Tre modi per capire se un’azienda è davvero un “Climate Leader”

Buongiorno,

invio di seguito e in allegato, un commento su come riconoscere aziende che possano essere definite climate leader, a cura di Simon Webber, Lead Portfolio Manager, e Isabella Hervey-Bathurst, Global Sector Specialist, Schroders.

Con l’occasione, ricordo che Schroders, fondato nel 1804, quotato alla Borsa di Londra dal 1959 e parte dell’indice FTSE 100, è uno dei principali gruppi finanziari globali, con un patrimonio gestito e amministrato pari a €898,4 miliardi (al 30.06.2022).

Un caro saluto,

Diana Ferla

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Schroders: Tre modi per capire se un’azienda è davvero un “Climate Leader”

A cura di Simon Webber, Lead Portfolio Manager, e Isabella Hervey-Bathurst, Global Sector Specialist, Schroders

 

Mentre il mondo affronta la necessità di ridurre le emissioni nocive, le aziende vogliono dimostrare che stanno facendo la loro parte. Ma ci si può affidare alle loro dichiarazioni di impegno?

In qualità di specialisti negli investimenti sul climate change, miriamo a individuare le aziende che sono veri e propri “leader climatici”, con piani ambiziosi e credibili per la decarbonizzazione delle loro attività. È importante sottolineare che tali piani devono essere coerenti con la limitazione del riscaldamento climatico a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali, come previsto dall’Accordo di Parigi del 2015.

Non è facile andare oltre le dichiarazioni sulla stampa e i titoli dei giornali e scoprire cosa sta effettivamente succedendo a livello aziendale. A questo proposito, abbiamo individuato tre modi per distinguere un leader climatico dagli altri, che possono essere riassunti in “come”, “cosa” e “chi”. Ecco alcuni esempi.

  1. Come fa un’azienda a raggiungere i suoi obiettivi di riduzione delle emissioni?

Prendiamo, ad esempio, l’impegno a utilizzare il 100% di energia rinnovabile. Un’azienda potrebbe costruire un’intera serie di impianti e attrezzature rinnovabili per generare la propria elettricità rinnovabile e alimentare tutte le sue attività, oppure potrebbe finanziare una parte terza che generi l’energia rinnovabile per lei.

Tuttavia, un’altra azienda potrebbe rivendicare lo stesso passaggio alle energie rinnovabili acquistando dei certificati. Ogni volta che qualcuno nel mondo produce energia rinnovabile, viene generato un certificato che può essere acquistato, spesso a prezzi molto bassi. Quindi, anche se il certificato è stato creato in una parte del mondo completamente diversa da quella in cui opera l’azienda, a volte questi certificati possono essere acquistati e utilizzati per affermare che l’azienda utilizza il 100% di energia rinnovabile, anche se ciò non ha alcuna influenza reale sull’effettiva elettricità che l’azienda utilizza nei suoi mercati operativi.

Il Protocollo sui Gas Serra (uno dei principali standard di contabilizzazione delle emissioni) consente alle aziende di utilizzare indifferentemente una o l’altra metodologia di approvvigionamento delle fonti rinnovabili per sostenere le dichiarazioni green fatte pubblicamente. Ma finché la normativa non si adeguerà alla realtà, gli investitori dovranno fare le loro ricerche per essere certi che l’azienda stia davvero contribuendo a un’ulteriore decarbonizzazione dell’energia, piuttosto che a una decarbonizzazione “sulla carta”.

  1. Che cosa si è impegnata a ridurre esattamente l’azienda?

In questo caso è importante capire se un’azienda punta a una riduzione dell’intensità delle emissioni o a una riduzione delle emissioni in termini assoluti.

Per intensità delle emissioni si intende il volume di emissioni prodotte per unità di output (ad esempio, emissioni per unità di profitto o emissioni per prodotto). Le emissioni assolute sono, come suggerisce il nome, una misura assoluta delle emissioni prodotte.

Non c’è necessariamente una risposta giusta o sbagliata. Entrambe devono essere valutate quando si considera la rilevanza di un obiettivo di riduzione delle emissioni, in particolare per quanto riguarda la crescita di un’azienda.

Prendiamo come esempio ipotetico un’azienda che ha trovato il modo di produrre acciaio con un’intensità di emissioni pari al 10% di quella dei produttori di acciaio tradizionali. Questa azienda ha un’intensità di emissioni molto più bassa e dovremmo tutti desiderare che espanda la sua produzione il più rapidamente possibile, soppiantando gli operatori storici ad alta intensità di emissioni. Tuttavia, con l’espansione, per questa nuova azienda non sarà facile ridurre ulteriormente le proprie emissioni assolute, dal momento che ha già eliminato il 90% di esse dal processo produttivo. E allo stesso tempo sta espandendo la sua capacità produttiva.

Dobbiamo quindi essere realistici nel valutare gli obiettivi aziendali, tenendo conto dello stato di crescita dell’azienda per capire quanto possa essere ambizioso ridurre le emissioni assolute.

Un’altra insidia da tenere presente è l’effetto dell’inflazione. Un target basato sull’intensità delle emissioni, misurata in base alle emissioni per unità di fatturato, scoprirà magicamente che più i prezzi (e quindi i ricavi) aumentano, più l’intensità delle emissioni diminuisce. Siamo assolutamente certi che alcune aziende se ne rendano conto quando stabiliscono gli obiettivi di intensità delle emissioni, in quanto l’inflazione dei prezzi consente loro di ottenere un calo piacevole e costante dell’intensità delle emissioni. La cosa più importante è che l’azienda abbia piani reali e credibili per eliminare le emissioni dalle sue operazioni di produzione e dalla catena di fornitura. Riteniamo che la prassi migliore sia quella di avere un obiettivo di riduzione delle emissioni assoluto, non solo basato sull’intensità.

  1. Chi sta riducendo le emissioni?

L’ultimo punto ci porta alla differenza tra emissioni Scope 1, 2 e 3. Lo Scope 1 riguarda le emissioni prodotte dalle attività dell’azienda. Lo Scope 2 si riferisce alle emissioni indirette create dalla generazione dell’elettricità utilizzata dall’azienda. Lo Scope 3 si riferisce alle emissioni lungo la catena del valore. Per molte aziende, queste saranno molto più grandi delle emissioni che rientrano negli Scope 1 e 2.

Se non c’è un target che copra lo Scope 3, per alcune aziende può essere relativamente facile ridurre le proprie emissioni (Scope 1 e 2) attraverso l’outsourcing. Ma si tratta di un trasferimento di emissioni verso lo Scopo 3, piuttosto che di una vera e propria riduzione delle emissioni in sé.

Parlare con un’azienda delle emissioni dello Scope 3 è davvero rivelatore. Si scopre molto rapidamente quali sono le aziende che non prendono sul serio la riduzione delle emissioni, perché sono quelle che dicono “i dati dei nostri fornitori sono troppo disomogenei” o “la nostra catena di fornitura è troppo complessa” per misurare o ridurre le proprie emissioni di Scope 3. Ovviamente alcune catene di fornitura sono più complesse di altre, ma queste affermazioni possono essere un chiaro segnale di un’azienda che cerca di fare bella figura senza impegnarsi realmente nel cambiamento.

Sono tutti aspetti che vanno osservati e valutati con attenzione. Un “climate leader” avrà degli obiettivi di riduzione delle emissioni per gli Scope 1, 2 e 3.

 

(Commento e foto in allegato)

 

 


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