Comunicato stampa
Lussemburgo, 27 marzo 2023
Trasporto merci nell’UE: i camion la fanno ancora da padrone
- La percentuale di merci dell’UE trasportata su strada (circa il 77 %) continua ad aumentare
- Alcune norme dell’UE che promuovono altri modi di trasporto sono superate o controproducenti
- La rete europea delle infrastrutture non è ancora adatta al trasporto intermodale
Ancora tanta strada da fare per il trasporto intermodale delle merci nell’UE: al momento, treni e chiatte non competono alla pari con autocarri e camion, si legge in una relazione pubblicata oggi dalla Corte dei conti europea. Nonostante gli sforzi compiuti per ridurre il trasporto merci su strada, gli ostacoli normativi e infrastrutturali che penalizzano altri modi di trasporto permangono. Si tratta di questioni che l’UE deve affrontare, se vuole realizzare le proprie ambizioni ecologiche.
Il trasporto su strada è il modo più flessibile di consegnare le merci, oltre a essere spesso il più veloce ed economico: non è un caso che il 75 % del trasporto delle merci nell’UE avvenga su strada. I camion, però, sono grandi inquinatori. Alleggerire le strade e ricorrere maggiormente ad altri modi di trasporto, come la ferrovia o le vie navigabili interne, può avere un ruolo importante nell’ecologizzazione del trasporto merci. Perché questo cambiamento avvenga, tra il 2014 e il 2020 l’UE ha fornito oltre 1,1 miliardi di euro a sostegno di progetti di intermodalità.
“La decarbonizzazione dei trasporti è al centro dell’obiettivo dell’UE di ridurre le emissioni di gas a effetto serra, come stabilito nel Green Deal europeo”, ha affermato Annemie Turtelboom, il Membro della Corte responsabile dell’audit. “Sebbene l’intermodalità sia uno strumento fondamentale in tale sforzo, il trasporto merci non è sulla buona strada”.
La Corte dei conti europea ha rilevato la mancanza di una apposita strategia dell’UE per il trasporto intermodale delle merci. L’intermodalità è piuttosto parte di strategie più ampie per l’ecologizzazione del trasporto merci, che definiscono valori-obiettivo specifici riguardo all’aumento del ricorso alla ferrovia e alle vie navigabili interne. Poiché però si tratta di valori non vincolanti, i paesi dell’UE sono liberi di fissare i propri, che non sono necessariamente comparabili e allineati con gli obiettivi dell’UE. Non è pertanto possibile valutare se sforzi nazionali congiunti siano sufficienti a conseguire gli obiettivi complessivi dell’UE in materia di trasferimento modale. Ad ogni modo, i valori-obiettivo fissati dall’UE per il 2030 e il 2050 (in ultima analisi, raddoppiare il traffico ferroviario e aumentare il ricorso alle vie navigabili interne del 50 %) sono semplicemente irrealistici, affermano gli auditor della Corte.
A giudizio della Corte, inoltre, alcune norme dell’UE nuocciono all’attrattività del trasporto intermodale. L’attuale versione della direttiva sui trasporti combinati è obsoleta (risale al 1992) e inefficace. Ad esempio, prevede l’obbligo di un documento cartaceo timbrato dalle autorità ferroviarie o portuali per tutto il tragitto, invece di un flusso di lavoro digitalizzato. Vari tentativi di revisione della direttiva da parte della Commissione europea non hanno trovato il parere favorevole degli Stati membri. Al contempo, altre disposizioni normative, in particolare quelle che disciplinano il trasporto su strada, a volte contravvengono all’obiettivo di incentivare l’intermodalità. Verosimilmente, la gestione della capacità e l’interoperabilità rimarranno problematiche in assenza di nuove azioni legislative (riguardanti, ad esempio, la pianificazione delle bande orarie per il trasporto merci su rotaia o le regole di priorità per i treni passeggeri rispetto a quelli merci, o i requisiti linguistici per i macchinisti di treno).
La Corte dei conti europea segnala anche i ritardi accumulati dai paesi dell’UE nel rendere le infrastrutture conformi ai requisiti tecnici stabiliti dalla normativa UE. Ad esempio, nello sforzo di competere con il trasporto su strada, utilizzare treni più lunghi che raggiungano la lunghezza standard europea di 740 metri potrebbe essere uno dei miglioramenti più convenienti dal punto di vista dei costi. Il problema è che, però, questi treni possono in teoria essere utilizzati solo sulla metà dei corridoi centrali della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T). Inoltre, la mancanza di informazioni sulle capacità della rete e dei terminali intermodali impedisce agli speditori e agli operatori logistici di offrire buone soluzioni di trasporto intermodale ai propri clienti. La proposta revisione del regolamento TEN-T può migliorare la situazione. Ma così com’è, conclude la Corte dei conti europea, semplicemente la rete di trasporto merci dell’UE non è ancora adatta all’intermodalità.
Informazioni sul contesto
Il trasporto intermodale delle merci consiste nel trasportare merci in un’unica unità di carico (come un container o un semirimorchio), senza movimentazione separata e combinando più modi di trasporto: stradale, ferroviario, per vie navigabili o aereo. L’intermodalità sfrutta pertanto i punti di forza intrinseci dei diversi modi di trasporto.
L’atto giuridico principale concernente la rete europea per il trasporto stradale, ferroviario, sulle vie navigabili interne, marittimo e aereo di passeggeri e merci è il regolamento sulla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T), la cui versione attualmente vigente è stata adottata nel 2013. Altri atti normativi pertinenti sono la direttiva sui trasporti combinati del 1992, che è l’unico atto legislativo dell’UE specifico per il trasporto intermodale.
Con i paesi selezionati per questo audit, sono stati coperti tre flussi commerciali chiave che si sovrappongono alle tratte dei corridoi TEN-T: il corridoio Reno-Alpi (che si estende dal Belgio e dai Paesi Bassi all’Italia), il corridoio Mare del Nord-Baltico (tra Polonia e Germania) e i corridoi Atlantico e Mediterraneo (che collegano la Germania alla Spagna attraverso la Francia).
La relazione speciale 08/2023, “Trasporto intermodale delle merci – Il cammino dell’UE verso la riduzione del trasporto merci su strada è ancora lungo”, è disponibile sul sito Internet della Corte.
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