Schroders – La corsa ai sussidi green e le sue implicazioni economiche

Buongiorno,

invio di seguito e in allegato un commento sulle implicazioni economiche della corsa ai sussidi green, a cura di Irene Lauro, Environmental Economist, Schroders.

Con l’occasione, ricordo che Schroders, fondato nel 1804, quotato alla Borsa di Londra dal 1959 e parte dell’indice FTSE 100, è uno dei principali gruppi finanziari globali, con un patrimonio gestito e amministrato pari a €898,4 miliardi (al 30.06.2022).

Un caro saluto,

Diana Ferla

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Schroders – La corsa ai sussidi green e le sue implicazioni economiche

A cura di Irene Lauro, Environmental Economist, Schroders

 

Nel mondo occidentale, sta tornando in auge l’intervento dei governi nell’attività economica attraverso la politica industriale. Nel tentativo di rafforzare le loro catene di approvvigionamento e migliorare la sicurezza energetica, le economie avanzate stanno aumentando gli sforzi per espandere la produzione di tecnologie energetiche pulite.

L’Inflation Reduction Act (IRA): una svolta per gli Stati Uniti e l’azione globale per il clima

Ad agosto 2022 gli Stati Uniti hanno firmato quella che probabilmente risulterà essere la più importante legislazione sul clima nella storia del Paese. Questa nuova legge è destinata a dare un notevole impulso all’industria delle tecnologie green degli Stati Uniti. Comporta agevolazioni fiscali e sussidi per un valore di 369 miliardi di dollari per le aziende che producono veicoli elettrici, batterie ed energia rinnovabile ed equivale a una nuova strategia industriale.

La strategia promuoverà anche la ri-localizzazione negli Stati Uniti di aziende globali operanti nel settore dell’energia verde, incrementando così le opportunità di lavoro nel Paese e attirando al contempo maggiori capitali.

Come reagiranno gli altri Paesi ai tentativi degli Stati Uniti di aumentare la competitività industriale?

Altri Paesi, tuttavia, non resteranno a guardare mentre gli Stati Uniti aumentano la loro competitività industriale. In particolare, l’IRA rappresenta un rischio fondamentale per l’industria delle tecnologie green dell’UE.

Finora, l’UE è stata leader nell’azione e nella regolamentazione in materia di clima. Ha uno dei prezzi del carbonio più alti a livello globale e si appresta ad attuare la prima border tax sul carbonio al mondo. Nel 2005 l’Unione Europea ha introdotto la tariffazione del carbonio attraverso l’implementazione del sistema di scambio delle quote di emissione (ETS). Grazie a questa iniziativa, il blocco ha beneficiato di una diffusione più rapida delle energie rinnovabili rispetto ad altre economie avanzate.

La politica industriale sta tornando in auge anche in Europa e sarà uno strumento importante per continuare a promuovere le energie rinnovabili europee. In particolare, l’UE sta studiando una propria forma di strategia di sovvenzione green attraverso il Net-Zero Industry Act (NZIA), annunciato a Davos nel gennaio 2023. L’obiettivo è “… semplificare e accelerare le autorizzazioni per i nuovi siti di produzione di tecnologie pulite…”, con lo “scopo di concentrare gli investimenti su progetti strategici lungo l’intera catena di approvvigionamento”. 

È probabile che l’UE istituisca anche la Critical Raw Materials Act (legge sulle materie prime critiche), che dovrebbe garantire l’accesso a minerali e metalli cruciali diversificando l’approvvigionamento e riducendo la dipendenza da forniture altamente concentrate provenienti da Paesi terzi.

La Cina domina nella produzione di apparecchiature per l’energia pulita

Mentre Unione Europea e Stati Uniti hanno iniziato solo di recente a studiare forme di intervento statale per sostenere la produzione di energia pulita, la Cina domina già la scena.

Si stima che la spesa per la politica industriale sia stata di oltre 240 miliardi di dollari nel 2019. Si tratta di una cifra tre volte superiore a quella degli Stati Uniti e nove volte superiore a quella del Giappone­.

I dati dell’IEA (l’Agenzia internazionale dell’energia) evidenziano che la Cina domina la lavorazione di molti minerali fondamentali per la produzione di tecnologie green. Ha una quota del 70% circa della lavorazione globale del cobalto e del 60% del litio e del nichel. Le aziende cinesi hanno iniziato a investire in Paesi ricchi di minerali come la Repubblica Democratica del Congo già nel 2006. Il sostegno politico sostenuto ha anche aiutato la Cina a prendere il controllo della produzione mondiale di tecnologie prodotte in serie.

L’economia asiatica rappresenta oltre il 70% della capacità produttiva globale di pannelli solari e batterie. È anche il maggior produttore di capacità eolica e di pompe di calore, rispettivamente il 58% e il 38% di questi mercati.

Con l’avanzare della transizione energetica, il ruolo della Cina nelle catene globali del valore per la produzione di apparecchiature utilizzate per generare energia pulita e rinnovabile è destinato ad espandersi nel prossimo decennio. Nel suo ultimo rapporto Energy Technology Perspectives 2023, l’IEA mostra che “Nel 2030, la Cina da sola sarebbe in grado di rifornire l’intero mercato globale dei moduli fotovoltaici solari, un terzo del mercato globale degli elettrolizzatori e il 90% delle batterie EV del mondo”.

Questa concentrazione della produzione in Cina rappresenta chiaramente un rischio per i piani di decarbonizzazione delle economie avanzate. La pandemia di Covid ha già evidenziato la necessità per i Paesi di costruire catene di approvvigionamento più resilienti, poiché la loro interruzione e le conseguenti strozzature possono creare significative pressioni inflazionistiche.

L’energia rinnovabile è una fonte di energia infinita e senza vincoli che può portare a una maggiore sicurezza energetica in molti Paesi e, in ultima analisi, a costi molto più bassi. Tuttavia, l’attuale struttura delle catene globali del valore fa sì che lo sviluppo delle infrastrutture di cui i Paesi hanno bisogno per usufruire dell’elettricità prodotta dal vento e dal sole sia esposto a rischi geopolitici.

 

(Commento in allegato)

 


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