da Moneyfarm – ESG: perché la sostenibilità non è una moda ma il nuovo modello d’investimento

Buongiorno,

inviamo di seguito e in allegato il commento “ESG: perché la sostenibilità non è una moda ma il nuovo modello di investimento” a cura di Michele Morra, Portfolio Manager di Moneyfarm, sul perché la sostenibilità è il nuovo modello in cui investire.

 

Restiamo a disposizione.

Una buona giornata,

 

Giovanni Prati

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ESG: perché la sostenibilità non è una moda ma il nuovo modello di investimento

  • Il raggiungimento dell’accordo provvisorio sugli European green bond, che mira a creare un framework trasparente per la valutazione delle obbligazioni verdi, conferma che il panorama degli investimenti ESG, specialmente nell’Eurozona, sta vivendo una forte evoluzione regolatoria
  • Dopo la scelta epocale di sovrappesare l’acquisto di bond con migliori performance climatiche (da ottobre 2022), lo scorso 23 marzo la Bce ha reso per la prima volta pubbliche le emissioni medie di gas serra delle obbligazioni societarie acquistate sotto i programmi di QE, PEPP e CSPP
  • La decarbonizzazione del portafoglio della Bce ha il potere di influenzare non solo le scelte di investimento delle istituzioni finanziarie ma anche gli obiettivi climatici delle società che emettono le obbligazioni
  • La sostenibilità è il nuovo modello di investimento su cui puntare ma gli investimenti ESG sono complessi: meglio affidarsi a esperti che monitorino la continua evoluzione regolatoria e finanziaria e conoscano a fondo le implicazioni che porta con sé la costruzione e la gestione di un portafoglio socialmente responsabile


A cura di Michele Morra, Portfolio Manager di Moneyfarm

Milano, 6 aprile 2023 – Si potrebbe pensare che la crisi energetica del 2022 abbia fatto rallentare l’entusiasmo verso gli investimenti responsabili e sostenibili. Nonostante lo scenario poco favorevole abbia certamente contribuito a penalizzare gli investimenti ESG, la crisi ha in realtà ricordato all’opinione pubblica e ai governi l’importanza della transizione energetica e del passaggio a fonti di energia rinnovabile per ridurre la dipendenza dal combustibile fossile russo entro il 2030. Come illustrato nel documento Asset Allocation Strategica 2023 di Moneyfarm, l’evoluzione degli investimenti ESG potrà realizzarsi anche grazie a tre tendenze significative che sono andate consolidandosi nel corso del 2022:

  • La messa a punto di tecniche, metriche e quadri regolamentari più sofisticati, per esempio con il lancio di nuovi ETF che rispettano i criteri ESG
  • L’urgenza della transizione verde e della sicurezza energetica per le autorità politiche
  • L’impegno e la consapevolezza sempre crescenti degli investitori istituzionali

Certamente, c’è qualche notizia negativa anche in questo 2023. Ad esempio, alcune grandi istituzioni hanno un po’ smorzato i toni entusiastici degli scorsi anni e il movimento anti-ESG americano sta prendendo più slancio. Tuttavia, il panorama degli investimenti ESG, specialmente nell’Eurozona, continua ad avere un’evoluzione regolatoria molto rilevante. Ne sono un esempio il recente raggiungimento dell’accordo provvisorio sugli European green bond, che mira a creare un framework trasparente per la valutazione delle obbligazioni verdi. Sebbene il testo completo non sia ancora stato definito, uno dei punti di attenzione maggiori è stato l’utilizzo della Tassonomia Europea per definire le attività finanziabili dalle obbligazioni, al fine di armonizzare le definizioni e creare un “gold standard” globale. Questa scelta si va ad inserire nella più ampia battaglia intrapresa contro il greenwashing, che rimane la priorità numero uno del Regolatore. Le critiche non sono mancate, con ICMA e Climate Bond Initiative che avvertono che un quadro attualmente poco duttile e incompleto come la Tassonomia potrebbe affossare l’emissione delle obbligazioni verdi. Anche Securities and Markets Stakeholder Group, qualche settimana fa, aveva espresso preoccupazioni sulla maggiore complessità introdotta, utile forse a scoraggiare il greenwashing ma potenzialmente incentivante il green bleaching, ossia il fenomeno per cui i gestori che investono in attività sostenibili si astengono dal dichiararlo per evitare oneri regolamentari.

Sicuramente ci sono delle questioni da risolvere per garantire la trasparenza nei confronti di investitori e risparmiatori e allo stesso tempo agevolare i flussi finanziari verso investimenti sostenibili. Tuttavia, riteniamo che questi ostacoli siano inevitabili all’interno del processo evolutivo che contribuirà alla maturazione del settore e siamo fiduciosi che la dialettica tra regolatore e industria potrà portare alla creazione di un framework ottimale per gli investimenti sostenibili. Se da un lato garantire la fruizione e la flessibilità del quadro regolamentare è infatti un’esigenza indiscutibile, dall’altro siamo certi che l’armonizzazione delle regole e la chiarificazione degli aspetti ancora opachi, superate le complessità iniziali, porteranno a semplificare enormemente la valutazione degli asset finanziari ed efficientare i flussi di capitale verso attività e progetti sostenibili.

Anche l’interazione tra politica monetaria e finanza sostenibile si sta evolvendo significativamente a nostro avviso. Lo scorso 23 marzo la Bce ha esibito per la prima volta l’andamento delle emissioni di gas serra medie delle obbligazioni societarie acquistate sotto i programmi di Quantitative Easing, PEPP e CSPP. Da ottobre 2022 l’istituto di Francoforte si è impegnato a sovrappesare gli acquisti di bond societari di emittenti con “migliori performance climatiche” e infatti il report pubblicato a marzo mostra una riduzione del 65% dell’intensità di gas serra degli acquisti del quarto trimestre 2022. Altro dato interessante è l’esposizione del 59% del portafoglio a emittenti con obiettivi certificati di riduzione delle emissioni. Come osservato molteplici volte anche nella storia più recente, le scelte di politica monetaria sono cruciali per gli asset finanziari e se il trend di decarbonizzazione del portafoglio della Bce dovesse continuare potrebbe influenzare in modo significativo non solo le scelte di investimento delle istituzioni finanziarie, ma anche gli obiettivi climatici delle società emittenti di tali obbligazioni.

Come la Bce, noi continuiamo a considerare le emissioni di gas serra delle aziende un aspetto cruciale della nostra strategia di investimento sostenibile. La “decarbonizzazione” del portafoglio può essere raggiunta in modi diversi ma, al di là della metodologia utilizzata, ci sono delle pratiche a cui bisognerebbe ambire:

  • In primis, non abbattere le emissioni medie del portafoglio semplicemente disinvestendo dai settori ad alto impatto climatico (anche perché questo andrebbe a sbilanciare le performance finanziarie dell’investimento), ma considerare le emissioni anche in rapporto ai valori medi del settore in cui si investe
  • In secondo luogo, considerare le emissioni di tutta la catena del valore dell’azienda in cui si investe. Sebbene sia ancora complesso stimare e trovare dati affidabili sulle emissioni di CO2 indirette, settori e aziende diverse emettono in fasi diverse
  • Terzo, favorire tecniche di investimento che considerano anche i piani prospettici di riduzione delle emissioni, specialmente se scientificamente validati. Alcune aziende con obiettivi climatici validi ma che hanno iniziato da poco il processo di transizione potrebbero essere sfavorite se misurate solo sulle emissioni storiche

Infine, si tenga presente che l’intensità di CO2 media di un’azienda non è l’unica metrica per valutare la bontà di un investimento responsabile. Alcuni strumenti finanziari a impatto positivo come i green bond potrebbero essere offerti da aziende con intensità di gas serra superiori alla media. Per tali investimenti bisogna analizzare anche i progetti che hanno finanziato e la loro capacità di ridurre le emissioni di gas serra nel lungo termine (ad esempio con l’efficientamento della rete di trasporti).

Per concludere, noi crediamo che l’approccio socialmente responsabile resti decisamente il nuovo modello da perseguire negli investimenti a patto che si abbiano il tempo e le competenze che occorrono per monitorare un panorama in forte e continua evoluzione regolatoria e per valutare correttamente tutte le implicazioni che porta con sé la costruzione e la gestione di un portafoglio socialmente responsabile.