fosse così”.

    Su questo tema alcuni esponenti di vario orientamento hanno voluto variamente esprimersi, ma allo stato dell’arte ci sia sommessamente concesso un moto di comprensione per Cassis, che in coscienza non poteva non prevenire un suo potenziale conflitto di lealtà e interessi.

    Sulla questione ucraina ci piace segnalare una sua presa di posizione Presidente, che spicca per chiarezza nel contesto felpato della neutralità elvetica: «La Svizzera – ha detto Cassis riferendosi ai Referendum russi d’annessione nell’Ucraina occupata del 2022 – non riconoscerà i risultati di tali referendum poiché violano l’integrità territoriale di un Paese, il che è parte integrante della Carta dell’ONU».

 

Günther Dissertori è un fisico delle particelle, nato a Merano, laureatosi a Innsbruck, specializzatosi al CERN di Ginevra. Nel febbraio scorso è stato eletto Rettore del prestigioso Politecnico Federale di Zurigo. Si occupa di cromodinamica quantistica, una disciplina che studia le cosiddette cariche di colore a livello subatomico. Attenzione: qui “carica di colore” è un termine che ricalca quello di “carica elettrica”, ma non c’entra con i colori da noi percepiti.

 

 

Esso allude piuttosto alle tre componenti dei mattoni di materia fondamentale (detti “Quarks”), perché queste tre componenti interagiscono in modo analogo ai tre colori fondamentali (rosso, verde, blu) e alle loro sovrapposizioni (anti rosso=azzurro ciano, anti verde=rosa magenta, anti blu=giallo), che culminano nel bianco come sovrapposizione tra tutti e tre. Ma qui ci fermiamo, per ovvie ragioni. E che l’Iride sia con noi!

        

   

CARO PIER PAOLO

 

INCONTRO CON DACIA MARAINI

 

5 dicembre 2022, ore 19.00

 

Dacia Maraini dialoga in pubblico sul suo ultimo libro (Caro Pier Paolo, Neri Pozza, 2022), in cui in forma epistolare racconta e ricorda una persona a cui fu molto vicina: Pier Paolo Pasolini. Modera Alessandro Bosco.

 

Organizzano: Società Dante Alighieri di Zurigo, Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, in collaborazione con la Cattedra De Sanctis dell’ETH e della Cattedra di Letteratura italiana dell’Università di Zurigo (Prof.ssa Tatiana Crivelli).

 

Volkshaus – Stauffacherstrasse 60, Zurigo

Ingresso libero, posti limitati, iscrizione > qui.

Evento in lingua italiana.      

                         

    

SPIGOLATURE

 

tragedia a Ischia

marcia indietro a Roma

 

di Renzo Balmelli

 

DISASTRO. E ti pareva. Si poteva scommettere, sicuri di indovinare, sul tempo impiegato dalla politica per impadronirsi della tragedia di Ischia e mettersi al riparo dalle cifre impietose sullo scempio ambientale. Puntare sul “molto poco” era la risposta vincente. Sotto il pungolo della destra ancora in piena euforia post-elettorale, occorreva cercare subito il reprobo, o i reprobi, da dare in pasto ai leoni della tastiera. Bisognava colpire subito e con fendenti micidiali il campo della sinistra al quale addebitare disfunzioni e abusivismo. Ma non ha funzionato. Quando si è capito che nell’elenco firmato dei condoni figuravano nomi eccellentissimi provenienti dai loro ambienti, i promotori dell’offensiva hanno ordinato una precipitosa marcia indietro. Da quelle parti non c’era trippa per gatti. Ora resta da vedere come si muoverà l’esecutivo per ricucire il territorio dai danni dell’ennesimo disastro del criminoso “laissez-faire”. Disastro che non è – sia detto a chiare lettere – il frutto della fatalità ma la conseguenza di mali antichi e mai risolti.

 

TORMENTONE. Povera Giorgia. Non è da compatire e neppure da compiangere. Ha voluto la bicicletta e adesso le tocca pedalare. Dal suo modo di interpretare e leggere il passato, il presente e il futuro, ci separano divergenze storiche difficilissime se non impossibili da conciliare. Al netto del suo primo mese a Palazzo Chigi, bisogna però ammettere che il suo apprendistato di premier è stato piuttosto complicato e reso difficile dalle bizze degli “alleati”. Al Corriere della Sera ha sostenuto che il suo governo durerà. Ne erano persuasi anche coloro che l’hanno preceduta in tutti questi anni. In politica però il vento cambia in fretta. Nell’Italia di fine Ottocento era in voga tra la gente una battuta in dialetto lombardo arrivata fino a noi: “dura minga, non può durare”. Un tormentone facilmente traducibile!

 

IDENTITÀ. Nel mezzo delle difficoltà in cui versa l’Italia, politica ed economia sono state assimilate a vere bombe a orologeria. In questa situazione il rischio maggiore è rappresentato dall’illusione che attualmente nel Paese non vi sia una vera opposizione. Nel quadro democratico il confronto tra i due schieramenti è vitale per assicurare il buon funzionamento dello Stato in difesa della popolazione. Il Pd, al quale competerebbe questo ruolo fondamentale, è ancora condizionato dallo psicodramma della sconfitta elettorale. Uno stato d’animo paralizzante cui si aggiungono le forti tensioni interne. L’irrisolta questione dell’identità e del ruolo tra riformista o di sinistra, che in fondo potrebbero convivere benissimo, minaccia di logorare ulteriormente uno schieramento “indeciso a tutto”.

 

ACCESSORIO. Al bar non si va soltanto per bere un caffè, ma anche per socializzare e condividere la passione per il calcio. Quest’anno l’atmosfera non sarà più la stessa. L’incredibile eliminazione degli azzurri ai mondiali del Qatar ha spento gli entusiasmi e raffreddato il tifo. Chi ama questo sport segue ancora le partite, ma con minore partecipazione. Nel suo bel romanzo Il telefono senza fili (Sellerio, 2014) lo scrittore Marco Malvaldi evidenzia il ruolo del bar “quale accessorio fondamentale per i pettegolezzi”. Ne sono testimonianza diretta i suoi quattro terribili vecchietti, arguti investigatori dilettanti, di successo. Il ruolo dei caffè è di antica data: basti pensare agli storici ritrovi della Venezia di Goldoni in cui si intrecciavano amori, passioni ed emozioni. Stare assieme al banco o seduti a un tavolino è un modo per evadere che il tonfo della Nazionale ha reso molto meno piacevole.

 

        

Politiche eco-sociali

A cura di Marco Morosini

Questa settimana segnaliamo

 

Una Terra per tutti

 

Una guida alla sopravvivenza dell’umanità

 

Vedi il video DELL’EVENTo su youtube

 

Grande iniziativa internazionale, organizzata da Fondazione Aurelio Peccei, Wwf Italia e ASviS, per la sostenibilità nel mondo, qui illustrata nell’edizione italiana del nuovo Rapporto del Club di Roma “Earth for all”.

    Lunedì 28 novembre, in occasione dell’Aurelio Peccei Lecture 2022, si è tenuta presso il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel) a Roma e in diretta streaming, la presentazione dell’iniziativa “Una Terra per tutti. Il più autorevole progetto internazionale per il nostro futuro”, illustrata nell’edizione italiana del Rapporto al Club di Roma “Earth for All”.

       

    

CRITICA SOCIALE

Numero Speciale Anno 2022

     

Centotrent’anni di

socialismo italiano (1892-2022)

 

·       Paolo Bagnoli Le ragioni di una rivista. Il contributo di “Critica Sociale” al socialismo italiano

·       Alberto Benzoni Pacifismo e bellicismo. Il socialismo italiano e la guerra

·       Paolo Borioni Il Psi e la classe lavoratrice: autonomismo e ricerca politica

·       Marco Trotta A proposito di socialismo meridionale e delle sue origini (1899-1914)

·       Jacopo Perazzoli Per un “sano” rapporto tra politica e scienza: cosa può insegnarci la storia del Psi?

·       Giovanni Scirocco Heri dicebamus

·       Nicola Del Corno Andrea Costa dall’anarchismo al socialismo

·       Andrea Ricciardi “Critica Sociale” e Gaetano Salvemini: tra passato, presente e futuro

·       Maria Grazia Meriggi La politica unitaria fra anni Cinquanta e anni Sessanta: subalternità o unità di classe?

·       Andrea Panaccione Un rapporto difficile: socialismo e democrazia (tornando su Arthur Rosenberg)

·       Massimiliano Amato Socialisti e marxisti critici: tra istanze radicali e cultura di governo

·       Marzio Zanantoni Labriola e Turati. La formazione della coscienza socialista in Italia

·       Walter Marossi Emilio Caldara, primo sindaco socialista di Milano

·       Paolo Franchi Socialisti e comunisti nell’epoca repubblicana

·       Federico Fornaro Saragat marxista nell’esilio francese

·       Aldo Borghesi Emilio Lussu. Un profilo politico

·       Giancarlo Monina Socialismo e internazionalismo: appunti di storia e storiografia

·       Piero Graglia L’europeismo nella Critica Sociale e la prima guerra mondiale. Tra politica ed economia

·       Beppe Sarno Compagno Presidente. Un ricordo di Salvador Allende e delle speranze di Unidad popular

·       Felice Besostri Dopo il 25 settembre. Libertà-Uguaglianza-Lavoro

  

                           

da >>> TERZO GIORNALE *)

https://www.terzogiornale.it/

 

Riflessioni sul caso Soumahoro

 

In uno dei suoi film migliori, Viridiana (1961), Luis Buñuel ha messo in scena una sorta di paradossale “ultima cena” offerta a disgraziati e diseredati, in conclusione della quale essi si danno a una sfrenata bisboccia, arrivando fino all’aggressione fisica. 

 

di Rino Genovese 

 

La carità e la pietà non possono placare la carica di violenza che la condizione stessa di reietti porta con sé, amaro frutto di una società che la produce. È la tesi del film, che rinvia – senza nominarla, per non guastarla con qualche chiacchiera edificante – a una liberazione capace di mutare le strutture portanti di un mondo in cui la povertà possa esistere.

    È insomma inevitabile che – per non essere puri e semplici elementi esornativi della contemporaneità – i poveri siano come sono: pronti a deludere chi ritiene di adoperarsi per loro. Non è affatto strano che, avendone la possibilità, si diano a un’attività del tutto mimetica nei confronti del mondo che li circonda. (continua sul sito)

 

*) Terzo Giornale – La Fondazione per la critica sociale e un gruppo di amici giornalisti hanno aperto questo sito con aggiornamenti quotidiani (dal lunedì al venerdì) per fornire non un “primo” giornale su cui leggere le notizie, non un “secondo”, come si usa definire un organo di commenti e approfondimenti, ma un giornale “terzo” che intende offrire un orientamento improntato a una rigorosa selezione dei temi e degli argomenti, già “tagliata” in partenza nel senso di un socialismo ecologista. >>> vai al sito

       

    

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.collettiva.it

 

Pensioni, i veri numeri della manovra

 

L’Osservatorio previdenza Cgil fa chiarezza sulle scelte del governo: 3,7 miliardi sottratti, Quota 103 per pochi, abolita di fatto Opzione donna

 

Le misure previdenziali approvate dal Consiglio dei ministri sono “molto limitate, largamente insufficienti e, in alcuni casi, addirittura peggiorative rispetto al quadro normativo vigente”. Lo affermano gli esperti dell’Osservatorio previdenza della Cgil e della Fondazione Di Vittorio, che hanno analizzato gli interventi sulle pensioni varati nel ddl Bilancio del governo Meloni. Un’operazione verità dalla quale purtroppo non vengono buone notizie. Nonostante gli impegni assunti dalla presidente del Consiglio sul coinvolgimento delle organizzazioni sindacali e sull’apertura di un confronto di merito e preventivo, con il ddl Bilancio il governo interviene in maniera unilaterale anche sul terreno pensionistico. Ma non c’è solo un problema di metodo, ci sono – non meno gravi – le questioni di merito. Per rendersene conto basta guardare i numeri nudi e crudi, non dimenticando mai che dietro le cifre ci sono le persone.

    Tre miliardi e mezzo sottratti – Il saldo delle risorse previsto dal governo sul “capitolo pensioni” non mente: nel 2023 a fronte di 726,4 milioni di euro che finanziano i diversi interventi (Quota 103, Opzione donna, Ape sociale e altro), si sottraggono al sistema ben 3,7 miliardi di euro tra taglio della rivalutazione delle pensioni in essere (-3,5 miliardi solo nel 2023) e abrogazione del fondo per l’uscita anticipata nelle Pmi in crisi (-200 milioni). Se si considera il triennio, le mancate rivalutazioni ammonteranno a 17 miliardi.

    In realtà, le risorse che saranno effettivamente spese – sulla base della nostra analisi – saranno poco più di un terzo: 274,3 milioni, con un risparmio di 452,1 milioni. Se infatti guardiamo le platee interessate dalle misure previste, si comprendono le ragioni di questo risparmio e si chiarisce ancor di più la sostanza reale delle scelte previdenziali del governo.

    Quota 103 per pochi – Secondo le stime dell’Osservatorio previdenza di Cgil e Fondazione Di Vittorio – tra “Quota 103” (che consentirà l’uscita a 11.340 persone, di cui 9.355 lavoratori e appena 1.985 lavoratrici, in luogo delle 41.100 annunciate), “Opzione donna” (solo 870 rispetto alle 2.900 previste, che sarebbero già pochissime), conferma dell’Ape sociale (13.405 rispetto alla previsione di 20.000) – nel 2023, la platea reale delle persone che usufruiranno di questi tre istituti sarà di 25.615. Per tutti gli altri c’è la legge Fornero.

    Si torna velocemente alla legge Fornero – Per il segretario confederale della Cgil, Christian Ferrari: “Così non vengono affrontate in alcun modo le criticità presenti nel nostro sistema pensionistico, e men che meno si prefigurano le condizioni per una riforma complessiva del nostro impianto previdenziale. Nessun superamento della legge Fornero, dunque, e nemmeno la possibilità di accedere al pensionamento con 41 anni di contribuzione. Gli slogan e le promesse elettorali, ancora una volta, si configurano come vera e propria pubblicità ingannevole. In sostanza, non solo non c’è alcun miglioramento né allargamento delle tutele e dei diritti previdenziali, ma c’è un intervento regressivo rispetto alla situazione attuale, con una stretta – anche finanziaria – che indica una direzione molto chiara, in perfetta continuità con il recente passato. Prima quota 100, poi quota 102, adesso quota 103: si procede spediti verso un ritorno alla legge Fornero ‘in purezza’”.

    Fanno cassa alle spalle di pensionati e lavoratori – “Non si rispetta – prosegue il segretario confederale Cgil – nemmeno la ‘regola’ annunciata dal ministro Giorgetti, per cui gli interventi nei diversi settori si dovrebbero finanziare all’interno di quegli stessi settori. Anzi, sulla previdenza succede esattamente l’opposto: si fa cassa sulle spalle di lavoratori e pensionati per tagliare le tasse a professionisti da 85mila euro annui. Intanto, nessuna risposta ai giovani, a chi svolge lavori gravosi e, soprattutto, alle donne, che hanno pagato il prezzo più salato delle “riforme” degli ultimi 15 anni.

    Per quanto riguarda i giovani, del resto, è emblematica la reintroduzione dei voucher, che prevedono versamenti contributivi irrisori. Invece di contrastare la precarietà, che sta condannando le nuove generazioni a un presente ben poco dignitoso e a un futuro da pensionati poveri, la si implementa e la si peggiora, compromettendo l’equilibrio anche finanziario del sistema pensionistico nel suo complesso”.

    Abolita di fatto Opzione donna – “Paradigmatica, inoltre, la modifica di “Opzione donna” che – aggiunge Ferrari – nonostante preveda il ricalcolo totalmente contributivo dell’assegno (e costituisca, quindi, solo un anticipo di cassa senza alcun costo aggiuntivo per il bilancio previdenziale) – è oggetto di un intervento così radicale da determinare, attraverso lo svuotamento della platea, un’abrogazione di fatto dell’istituto. Oltretutto – anche rispetto al tavolo, per ora solo annunciato, che in base alle intenzioni del Governo dovrebbe mettere mano ad una riforma previdenziale nel corso del 2024 – da queste prime misure si prefigurano un’impostazione e dei margini finanziari che smentiscono l’obiettivo di una vera riforma strutturale che assicuri sostenibilità sociale e dia risposte alle persone”.

    Cgil: giudizio nettamente negativo – “Per parte nostra – conclude Ferrari – il giudizio sulla strada intrapresa dall’esecutivo in materia previdenziale è nettamente negativo. Ribadiamo la necessità di una vera riforma del nostro impianto pensionistico, così come indicato nella piattaforma sindacale unitaria, attraverso l’uscita flessibile a partire dai 62 anni, il riconoscimento della diversa gravosità dei lavori, la pensione di garanzia per i giovani e per chi ha carriere discontinue e povere, il riconoscimento del lavoro di cura e della differenza di genere, l’uscita con 41 anni di contributi senza limiti di età”.

       

      

CENTENARIO – Fondazione Ernesto Balducci (fondazionebalducci.com)

 

PER Ernesto Balducci

 

Per il Centenario di Ernesto Balducci, sabato 3 dicembre si terrà un doppio appuntamento: a Grosseto con un convegno dedicato a Balducci, Bianciardi e Pasolini (vai al sito per tutti i dettagli) e a Santa Fiora con la proiezione del Documentario “Ernesto Balducci. Una voce profetica”, realizzato con il contributo del Comune di Santa Fiora, del Parco Museo delle Miniere e dell’Acquedotto del Fiora. Sabato 3 dicembre alle ore 17.30 al Teatro Camilleri.

 

CENTENARIO – Fondazione Ernesto Balducci (fondazionebalducci.com)

      

      

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Guerra in Ucraina tra fake news e verità

 

di Edoardo Crisafulli 

 

Divampano le fake news, fuocherelli appiccati da piromani nel sottobosco social-mediatico. Chi le alimenta, se non i russi e le loro “sponde” italiane? Viviamo nell’epoca della post-verità. Ebbene, il mio è un confronto all’antica: dopo le mie argomentazioni vi proporrò una bibliografia essenziale. Quali sono le fonti dei filorussi e di chi vorrebbe abbandonare l’Ucraina al suo destino? Semplice: i luoghi comuni e le falsità che proliferano su Facebook. Un luogo comune, una falsità ripetuta mille volte divengono la verità rivelata.

    Gli sprovveduti si fanno irretire dalla disinformazione in buona fede. Chi indossa il paraocchi dell’ideologia, invece, è corresponsabile. Siamo attorniati da persone che, pur intelligenti, rifiutano ogni verifica empirica e storica: sono animate da ostilità preconcetta (talora tracimante in odio conclamato) verso gli USA, la NATO e l’Unione Europea. Sulla faglia dell’antioccidentalismo s’abbracciano, gaudenti, la destra populista in stile Trump e l’estrema sinistra, quella malmostosa e tendenzialmente illiberale. Siamo circondati da individui ipercritici verso un Occidente demonizzato senza sosta, ritenuto colpevole a priori di ogni nefandezza. Individui, questi, remissivi verso Stati autoritari e simpatizzanti di gruppi politici eversivi-fondamentalisti-terroristici (alla stregua di Hamas, per intenderci). Costoro denunciano l’ipocrisia dell’Occidente, benché i veri ipocriti siano loro. Pontificano al sicuro, protetti dalla NATO. Accusano gli ucraini di nazionalismo acceso, e poi elogiano l’oltranzismo di quei palestinesi che vorrebbero cancellare Israele e gettare gli ebrei in mare.

    Un conto è l’autocritica salutare, che fa parte dell’identità occidentale, tutt’altro conto è la faziosità ideologica che, nutrendosi di menzogne, corrode le basi della nostra civiltà: il colonialismo, per dirne una, non è un’invenzione occidentale. L’Occidente, dopo molte ardue prove e battaglie, ha saputo rigenerarsi: ha eretto società libere. Abbiamo espulso le peggiori tossine dal nostro organismo: l’assolutismo monarchico, la teocrazia, le guerre di religione, lo schiavismo, il nazionalismo militarista, il nazifascismo e il bolscevismo, ovvero l’idea della rivoluzione violenta. Abbiamo rigettato ogni forma di autocrazia e di violazione dei diritti umani. Non così gli Stati dittatoriali tuttora a piede libero, che ripudiano l’autocritica e non sanno cosa sia il rinnovamento in chiave libertaria. Ma noi occidentali dovremmo sentirci in colpa per l’eternità! Riconosciamolo, dunque: è in atto da anni una guerra mondiale di natura ibrida – una culture war lacerante, che ha infettato la politica democratica. Il vero discrimine, oggi, non è fra destra e sinistra intese in senso classico, bensì fra gli amici e i nemici della società aperta. I primi sono i progressisti libertari; i secondi sono i reazionari, quelli che prediligono l’autoritarismo – a piccole dosi a casa nostra, a iosa a casa altrui.

    La liberaldemocrazia con robuste iniezioni socialiste è la più grande conquista politica dell’Occidente: dobbiamo difenderla con le unghie e con i denti. Putin ha scatenato una guerra imperialistica ingiustificabile. Tutti dovremmo schierarci. E invece pullula di cerchiobottisti e di “neneisti” (né di qua, né di là) inebetiti dalle bugie che i filorussi fanno circolare:

    1) Le parti in questo conflitto, Ucraina e Russia, si equivalgono. Falso! C’è un aggredito e c’è un aggressore. La maggior parte dei socialisti italiani era contraria alla Prima guerra mondiale, scontro fra potenze capitalistiche. Dopo Caporetto però bisognava fermare l’invasore. Sicché i leader pacifisti del partito socialista invitarono operai e contadini a resistere sul Piave, contro gli austriaci che stavano per dilagare nella pianura padana. La difesa della patria e il suo corollario, il principio di autodeterminazione dei popoli, è un articolo di fede per la sinistra libertaria e democratica. Oggi c’è una democrazia, per quanto imperfetta (ne esiste una perfetta?), in lotta per la sua sopravvivenza, e c’è un regime illiberale con tratti dittatoriali che vuole affermare le sue velleità di dominio con la forza militare. Putin è al potere da oltre vent’anni. Quanti leader ha cambiato l’Ucraina in questo ventennio? L’Ucraina si è incamminata da un bel pezzo verso la società aperta (libere elezioni, pluralismo politico, stampa indipendente, tutela della comunità LGBT). La Russia incede a passo di gambero in direzione opposta: verso il dispotismo asiatico.

    2) La “contesa” sul DONBASS russofono è all’origine della guerra scoppiata il 24 febbraio di quest’anno. Falso! La Russia di Putin non ha mai accettato la volontà del popolo ucraino di avvicinarsi all’Unione Europea e di sposarne i valori liberaldemocratici. Gli ucraini si sentono europei. La Russia ha finanziato e armato milizie separatiste nel Donbass, si è anche annessa illegalmente la Crimea. Annessione ratificata con un referendum farlocco. Russofono, poi, non significa affatto russofilo: e infatti i russi invasori in questo terribile 2022 sono stati accolti con le molotov da gran parte dei russofoni ucraini. Neppure gli austriaci sono tedeschi sebbene parlino la stessa lingua!

    3) La NATO ha assunto posture aggressive in Europa, quindi avrebbe la sua dose di responsabilità. Falso! La Nato è un’organizzazione difensiva, cui si aderisce per libera scelta. Per proteggersi, nel timore di concrete minacce esterne. Perché altrimenti Sanna Marin, leader socialista, avrebbe deciso di portare la Finlandia nella Nato, dopo decenni di neutralità? Come mai ogni singolo Paese dell’Est europeo un tempo sotto il tallone sovietico ora desidera fortemente stare nella NATO? Ovvio che la NATO sia una spina nel fianco della Russia di Putin: le impedisce il ricorso ai ricatti, alle pressioni e alle minacce. La Russia vorrebbe un antistorico ritorno alle sfere d’influenza imposte dall’alto ai popoli, trattati alla stregua di burattini o sudditi. La verità è che c’è una differenza abissale fra l’egemonia (in senso gramsciano) esercitata dagli USA, che è fondata in larga misura sul soft power – un’egemonia mirante alla libertà universale –, e l’approccio putiniano dell’hard power, che prevede il ricorso massiccio all’intimidazione e alla violenza (“quante divisioni ha il papa?”, chiedeva sarcastico Stalin), al solo fine di rafforzare una autocrazia che genera miseria (gli oligarchi russi sguazzano nel lusso, nei paesini la gente vive come nel nostro Meridione depresso ai primi del Novecento).

    4) Americani ed europei sottoscrissero un accordo con la dirigenza postsovietica in base a cui la NATO non si sarebbe mai allargata a Est. Falso! Questa menzogna serve a rinfocolare la tesi assurda per cui i russi sarebbero stati ingannati al fine di umiliarli e cacciarli in un angolo. Tale affronto avrebbe provocato una reazione militare trent’anni più tardi, nel 2022. Eccola, la verità: il 5 dicembre 1994 Mosca firmò ben altro accordo con gli Stati Uniti, il Regno Unito e l’Ucraina: la Russia riconobbe i confini dell’Ucraina (impegnandosi solennemente a non violarli) in cambio della cessione delle armi nucleari di quest’ultima. Gli ucraini le cedettero tutte, fino all’ultima, le bombe devastanti. Rinunciando così a ogni forma di dissuasione verso potenziali aggressori. I russi invece hanno ripetutamente violato l’integrità territoriale ucraina. Scusate, allora, qual è la nazione che non rispetta i patti?

    5) In Ucraina pullula di nazisti. Falso! Alle ultime elezioni i partiti di estrema destra hanno raccolto percentuali ridicole. Il Presidente Zelensky, peraltro, è ebreo e suo nonno combatté nell’Armata Rossa. Questa menzogna fa il paio con l’altra, affine: gli ucraini sono quasi tutti ipernazionalisti. Falso! Gli ucraini sono per lo più patrioti che amano la loro terra e loro tradizioni. Nella loro storia plurisecolare, gli ucraini non hanno mai conquistato terre altrui, né hanno mai sottomesso uno Stato confinante. Non altrettanto può dirsi per i russi che hanno colonizzato e russificato l’Ucraina fin dai tempi dello zarismo, sopprimendone l’identità e la lingua nella speranza di soggiogarla. Chi alimenta le leggende sul battaglione Azov, si guarda bene dal gettare un fascio di luce sul gruppo militare russo Wagner (che combatte da anni sporche guerre di procura), questo sì iper nazionalista.

    6) Già i bolscevichi russi, creatori delle varie nazioni federate nell’URSS, erano consapevoli che l’Ucraina è uno Stato artificiale. L’Ucraina insomma non avrebbe diritto a esistere. Falso! Lenin, che non era uno stinco di santo (ci sono tratti aberranti nel suo pensiero), riconosceva il diritto degli ucraini all’autodeterminazione. Lenin smascherò anche il vero pericolo: lo sciovinismo imperialista russo, che covava nelle ceneri. Eppure la sinistra odierna persiste nel denunciare l’inesistente imperialismo americano! La verità è che, nel 1945, gli americani portarono libertà e benessere in Europa e in Giappone. I russi nell’Est Europa instaurarono dittature e impoverirono le popolazioni. Senonché Stalin volle il genocidio noto come Holodomor, cui seguirono le sue feroci purghe che decimarono l’intellighenzia. Così lobotomizzò l’Ucraina (almeno 4-5 milioni di morti, nel 1932-33), così perseguì la politica di potenza che richiedeva l’industrializzazione a tappe forzate dell’URSS. Una politica, la sua, fondata sul terrore: la collettivizzazione violenta delle proprietà contadine, la requisizione del grano, le deportazioni in Siberia, lo sterminio dei dissidenti. Oggi Putin, guarda caso, critica Lenin e pone Stalin su un piedistallo. Circa gli Stati artificiali: non ne esiste uno solo ‘naturale’ sul globo terrestre. Tant’è che la geografia politica è stata inventata proprio per distinguerla dalla geografia fisica.

    7) Bibliografia essenziale per comprendere la Russia di Putin e le cause profonde del conflitto russo-ucraino:

    Andrea Graziosi, L’Ucraina e Putin

    Timothy Snyder, La paura e la ragione

    Marta Ottaviani, Brigate russe

    Massimiliano di Pasquale, Ucraina, terra di confine.

       

                                                          

Su Radio Radicale

https://www.radioradicale.it/

 

Presentazione del libro

Il governo dei giudici di Sabino Cassese

Editori Laterza 2022, Pagine 104.

 

DIBATTITO DeLLA

SCUOLA SUPERIORE SANT’ANNA DI PISA

 

Sono intervenuti: Gaetana Morgante (professoressa di Diritto Penale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, modera il dibattito), Sabino Cassese (giudice emerito della Corte Costituzionale), Tullio Padovani (accademico dei Lincei), Giuseppe Di Federico (professore emerito di Ordinamento Giudiziario all’Università di Bologna), Rosa Anna Ruggiero (professoressa associata di Diritto Processuale Penale all’Università degli Studi della Tuscia), Giuseppe Di Federico (professore emerito di Ordinamento Giudiziario all’Università Alma Mater Studiorum di Bologna).

 

Vai all’audiovideo su RR

 

«L’indipendenza è divenuta autogoverno. Familismo ed ereditarietà hanno aumentato separatezza e autoreferenzialità. Ci si attendeva razionalità e si è avuto populismo giudiziario. Ci si attendeva giustizia e si sono avuti giustizieri».

 

La situazione della giustizia in Italia è peculiare. Da un lato si assiste a una dilatazione del ruolo dei giudici, dall’altro a una crescente inefficacia del sistema giudiziario. Molti osservatori concordano sul fatto che la magistratura sia diventata parte della governance nazionale; che vi sia una indebita invasione della magistratura nel campo della politica e dell’economia; che in qualche caso la magistratura cerchi persino di prendere il posto della politica, controllando anche i costumi, oltre ai reati, proponendosi finalità palingenetiche delle strutture sociali, stabilendo rapporti diretti con l’opinione pubblica e con i mezzi di comunicazione. In questo contesto, le procure hanno acquisito un posto particolare, tanto che molti esperti parlano di una ‘Repubblica dei PM’, divenuti un potere a parte, con mezzi propri, che si indirizzano direttamente all’opinione pubblica, avvalendosi della ‘favola’ dell’obbligatorietà dell’azione penale, utilizzando la cronaca giudiziaria come mezzo di lotta politica e trasformando l’Italia in una ‘Repubblica giudiziaria’.

 

Sfoglia l’indice del volume

       

      

ROMA – TEATRO VASCELLO

 

Dal 29 novembre al 4 dicembre – Dal martedì al venerdì h 21 – sabato h 19 – domenica h 17, matinée martedì 29 novembre h 11.00 prezzo in matinée 10 euro a studente + omaggio ai professori accompagnatori

 

Cirano deve morire

 

UNO SPETTACOLO CONCERTO AL

VORTICOSO RITMO DELLA MUSICA RAP

 

Tra poesia romantica e rap, in bilico tra musical e dj set, costumi d’epoca e luci strobo per raccontare la storia d’amore e inganno di Cyrano de Bergerac

 

di Leonardo Manzan, Rocco Placidi

regia Leonardo Manzan

con Paola Giannini, Alessandro Bay Rossi, Giusto Cucchiarini, musiche originali di Franco Visioli e Alessandro Levrero eseguite dal vivo da Filippo Lilli, fonico Valerio Massi, luci Simone De Angelis, Giuseppe Incurvati, scene Giuseppe Stellato, costumi Graziella Pepe

 

vincitore del Bando Biennale College

indetto dalla Biennale Teatro di Venezia 2018

 

Produzione de La Biennale di Venezia nell’ambito del progetto Biennale College Teatro – Registi Under 30 con la direzione artistica di Antonio Latella

produzione nuovo allestimento 2022 La Fabbrica dell’Attore – Teatro Vascello, Elledieffe, Fondazione Teatro della Toscana. Durata: 90’ 

 

Guarda il trailer:

https://youtu.be/jO77nZRnt4w

 

È una riscrittura per tre voci del Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand. Uno spettacolo concerto con testi e musiche originali dal vivo che trasforma la poesia di fine ‘800 in potenti versi rap. Rime taglienti e ritmo vorticoso affrontano in modo implacabile il tema della finzione attraverso il racconto di uno dei più famosi triangoli d’amore della storia del teatro, due amici e la donna di cui entrambi si innamorano. Cirano deve morire recupera la forza del testo originale attraverso la poetica rap, scelta necessaria non solo per esprimere l’eroismo e la verve polemica del protagonista, ma anche per rendere contemporanea e autentica, quindi fedele a Rostand, la parola d’amore.

 

Prezzi: intero € 25, ridotto over 65, under 26 e nostri convenzionati € 18, ridotto studenti €15

acquista i biglietti on line – info 065898031

promozioneteatrovascello@gmail.com

promozione@teatrovascello.it

      

    

Riceviamo dalla Federazione Italiana Associazioni Partigiane

 

Vi segnaliamo le prossime iniziative della FIAP presso la Casa della Memoria e della Storia di Roma – Via S. Francesco di Sales 5

 

lunedì 5 dicembre ore 17.30

Due vite, tante vite

Storie di ferrovia e di resistenza di Armando Bussi

 

12 dicembre ore 17.30

Testimoni di un secolo

48 protagonisti e centinaia di comprimari

raccontano il secolo breve di Ugo Intini

 

è Online il nuovo numero di lettera ai compagni

La rivista della Fiap fondata da Ferruccio Parri nel 1969

    In questo numero: l’editoriale di Andrea Ricciardi sul Governo Parri e i contributi di Antonio Salvati, Alice Leone, Giorgio Sacchetti, Alessandro Calisti e Nicola Strammiello.

       

                          

L’Avvenire dei lavoratori

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

 

L’Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigra­zione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del “Centro estero socialista”. Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall’Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all’estero, L’ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mon­diale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l’Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L’ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l’integrazione dei mi­gran­ti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all’eclissi della sinistra italiana, diamo il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appar­tiene a tutti.

 

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