da Payden & Rygel: Perché scegliere il debito emergente?

Buongiorno,

di seguito e in allegato inviamo il commento “Perché scegliere il debito emergente?” a cura di Kristin Ceva, Responsabile strategie paesi emergenti di Payden & Rygel, che analizza le opportunità nei mercati emergenti.

Restiamo a disposizione per ulteriori informazioni.

Un caro saluto.

Giovanni Prati

+39 351 529 3362

 

Perché scegliere il debito emergente? 

  • L’universo investibile dei paesi emergenti è maturato nel tempo e chi investe nel debito EM oggi ha la possibilità di ottenere un’esposizione a quasi 90 paesi, rispetto ai soli 24 che sono rappresentati nel principale indice azionario emergente
  • Negli ultimi vent’anni, il principale indice azionario emergente ha registrato una volatilità circa 2,5 volte superiore a quella dei principali indici di debito EM in valuta forte. Le azioni emergenti hanno quindi generato solidi rendimenti assoluti, ma i ritorni del debito EM, depurati dalla volatilità, sono superiori di quasi il 40%
  • Attualmente la prospettiva per i mercati emergenti locali è ottima: l’inflazione sta rallentando, le Banche Centrali hanno effettuato rialzi aggressivi dei tassi e le valute EM hanno mostrato una certa resilienza
  • Rispetto al debito sovrano, c’è la possibilità di ottenere buoni ritorni da alcuni paesi con rating elevati che beneficiano dei rialzi delle materie prime, come Repubblica Dominicana, Costa d’Avorio, Angola, Paraguay, Costa Rica, Uzbekistan e Mongolia

 

A cura di Kristin Ceva, responsabile strategie paesi emergenti di Payden & Rygel

Milano, 20 febbraio 2023 – È anzitutto importante tenere presente che i paesi emergenti non sono una zona arretrata dal punto di vista economico: nel 2021, il PIL degli emergenti rappresentava il 58% del PIL globale (a parità di potere d’acquisto) e quasi il 40% senza considerare la Cina. Alla fine del 2021, la metà delle venti maggiori economie del pianeta, tra cui Cina, India, Indonesia, Messico e Brasile, apparteneva al mondo emergente.

Una seconda convinzione piuttosto diffusa ma errata è che il debito dei mercati emergenti (EMD), in quanto asset class, sia poco sviluppato e quindi rischioso, quando invece gran parte degli emittenti è investment grade. Quasi il 59% dell’indice sovrano dollar-pay (JP Morgan’s EMBI Global), è investment grade e questa percentuale cresce al 65% e al 76% se si considerano, rispettivamente, le società EM e le imprese locali. Questo perché l’universo investibile dei paesi emergenti è maturato nel tempo.

Uno sguardo all’asset allocation

Sebbene le economie emergenti continuino a crescere, questa asset class è sottorappresentata: in base alla nostra esperienza solo il 4-6% dei portafogli istituzionali è completamente investito in debito emergente, anche se molti istituzionali sono meno (2-3%) o per nulla esposti a questa asset class. Si tratta quindi di allocazioni modeste, soprattutto se si considera che il debito sovrano e societario negoziato denominato in dollari ammonta a circa 2.000 miliardi e che il totale del debito sovrano in valuta locale degli EM sale a quasi 6.000 miliardi di dollari.

Diversificazione, non concentrazione

Dal punto di vista della diversificazione, c’è una considerazione qualitativa da fare: quando un investitore acquista un portafoglio EMD, ha la possibilità di ottenere un’esposizione a quasi 90 paesi (includendo sia l’universo sovrano che quello societario), un aumento considerevole rispetto ai 10 paesi investibili all’inizio degli anni Novanta e ancora più significativo se si considera che nel principale indice azionario emergente sono rappresentati solo 24 paesi. All’interno dell’indice azionario MSCI EM vi è inoltre un’elevata concentrazione: i primi cinque paesi rappresentano il 75% della capitalizzazione di mercato, con Cina e Taiwan da sole che rappresentano oltre il 40%. Al contrario, nell’indice JP Morgan EMBI Global, l’esposizione ai primi cinque paesi è solo del 41%. Il debito emergente offre anche rendimenti migliori per unità di rischio rispetto alle azioni EM: negli ultimi vent’anni, infatti, il principale indice azionario EM ha registrato una volatilità circa 2,5 volte superiore a quella dei principali indici di debito EM in valuta forte (sovrani o societari). In questo arco di tempo, le azioni emergenti hanno generato solidi rendimenti assoluti, ma i rendimenti del debito EM, depurati dalla volatilità, sono superiori di quasi il 40%.

Diversificazione in tempo di guerra

In un universo investibile di circa 90 paesi emergenti, c’è spazio per diversificare le opportunità a prescindere dal contesto macroeconomico globale. Gli indici aggregati EM nascondono infatti molte variabili e, nel contesto attuale, vale la pena di capire la forza relativa dei titoli di Stato emergenti. Dopo lo scoppio del conflitto tra Russia e Ucraina, per determinare quali sarebbero stati i paesi più vulnerabili abbiamo preso anzitutto in considerazione due fattori: la vicinanza alle zone del conflitto, che avrebbe causato performance negative dei paesi confinanti anche se non direttamente coinvolti, e lo shock dell’offerta di materie prime, da cui avrebbero tratto vantaggio i paesi esportatori, laddove i grandi importatori, generalmente economie più piccole e con un rating più basso, avrebbero invece sofferto. Ad esempio, l’America Latina, a livello regionale, è risultata “vincente”, in quanto molte delle economie sudamericane sono grandi esportatrici di materie prime.

Il vento potrebbe cambiare

I parametri tecnici del mercato sono già cambiati: quello che era un vento contrario si è riequilibrato e oggi c’è addirittura la possibilità che diventi un “vento in poppa”. Nel corso del 2022, i gestori obbligazionari emergenti hanno accumulato stock di liquidità storicamente elevati, il sentiment è diventato universalmente ribassista e l’EMD ha visto deflussi consistenti per otto mesi consecutivi. Ma gli stessi fattori tecnici che hanno acuito il sell-off nel 2022, ora potrebbero favorire la ripresa.

Oggi la prospettiva per i mercati emergenti locali è ottima: l’inflazione sta rallentando, le Banche Centrali hanno effettuato rialzi aggressivi dei tassi e le valute EM hanno mostrato una certa resilienza. D’altro canto, le valutazioni del dollaro USA sono sotto pressione ed è probabile che la Fed allenti la sua politica monetaria restrittiva. Gli investitori potrebbero ottenere ritorni interessanti sui mercati locali, con un potenziale rischio di compressione dei rendimenti nel momento in cui le banche centrali dovessero adottare una politica più accomodante, in particolare se le pressioni al ribasso sulla crescita dovessero risultare più pronunciate.

Per quanto riguarda il debito societario, le società EM offrono rendimenti aggiuntivi e maggiore spread per giro di leva netto rispetto alle società US con lo stesso rating.

Rispetto invece al debito sovrano, c’è la possibilità di ottenere buoni ritorni da alcuni paesi emergenti con rating elevati che beneficiano dei prezzi elevati delle materie prime, che possono contare su “ancore” in politica come il FMI, che dipendono meno da finanziamenti esterni e/o che possono beneficiare di una possibile ripresa della crescita cinese. Esempi di paesi simili sono Repubblica Dominicana, Costa d’Avorio, Angola, Paraguay, Costa Rica, Uzbekistan e Mongolia, ma anche titoli di Stato investment grade come quelli di Messico, Indonesia e Romania possono offrire una buona compensazione.

***

Questo materiale riflette l’opinione attuale della società ed è soggetto a modifiche senza preavviso. Le fonti del materiale contenuto nel presente documento sono ritenute affidabili, ma non possono essere garantite. Il presente materiale è stato approvato da Payden Global SIM S.p.A, società autorizzata e regolamentata dalla Consob

Payden & Rygel 

Con oltre 135 miliardi di dollari in gestione, Payden & Rygel è leader nella gestione del risparmio gestito e annovera tra i suoi clienti banche centrali, fondi pensione, imprese di assicurazione, università, banche private e fondazioni di varia natura.  Società di gestione indipendente e non quotata, Payden & Rygel ha sede a Los Angeles con uffici a Boston e hub di gestione a Londra e a Milano.

 

Per ulteriori informazioni contattare:

BC Communication

Giulia Franzoni | Tel: +39 334 3337 756 | giulia.franzoni@bc-communication.it

Giovanni Prati | Tel: +39 351 529 3362 | giovanni.prati@bc-communication.it