L’ADL del 18 maggio 2023

L’Avvenire dei lavoratori

18 MAGGIO 2023 – e-Settimanale della più antica testata della sinistra italiana

Organo della F.S.I.S., Centro socialista italiano all’estero, fondato nel 1894 / Direttore: Andrea Ermano

Redazione e amministrazione presso la Società Cooperativa Italiana – Casella 8222 – CH 8036 Zurigo

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sabato 20 maggio prossimo

 

coopi zurigo dalle ore 12.30

 

COOPI – IERI OGGI E DOMANI

 

Una “Giornata cooperativa” sulle prospettive della cultura politica

socialista e democratica – in Italia, in Svizzera e dovunque sarà

 

Intervengono

·  Alberto Aghemo, Presidente Fondazione Giacomo Mat­teotti (Roma), Direttore di Tempo Presente, Rivista di cultura fondata nel 1956 da Ignazio Silone e Nicola Chiaromonte

·  Renzo ambrosetti, Co-fondatore dell’UNIA, già Presi­dente centrale del Sindacato interprofessionale svizzero e della FLMO

·  Renzo balmelli, Giornalista, già direttore del TG sviz­ze­ro, editorialista dell’ADL

·  Felice Besostri, già Senatore della Re­pubblica (XIII Legislatura), Giurista, Avvocato, noto per i ricorsi presso la Cassazione e la Corte Costituzionale che hanno condotto all’abrogazione parziale delle leggi elettorali dette “Porcellum” e “Italikum”

·  Emidio Campi, Professore emerito di Storia della Chiesa (Zurigo), già Direttore dello Institut für Schweizerische Reformationsgeschichte presso l’Università di Zurigo

·  Anna-Maria Cimini, Traduttrice, Rappresentante della Federazione Co­lonie Libere Italiane in Svizzera, Presidente del Concistoro Valdese di Zurigo

·  Helmut Holzhey, Filosofo, Teologo, Professore emerito di Storia della Filosofia (Zurigo), doctor honoris causa dell’Università di Marburgo, Fondatore della Schweizerische Gesell­schaft für die Erforschung des achtzehnten Jahrhunderts

·  Toni Ricciardi, Storico, Docente universitario (Ginevra), Parlamentare, Segretario del PD in Svizzera – Premio Coopi 2023

·  Antonio Spadacini, Sacerdote Missioni Catto­li­che di lingua italiana (MCLI), Presbitero Diocesi Brescia

·  Anita Thanei, Giurista, Avvocata, già Consigliera Nazio­na­le e Presidente della Commissione Affari Giuridici al Consiglio Nazionale

 

Moderano la giornata

·  Andrea Ermano, Filosofo, Co-Presidente Coopi, Direttore dell’ADL

·  Francesco papagni, Teologo e giornalista, Consiglio parrocchiale Liebfrauenkirche Zurigo

 

Intervengono con un messaggio

·  paolo bagnoli, Professore ordinario di Storia delle Dottrine Politiche (Bocconi Milano, Siena), già Senatore della Repubblica

·  Tatiana Crivelli, Ordinaria di Letteratura Italiana (Zurigo), ha diretto il progetto di ricerca S/confinare. I rapporti culturali italo-svizzeri tra associazionismo, editoria e propaganda (1935-1965)

·  Francesco Mandarano, Storico, Avvocato, Autore di ricerche sui crimini di guerra fascisti

·  Marco Francesco Morosini, Docente emerito (ETH Zurigo), Consulente politico, Autore

·  valdo spini, Professore emerito (Firenze), Politologo, Economista, Presidente Fondazione Rosselli, Presidente AICI, già Coordinatore PSI, già Parlamentare e Ministro della Repubblica

 

Il “premio coopi – ettore cella-dezza”

Nel luglio 2022 abbiamo deliberato di assegnare il “Premio Coopi – Ettore Cel­la-Dezza”, in questa sua edizione inaugurale, allo storico Toni Ricciardi, docen­te presso l’Università di Ginevra. Alle elezioni anticipate del settembre scorso, indette dopo la caduta del precedente governo, Ricciardi è stato poi eletto alla Camera dei Deputati nella Circoscrizione Estero. Il “Premio Coopi – Ettore Cel­la-Dezza” è istituito quale riconoscimento dedicato a personalità parti­colar­men­te distintesi nel mondo dell’emigrazione italiana. La consegna avverrà il 20 maggio prossimo nel corso della “Giornata cooperativa”.

      

              

L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

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LAVORO E DIRITTI

a cura di www.collettiva.it

 

solidarietà all’Emilia Romagna

territori e lavoratori in ginocchio

 

Emergenza anche nelle Marche. Una nuova ondata di maltempo con vittime, sfollati, danni. Landini: vicinanza e solidarietà alla popolazione colpita

 

di Patrizia Pallara

 

Una seconda ondata di maltempo sta colpendo l’Italia, dopo quella di due settimane fa, e vasti territori dell’Emilia Romagna e delle Marche sono finiti sott’acqua. 14 fiumi esondati in più punti, 23 comuni con allagamenti importanti, frane, sfollati nelle campagne, migliaia di evacuati, abitanti costretti a salire sui tetti per mettersi in salvo, case allagate, strade chiuse, persone soccorse a nuoto, treni bloccati. E un bilancio di vittime, al momento cinque morti e tre dispersi a Forlì-Cesena e Cesenatico, che è provvisorio e purtroppo è destinato a salire. 

    “L’area interessata è enorme – ha dichiarato Titti Postiglione, vice capo del dipartimento della Protezione civile in un’intervista -: siamo di fronte a fenomeni sia alluvionali che franosi. Una criticità che non passa, le piogge continueranno fino a metà giornata”. L’emergenza quindi non è ancora finita, riguarda tutta la popolazione delle zone colpite e anche i lavoratori.

 

Landini: vicinanza e solidarietà – “Esprimiamo grande vicinanza e solidarietà alle popolazioni coinvolte dall’alluvione che ha colpito, in modo particolare, molti comuni dell’Emilia Romagna e alcune zone delle Marche. Lo afferma il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Governo e istituzioni locali – aggiunge – devono intervenire prontamente per sostenere le comunità gravemente colpite, anche mettendo subito a disposizione risorse adeguate alle prime necessità”. È necessario, inoltre, – conclude Landini – che il governo approvi urgentemente tutti i provvedimenti legislativi necessari per garantire il massimo sostegno alle lavoratrici e ai lavoratori, di tutti i settori, impossibilitati a lavorare, oltre a misure efficaci a tutela delle famiglie e delle imprese duramente colpite”.

 

Sostegno al reddito – “Chiediamo alla Regione e alle istituzioni territoriali di continuare a presidiare gli interventi già richiesti in occasione della precedente alluvione – scrive in una nota la Cgil Emilia Romagna -, ma anche di rivendicare con il governo risorse aggiuntive e ulteriori forme di sostegno al reddito per i tanti lavoratori che, oltre a subire danni materiali, hanno perso e stanno perdendo giornate di lavoro e conseguentemente salario. La situazione è resa già difficile dall’emergenza redditi: gli addetti del settore agricolo e del turismo spesso sono privi di ammortizzatori sociali efficaci”.

    Anche Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil chiedono all’esecutivo d’intervenire immediatamente e di dichiarare lo stato di calamità. “Occorre disporre la fermata temporanea delle attività produttive inagibili e irraggiungibili – scrivono i segretari generali Michele De Palma, Roberto Benaglia e Rocco Palombella – con la copertura di una cassa integrazione ‘speciale’ per consentire di salvaguardare la sicurezza delle persone che lavorano”.

    “Non pochi lavoratori sono impossibilitati a raggiungere le loro aziende che continuano regolarmente a produrre – prosegue la nota della Cgil Emilia Romagna -, una situazione sui generis che richiede provvedimenti specifici. Ulteriore particolare attenzione in questi giorni va dedicata ai tanti anziani soli delle zone più colpite, che rischiano di trovarsi isolati e in condizioni materiali difficilissime”.

 

Dalla siccità al consumo di suolo – Soltanto un mese fa l’osservatorio dell’Ires Emilia Romagna nell’analisi dedicata ad ambiente e territorio aveva lanciato l’allarme sulla crescente siccità che affligge la regione e sulla fragilità idraulica, aggravata da decenni di consumo di suolo, e aveva messo in guardia sui fenomeni climatici estremi che secondo gli esperti saranno sempre più frequenti.

    “Siamo stati purtroppo facili profeti – conclude la nota della confederazione -. Serve ora che la nostra Regione faccia sinergia con le altre del Bacino padano, una delle aree produttive climaticamente più stressate d’Europa, per chiedere al governo di rilanciare con forza gli Obiettivi dell’Agenda Onu 2030 e dell’Accordo di Parigi. È anche necessario che metta rapidamente a terra tutte le risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza, molte delle quali già arrivate, per prevenire il dissesto idrogeologico con interventi massivi e strutturali”.

       

   

SPIGOLATURE

 

quando povertà fa

rima con la felicità?

 

di Renzo Balmelli

 

MALINTESI. Poveri ma belli è un film degli anni Cinquanta firmato da Dino Risi che con la sua mano leggera, ma non per questo meno sicura, parla dei giovani di allora alla ricerca della felicità. Un Dino Risi dei nostri tempi dovrebbe invece confrontarsi con una situazione esattamente all’opposto in cui povertà e bellezza non formano un binomio felice e gradito al pubblico. A confermare questo stato d’animo è un rapporto di recente pubblicazione dal quale risulta che la povertà è ignorata e mal interpretata dalla società. La ricerca prede a campione la Svizzera, ma non rimane circoscritta entro le frontiere della Confederazione, e descrive invece un problema che si manifesta in molti Paesi in cui il benessere raggiunge livelli da “alto” a “molto alto”.

 

Renato Salvatori e Marisa

Allasio in Poveri ma belli (1957)

 

Ciò non fa che aumentare le disuguaglianze tra coloro che sono cresciuti nel cono d’ombra delle difficoltà esistenziali e chi può invece assaporare i piaceri della prosperità. In tale contesto non sempre la solidarietà funziona: le persone che vivono in povertà sono ancora percepite dalla società come “colpevoli” della loro situazione. Una visione errata, che relega i “poveri” – anche i bambini – nel ruolo di mendicanti e che non di rado dà origine a sofferenze e pregiudizi dolorosi.

 

CHE TEMPO! Una mattina il governo si è svegliato e non ha più trovato l’invasore. Il fattore FF non avrebbe più turbato la narrazione ufficiale. Cala il sipario su “Che tempo che fa” che portava in dote oltre due milioni e mezzo di spettatori e per la sinistra – dicono – adesso la pacchia è finita davvero. La maggioranza gongola. E chiosa: finalmente chiude la fabbrica di marchette per i compagni. “Marchette”? Si veda la Treccani per cogliere il significato della parola. Nella scia del Caso Fazio l’Italia assiste dunque all’ennesimo episodio di lottizzazione, comunque già deprecabile, e attuato nella circostanza in un modo spregiudicato come mai era successo prima. Per intuire le conseguenze e misurare le ricadute politiche dell’assalto alla diligenza della RAI bisognerà attendere i prossimi palinsesti. Solo allora misureremo lo spazio riservato al pluralismo e alla contro programmazione. Il “Belli ciao” twittato da Matteo Salvini non offre tuttavia molte garanzie. Oltre che uno sberleffo a chi produceva la trasmissione, è evidente l’allusione alla canzone simbolo del 25 Aprile ed ai ripetuti tentativi di riscrivere la storia. Se non altro prima sapevamo “Che tempo che faceva”, ironizza Fiorello. Immaginare ora, dopo la tempesta, “Che tempo sarà” è come camminare in una notte senza stelle.

 

SPERANZA. È un po’ in là con gli anni, a volte si dimentica che esiste, spesso lo si confonde con l’UE, ma le sue rughe non sono segno di saggezza, non di vecchiaia. E proprio ora, sullo sfondo di una finestra internazionale che non guarda su uno scenario molto rassicurante, il Consiglio d’Europa dimostra tutta la sua importanza per la salvaguardia delle conquiste maturate dopo lo scempio della Seconda guerra mondiale. Fondato nel 1949 con sede a Strasburgo, è l’organizzazione intergovernativa più anziana e che conta più membri (46) in Europa. La sua principale attività fa perno attorno alla tutela e la promozione dei diritti umani. Al vertice svoltosi in questi giorni in terra islandese gli eredi degli Adenauer e degli Schuman, che posarono la prima pietra della Comunità europea, si sono trovati di fronte a una sfida epocale. Il Consiglio è stato criticato per non avere tenuto a freno i Paesi che si allontanano dai valori democratici. La guerra in Ucraina ha aggravato questo stato di cose e la Russia, a causa dell’invasione, è stata esclusa dall’organizzazione. Ma nel contrasto alle gravi violazioni dei diritti umani, alla deportazione dei bambini, agli attacchi contro obbiettivi civili e ai corridori umanitari, il lavoro che resta da fare è enorme. Per rispondere alle crisi in Europa in tempi come questi nulla è più prezioso della solidarietà tra le nazioni democratiche. Solo rafforzando gli sforzi per resistere tutti assieme alle provocazioni dei guerrafondai, il summit sarà riuscito a compiere un passo fondamentale per tenere accesa la speranza.

 

   

Politica

 

IL NUOVO VENTO AZIONISTA

 

Palmiro Togliatti definiva Giustizia e Libertà: “Più uno stato d’animo che un’organizzazione”. E chi avrebbe mai potuto dargli torto? Risposta facile: la storia…

 

di Marco Cianca

 

Palmiro Togliatti definiva con disprezzo Giustizia e Libertà “più uno stato d’animo che un’organizzazione”. Aveva ragione, nell’immediato. Ma la storia ha dimostrato quanto in realtà fosse in errore. È proprio lo stato d’animo il grande motore dell’evoluzione sociale ed economica, prima e ancor più dei bisogni. Un rovesciamento dell’assioma marxista-leninista che considerava ineluttabile il trionfo del proletariato con alla guida la propria avanguardia. Sappiamo bene come è andata a finire. E se in Italia i figli e i nipoti del Migliore hanno buttato alle ortiche le proprie bandiere cambiando, nel tentativo di non farsi riconoscere, vesti e nomi con la rapidità di un Fregoli, sulle macerie di quella che fu la Sinistra, spira, ancora e di nuovo, il vento azionista.

    Ben diverso dai tentativi di scimmiottamento che affiorano qua e là per darsi una verginità ideologica non scalfita dal crollo del comunismo e dalla questione morale. Il socialismo e la libertà sono argomenti troppo seri per lasciarli nelle mani di chi non sa nemmeno bene cosa siano e ancor meno è in grado di dire come possano marciare assieme. E, soprattutto, non sono certo la cipria per imbellire e rendere tollerabile il capitalismo ma rappresentano la via di una rivoluzione non violenta per cambiare l’intero sistema.

    Ecco, lo stato d’animo. Quello che nei primi mesi dell’anno scorso ha portato Paolo Bagnoli, e il sottoscritto, a rilanciare “la necessità del socialismo”. Un grido passionale. Un empito etico, psicologico, esistenziale ancor prima che ideologico e politico. I russi erano entrati in Ucraina mentre il mondo intero non aveva ancora finito di fare i conti con due anni di pandemia. Il coronavirus e i carri armati. Un doppio assalto, ai nostri corpi e ai valori di pace e di convivenza.

    Le fragilità e le contraddizioni del sistema capitalistico non hanno retto l’urto. E a pagare, come sempre, i ceti più deboli. Un periodo fosco, un senso di angoscia e di impotenza. E in questo buio, la lucetta, la speranza, la convinzione, la fede laica. La necessità del socialismo, appunto.

    Ha scritto Gaetano Arfè, a proposito del congresso di Genova del 1892: “Un uomo refrattario ad ogni misticismo come Gaetano Salvemini ricorderà il suo incontro con il socialismo come l’incontro con la fonte di una religiosità perenne, destinata a sopravvivere ai propri stessi dogmi “.

    E Carlo Rosselli: “E’ il liberalismo che si fa socialista, o il socialismo che si fa liberale? Le due cose assieme. Sono due visioni altissime ma unilaterali della vita che tendono a compenetrarsi e a completarsi. Il razionalismo greco e il messianismo d’Israele. L’uno domina l’amore per la libertà, il rispetto delle autonomie, una concezione armoniosa e distaccata della vita. L’altro una giustizia tutta terrena, il mito dell’uguaglianza, un tormento spirituale che vieta ogni indulgenza”.

    Lo stato d’animo diventa imperativo etico e scelta di impegno. E quindi, nel pieno di una delle fasi più sconvolgenti che l’umanità abbia attraversato e che potrebbe portare al totale collasso della civiltà, si cerca di rimettere al centro del villaggio devastato l’albero del socialismo. Le cui radici sono l’uguaglianza, la libertà, la giustizia e il lavoro, che tutti accomuna e tutti riscatta.

    Così siamo arrivati al documento sul lavoro scritto assieme a Giorgio Benvenuto. “Un manifesto per il riscatto, la dignità, la partecipazione”, l’abbiamo definito. Con un’affermazione centrale: “Sì, il mondo è guasto. Anzi, in agonia. E l’unica cura possibile è rimettere al centro il valore del lavoro, la sua etica, la sua valenza democratica, la sua capacità di fratellanza, la sua forza creatrice. La sua esigenza di giustizia e di libertà”.

    Poi, come ruscelli che irrorano il tentativo di un nuovo scavo, ecco gli interventi ospitati dalla Rivoluzione Democratica. Belli, partecipati, intensi. Hanno fornito il loro apporto Maurizio Ballistreri, Andrea Becherucci, Ennio Ghiandelli, Enzo Marzo, Marcello Montanari, Salvatore Rondello, Vincenzo Russo. Lo stesso Paolo Bagnoli ha evocato “un nuovo umanesimo” rimarcando che “la necessità del socialismo non è uno slogan, bensì un’esigenza della storia che non vuole ricadere nella barbarie”. L’umanesimo socialista che torna anche nelle parole di Benvenuto.

    Ora questi testi sono stati raccolti in un volumetto, a cura di Patrizia Viviani, edito da Biblion. Il titolo vale un programma: “La necessità del socialismo”. Gli inizi di un dibattito e la promessa di un comune agire. E il continuo peggioramento, senza apparente soluzione di continuità, di tutto il contesto politico, economico, sociale non fa che rendere ancora più cogente il nostro impegno.

    La guerra in Ucraina prosegue con morti e macerie e l’invocazione della pace ormai risuona solo nelle preghiere di Papa Francesco. Il bellicismo impera e l’incubo di un conflitto nucleare è diventato una realistica possibilità. A differenza del passato, non sembra esserci quella mobilitazione internazionale capace di mettere un argine al rischio di uno scontro apocalittico. Come se una sorta di cupa rassegnazione stesse obnubilando l’umanità.

    I poveri aumentano sempre più mentre i ricchi vedono crescere a dismisura i propri patrimoni. Diseguaglianze, sfruttamento, precarietà, disoccupazione. Il Coronavirus sembra domato ma gli esperti temono che una ancora più devastante pandemia, The Big One, possa arrivare senza preavviso. E intanto, sconvolgimenti climatici, siccità, alluvioni.

    In Italia, governa la nuova Destra. Becera, razzista, pericolosa. Intrisa di fascismo. La fiamma che fu del Msi arde a Palazzo Chigi. Che fare? (…)

 

 

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L’Avvenire dei lavoratori

 

Visita il BLOG dell’ADL curato da Tiziana Stoto (KOLORATO)

     

                    

UN APPELLO unitario

 

NON PER NOI

MA PER TUTTE E TUTTI

 

Un appello a tutte le realtà sociali e sindacali, al volontariato laico e cattolico, perché vogliamo condividere con tutti e tutte la necessità, l’urgenza e la voglia di costruire una mobilitazione permanente che sia plurale, partecipata, democratica e conflittuale per rimettere al centro del Paese la voce dei Diritti, contro le disuguaglianze e l’esclusione, per la giustizia sociale e ambientale. C’è un problema strutturale nel nostro Paese che non dipende dal colore e dalla formazione politica che si aggiudica la vittoria alle elezioni: le crisi e i cambi di Governo non cambiano la drammatica condizione sociale, materiale ed esistenziale che vivono milioni di persone. La politica si parla addosso, non risponde ai bisogni reali delle persone e si gioca tutta su politicismo e tatticismo

    Ci spinge a proseguire il percorso lanciato lo scorso luglio la necessità di fare fronte alla drammatica situazione che si è generata nel nostro Paese negli ultimi tre anni, dove all’aumento delle disuguaglianze causato dalle politiche di austerità imposte dall’Europa, si è sommato l’impatto della pandemia e infine la guerra. Questo a fronte di timide risposte, spesso inefficaci, da parte dei Governi che si sono succeduti.

    La politica considera evidentemente “accettabile” la condizione materiale ed esistenziale in cui vive la maggior parte delle persone nel nostro Paese: 5,6 milioni di persone in povertà assoluta e 8,8 milioni in povertà relativa; 4 milioni di lavoratori e lavoratrici povere; 8 contratti di lavoro su 10 precari; 3 milioni di giovani NEET; dispersione scolastica al 13%; analfabetismo di ritorno oltre il 30%; 10 milioni di persone non riescono più a curarsi e una persona su tre è a rischio esclusione sociale. Tutto questo mentre dal 2008 a oggi il numero dei miliardari è passato da 12 a 50, e tra marzo 2020 e novembre 2021 si è registrato un aumento dei patrimoni dei super-ricchi del +56%.

    L’aumento senza precedenti nella storia della Repubblica delle disuguaglianze e dell’esclusione sociale rappresenta un enorme tradimento della nostra Costituzione e un gigantesco rischio per il funzionamento della democrazia. Ma nonostante le prospettive continuino a peggiore, l’impegno a sconfiggere disuguaglianze ed esclusione per garantire “pari dignità sociale” come stabilisce la nostra Costituzione sembra non rappresentare la priorità di nessun Governo e Parlamento degli ultimi 15 anni. Stiamo assistendo a una svolta autoritaria e tecnocratica che sta erodendo i principi della nostra democrazia.

    L’accelerazione dei processi di emarginazione di fasce sociali sempre più ampie sta concorrendo in modo sostanziale ad acuire la crisi del sistema di rappresentanza politica, come mostra la larga e preoccupante astensione di decine di milioni di persone dal voto e dalla partecipazione attiva alla vita pubblica del Paese. Questa assenza di partecipazione unita alla mancanza o inefficacia delle risposte da parte di Governo e Parlamento continuano a indebolire la democrazia, delegittimando pericolosamente le istituzioni democratiche della Repubblica nata dalla Resistenza. Ma anche questo sembra essere accettato dagli attuali gruppi dirigenti della politica.

 

 

Il silenzio dei media e la massiccia campagna mediatica di arruolamento contribuiscono a semplificare il contesto nazionale e internazionale, omologando il dibattito nel Paese. Il risultato è che la nostra vita continua a peggiorare e il nostro Paese rischia di perdere le speranze, favorendo sempre di più lo sgretolamento della coesione sociale e delle possibilità di riscatto di chi vive già in grande difficoltà. In questo scenario sono la criminalità organizzata e le mafie a trarne maggior vantaggio, esercitando un ricatto sui territori, approfittando della disperazione di milioni di persone e offrendo un vero e proprio welfare sostitutivo mafioso in assenza di risposte dello Stato per garantire la giustizia sociale: precondizione per sconfiggere le mafie.

    Il cuore del problema sta nel modello di sviluppo neoliberista, ormai da anni insostenibile socialmente e ambientalmente. All’interno di questo modello e in presenza di una crisi ecologica che colpisce molto di più le fasce più impoverite della popolazione, è impossibile garantire lavoro di qualità e salute, giustizia sociale e giustizia ambientale. Continuare a sostenere la visione della crescita economica infinita liberista ci sta portando alla catastrofe. A questo si aggiunge la militarizzazione in atto nel Paese, in cui ingenti risorse della spesa pubblica sono state spostate sulle spese militari. Una militarizzazione che si estende ai conflitti sociali e contro le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici e delle loro rappresentanze sindacali.

    Questo modello è responsabile dell’aumento della povertà, delle disuguaglianze, della precarietà lavorativa, dell’insicurezza sociale e sanitaria, del collasso climatico, delle pandemie e della crisi ecologica. La politica, purtroppo, non solo sembra non avere il coraggio di cambiarlo, ma a quanto pare ci continua a dimostrare ogni giorno di non avere nessuna intenzione di farlo. E se non cambia il modello di sviluppo le nostre prospettive saranno catastrofiche.

    Stando così le cose, se non lottiamo per i nostri diritti non lo farò nessun altro per noi. Dobbiamo lavorare insieme per ridare alle nostre città e al nostro Paese una visione politica reale, contestualizzata, basata sulla realtà delle sofferenze e delle ingiustizie che incontriamo e viviamo ogni giorno sulla nostra pelle; una visione che sappia vedere anche a lungo termine, in grado di dare risposte, assumere la priorità della lotta per la giustizia sociale e ambientale, per far sì che quelle priorità siano poi trasformate in atti concreti dalla politica istituzionale.

    Ci mobilitiamo perché siamo le vittime di questa crisi sistemica e strutturale che continueremo a pagare anche nei prossimi mesi con l’aumento dei prezzi e dell’inflazione. Perché le disuguaglianze e l’esclusione sociale continuano a crescere da 15 anni ma i Governi continuano a tagliare il Fondo Nazionale Politiche Sociali e rimandano qualsiasi riforma del welfare, continuando a scaricare completamente il peso del lavoro di cura sulle donne; perché centinaia di migliaia di famiglie rischiano di finire sfrattate per strada mentre i grandi costruttori continuano a speculare sugli affitti; perché viviamo male nei nostri quartieri dove ci trattano da cittadini e cittadine di serie B, vengono cancellati servizi e il welfare sostitutivo mafioso diventa l’unica alternativa; perché non vogliamo che le ragazze e i ragazzi finiscano nelle mani dei clan che sfruttano a loro vantaggio l’assenza dello Stato in troppi luoghi del Paese; perché nonostante la pandemia e 160 mila morti niente è stato fatto per la medicina territoriale, la salute pubblica e la prevenzione mentre si continuano a privatizzare i servizi sanitari ed a investire troppo poco su ospedali e personale medico pubblico; perché vogliono distruggere l’unità della Repubblica attraverso la cosiddetta “autonomia differenziata”, realizzando il sogno della secessione dei ricchi, rendendo strutturali le disuguaglianze geografiche e il divario già esistente tra Nord e Sud; perché con il collasso climatico la nostra salute e la sicurezza sociale peggiorano, la siccità aumenta e si sciolgono i ghiacciai mentre il Governo con la scusa della guerra dirotta gli investimenti del PNRR (che erano per equità sociale e sostenibilità ambientale) su gas, carbone, armi e attività che favoriscono solo imprese private e non i cittadini e le cittadine; perché sul PNRR non è stata fatta nessuna co-programmazione e co-progettazione come prevedeva il codice del partenariato europeo e la sentenza 131 della Corte; perché la politica sta condannando il nostro Paese a maggiori disuguaglianze e a ulteriore debito pubblico, ancorando la nostra base produttiva a un modello di sviluppo insostenibile socialmente e ambientalmente che ci renderà tutti e tutte più poveri.

    Non vediamo altro spazio per incidere, difendere e promuovere i nostri diritti, se non attraverso una mobilitazione permanente costruita dal basso da soggetti sociali diversi, impegnati su obiettivi comuni per la giustizia sociale e ambientale.

    Vogliamo condividere con tutte e tutti proposte chiare e concrete su lavoro, casa, reddito, salario, servizi e politiche sociali, lotta alle mafie, riconversione ecologica, accoglienza e no all’autonomia differenziata (scarica le proposte). Proposte già condivise da centinaia di realtà della Rete dei Numeri Pari insieme ad altri soggetti, che continueremo a sottoporre al Governo, e che se fossero applicate sconfiggerebbero la “pandemia delle disuguaglianze”, rimettendo insieme il diritto al lavoro con il diritto alla salute, salvaguardando beni comuni, giustizia climatica e partecipazione.

 

RIVOLGIAMO A TUTTE LE REALTÀ CHE CONDIVIDONO QUESTE PROPOSTE L’APPELLO A UNIRSI A QUESTO PERCORSO SCRIVENDO A: INFO@NUMERIPARI.ORG

      

      

RICEVIAMO E VOLENTIERI PUBBLICHIAMO

 

la sinistra

dei numeri pari

 

 

Nasce in Parlamento il Tavolo permanente di confronto tra le realtà sociali e sindacali della Rete dei Numeri Pari e le forze politiche che sostengono l’Agenda sociale. M5S, PD, Sinistra Italiana e Unione Popolare si coordinano per costruire consapevolezza e prendere decisioni in modo diverso.

 

Si è svolta ieri presso la sala Aldo Moro del Palazzo dei gruppi parlamentari la prima riunione del Tavolo tra la Rete dei Numeri Pari e forze politiche che sostengono l’Agenda sociale: Alleanza Verdi e Sinistra, Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Unione Popolare. L’apertura del tavolo è il frutto delle richieste avanzate dalla Rete durante l’assemblea nazionale dello scorso 22 aprile. Il Tavolo sarà un luogo di confronto permanente tra soggetti alla pari che hanno ruoli e responsabilità diverse.

    Il confronto si svolgerà con l’obiettivo di dare seguito agli impegni presi dalla politica sui punti dell’Agenda sociale, verificando le azioni messe in campo dal Governo che impattano su l’Agenda sociale per consentire un rapido scambio di informazioni con le realtà sociali nel tavolo e con tutti i soggetti che hanno sottoscritto l’Agenda sui territori. Il Tavolo servirà anche per costruire iniziative di mobilitazione sui punti dell’Agenda che rafforzino l’azione dell’opposizione sociale sui territori.

 

Il Tavolo permanente è suddiviso in sei sottogruppi sulla base dei temi, delle competenze delle realtà coinvolte e delle urgenze del Paese:

 

1) Democrazia, Costituzione, Autonomia differenziata e guerra;

2) Diritto all’abitare;

3) Politiche industriali, lavoro, salario e riconversione;

4) Politiche sociali, disuguaglianze di genere, reddito e fisco;

5) Accoglienza;

6) Lotta alle mafie.

 

Diciotto saranno le realtà sociali e sindacali del Coordinamento nazionale della Rete dei Numeri Pari che seguiranno i lavori dei sottogruppi del tavolo in nome delle oltre settecento che hanno sottoscritto l’Agenda sociale: Salviamo la Costituzione, Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, per l’Unità della Repubblica e la rimozione delle disuguaglianze; Casa Internazionale Delle Donne; Centro per la Riforma dello Stato e Giuristi Democratici nel gruppo Democrazia, Costituzione, Autonomia differenziata e guerra; Unione Inquilini per il gruppo Diritto all’Abitare; Paese reale, Associazione Archivia e la FIOM-CGIL per il gruppo Politiche industriale, lavoro, salario e riconversione; Transform Italia; Oxfam Italia; Cooperativa Sociale Iskra e Assolei per il gruppo Politiche sociali, disuguaglianze di genere, reddito e fisco; Baobab Experience e Stop Border Violence per il sottogruppo Accoglienza; Libera, FLAI-CGIL e FAI Agisa Antiusura e Antiracket per il gruppo Lotta alle mafie.

    Per ogni sottogruppo ciascuna forza politica ha individuato almeno due persone (parlamentari o dirigenti) per seguirne i lavori. Questi avranno il compito di portare avanti concretamente in Parlamento le proposte condivise all’interno del sottogruppo e scambiare le informazioni relative all’azione del Governo sui temi specifici.

    Le priorità che sono state individuate durante la prima riunione saranno: l’opposizione al DDL “Autonomia differenziata” portata avanti dai Comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, Salviamo la Costituzione, Giuristi Democratici e dal Centro per la Riforma dello Stato; la contestazione al “Decreto Cutro” e a tutto l’impianto normativo di criminalizzazione della migrazione e della solidarietà con Baobab Experience e Stop Boarder Violence; diritto all’abitare e misure di sostegno agli affitti con Unione Inquilini; il “Decreto 1 maggio” e la rimodulazione della misura di sostegno al reddito in direzione del Reddito di autodeterminazione dei quali si occuperanno le associazioni del movimento femminista, le cooperative sociali, i sindacati di categoria, Transform Italia e Oxfam Italia. Già nei prossimi giorni si riuniranno i primi sottogruppi del Tavolo per iniziare a lavorare su questi temi.

 

 

Nessuno può anticipare quale sarà l’esito del percorso, ma riconoscere che nessuno ce la fa da solo, che abbiamo bisogno di un metodo diverso e di alleanze più grandi per costruire consapevolezza e prendere decisioni è una prima buona notizia. Al lavoro!

 

Ufficio comunicazione Numeri pari

info@numeripari.org / www.numeripari.org / +39 347 3935956

       

                

da >>> TERZO GIORNALE *)

 

Cosa mostra l’ultima tornata elettorale?

 

Occorre sospendere il giudizio sul Pd di Elly Schlein. Si può infatti essere critici finché si vuole della nuova segretaria (vedi qui e qui), ma è senz’altro vero che la situazione del partito di cui ha preso la leadership, con il solito meccanismo semi-plebiscitario delle “primarie” (dove le virgolette stanno a indicare una cattiva imitazione di ciò che avviene negli Stati Uniti), non consente di farsi illusioni su una sua rapida ripresa.

 

di  Rino Genovese

 

Il PD è un corpo politico fortemente diviso: in fondo, la scelta degli iscritti era stata maggioritariamente per Bonaccini. Inoltre, all’interno di questa divisione, c’è una componente di derivazione renziana che non aspetta altro se non di provocare una scissione, andandosene al momento opportuno, o, preferibilmente, spingendo fuori proprio il gruppo di Schlein. Diciamo che per il momento gli avversari sono in attesa di vedere come si mette. Il banco di prova sarà, ovviamente, quello delle elezioni europee del 2024.

    Intanto, la combattiva Elly deve misurarsi con ciò che accade nei territori, dove, nonostante ogni cosa dimostri che soltanto l’unità può avere degli effetti elettorali non negativi, c’è da confrontarsi con la mai del tutto sopita mania isolazionista dei 5 Stelle (e di Conte, a questo punto), che vorrebbero essere loro ad avere la guida dell’opposizione. Idea, a questo punto, piuttosto peregrina: perché metà del loro elettorato, com’era prevedibile, o è ritornato a destra o si è ritirato nell’astensionismo. Diciamo che oggi la contesa, tra le due opposizioni, consiste in questo: chi, tra il Pd di Schlein e i 5 Stelle di Conte, riuscirà ad assorbire maggiormente l’astensionismo provocato dalla delusione generata da un trentennio di populismi vari, come pure dalla involuzione del Pd, prima con Renzi, e poi con la completa inazione degli anni da Zingaretti a Letta.

    È insomma una quadratura del cerchio, quella con cui ha a che fare la povera Elly. A Brescia, per dirne una, il Pd vince al primo turno con una coalizione moderata che esclude i 5 Stelle – e, in mancanza di meglio, che cosa si potrebbe obiettare? A Pisa, però, solo il “blocco” tra il Pd e i 5 Stelle riesce a evitare un’incredibile riconferma del sindaco leghista, rimasto a soli quindici voti dalla vittoria (ma è stato chiesto un nuovo conteggio delle schede). In altre parole, Schlein è costretta a muoversi “a geometria variabile”, come si dice, perché finora è mancata una volontà comune di costruire un’alleanza stabile, politicamente motivata, tra le due forze di opposizione. (continua sul sito)

 

*) Terzo Giornale – La Fondazione per la critica sociale e un gruppo di amici giornalisti hanno aperto questo sito con aggiornamenti quotidiani (dal lunedì al venerdì) per fornire non un “primo” giornale su cui leggere le notizie, non un “secondo”, come si usa definire un organo di commenti e approfondimenti, ma un giornale “terzo” che intende offrire un orientamento improntato a una rigorosa selezione dei temi e degli argomenti, già “tagliata” in partenza nel senso di un socialismo ecologista. >>> vai al sito

       

   

L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

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Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Noi no!

 

“Sei anni di guerra civile” – pubblicato da Pietro Nenni nel 1933 in esilio – è un libro fondamentale. Ed è per questo che la UIL attraverso la sua casa editrice Arcadia lo ha ripubblicato integralmente (clip).

 

di Carlo Felici

 

Quando scrissi la storia del primo dopoguerra in Italia, in occasione del centenario del biennio rosso, e fu pubblicata a puntate sull’Avanti! on line, auspicai la ristampa di un libro cruciale per intendere come il fascismo si affermò, e decisivo per ricordare cosa ha rappresentato e quali metodi ha usato per mantenersi al potere.

    Fu scritto da Pietro Nenni in esilio e lui volle che fosse uno strumento di denuncia di Mussolini e dei suoi metodi, oltre che del rinnegamento delle origini del Duce, all’estero, in un’epoca, i primi anni 30 del XX secolo, in cui il consenso intorno a lui si stava allargando sia in Italia che altrove. Mussolini ci teneva molto alla sua “presentabilità” internazionale, tanto da mettere in particolare nel mirino delle sue scellerate azioni repressive anche gli esuli, i quali finirono non a caso vittime delle sue trame omicide, come i fratelli Rosselli, salvo poi lavarsi le mani e attribuirle all’eccessivo zelo di altri fascisti. Ebbene, questo libro che andrebbe adottato e letto in tutte le scuole per far capire ai giovani come tuttora non si può non essere antifascisti, finalmente è stato ristampato e si spera possa essere disponibile presto per un largo pubblico.

 

Nenni con Marioli e Canonica (in piedi)

al Coopi di Zurigo il 12 ottobre 1967

 

Una lode e un ringraziamento particolare dunque è da rivolgersi alla Fondazione Nenni, alla Arcadia Edizioni e alla UIL che ha patrocinato l’edizione, così come a coloro che hanno presentato il libro in una assemblea svoltasi nella sede di questo sindacato a Roma, in particolare al giornalista Giuseppe Vernaleone che ha moderato l’incontro e poi anche a coloro che sono intervenuti: il giornalista della Stampa, Fabio Martini; Antonio Tedesco, direttore scientifico della Fondazione Nenni, che ha curato la pubblicazione dell’opera; il prof. Giancarlo Monina ordinario presso l’università Roma Tre; Marzio del Grosso Colonna, amministratore delegato dell’Arcadia Edizioni; Pierpaolo Nenni, nipote di Pietro Nenni.

    L’ultima edizione del libro di Nenni in Italia risaliva all’immediato dopoguerra, chi è così fortunato da avere quella copia si renderà conto anche della qualità “povera e fragile” della carta di allora, quando essa era anche un bene prezioso e di difficile reperibilità, la sovraccoperta dell’edizione del 1945 riprende l’immagine di copertina dell’edizione tedesca del 1930, mentre la recente ristampa riprende la copertina dell’edizione originaria francese dello stesso anno. In quel periodo si volle infatti che il libro circolasse abbondantemente in Europa per smascherare il volto “perbenista” e rassicurante che il fascismo tendeva a presentare oltre confine. Il titolo originario: “Sei anni di guerra civile in Italia” fu volutamente cambiato nella edizione in tedesco destinata ad un Paese che di lì a poco sarebbe stato travolto dalla dittatura nazista e fu: Todeskampf der Freiheit erroneamente tradotto con “Agonia della libertà” ma che più propriamente vuol dire “Lotta fino alla morte per la libertà” Agonia più comunemente in tedesco si dice Qual o Agonie, lo stesso significato può avere anche Todeskampf, però la sua etimologia ci riporta meglio a cosa allora Nenni volesse far capire ai tedeschi che avevano già letto il Mein Kampf di Hitler e che nel 1930 ancora non avevano però sperimentato la sua spietata e criminale dittatura. Todeskampf è unione di Tod che vuol dire morte e Kampf che è la lotta, un titolo quanto mai azzeccato per un Paese in cui la libertà stava per soccombere e in cui si voleva almeno una lotta significativa prima della sua morte.

    Questa digressione filologica non sembrerà sterile osservando che quel regime nazista che si affermò dal 1933 volle senza esitare proprio in quell’anno mettere all’indice quel libro tanto provocatorio e sfacciato, per chi aveva fatto carriera imitando Mussolini e che addirittura sbeffeggiava il titolo della sua “bibbia demoniaca”, quasi gli volesse replicare: se tu hai la tua battaglia noi avremo la nostra per la libertà sino alla morte. Le copie reperite furono quindi bruciate pubblicamente in piazza assieme a quelle di tanti altri libri che come sempre ogni regime liberticida ritiene di dover eliminare, se oggi qualcuna ne permane, è da conservarsi come preziosa reliquia.

    Possiamo quindi ritenere che la ristampa di questo libro sia una “Resurrezione”, rispetto non solo ad allora, ma a tutti quegli anni trascorsi senza che potesse circolare nemmeno in Italia, pur essendo altre opere di Nenni già state ristampate. E ci auguriamo che esso non debba essere relegato oggi nell’ambito di pochi studiosi apostoli di libertà che scrivono magari “gridando” nel deserto affollatissimo del web, ma che trovi un ampio pubblico di lettori nella società e soprattutto nella scuola, non solo in Italia, ma anche in Europa.

    Lascio alle belle introduzioni di Fabio Martini e di Antonio Tedesco l’illustrazione del contesto storico e dettagliatamente della rilevanza europea del libro, a me che ho scritto anche una storia di Fiume rivoluzionaria, interessa in particolare la lettura di un capitolo di questo libro di Nenni che ho potuto leggere solo nella recente edizione integrale. Me ne rammarico, altrimenti avrei anche affrontato questo argomento e lo avrei menzionato nel mio libro di prossima uscita che raccoglie tutte le puntate di quella mia storia edita on line, perché effettivamente Nenni fu, come egli stesso dichiara, a Fiume nel settembre del 1920, dovrò quindi aggiungere ad esso una piccola ma significativa appendice.

    Nel capitolo “La marcia dannunziana di Fiume” che ritengo molto importante, troviamo “due Nenni” mescolati in uno, e solo chi conosce il prima e il poi, rispetto a Fiume e a Nenni, può riuscire ad identificarli.

    Troviamo il giovane entusiasta che si trova a Fiume e si lascia suggestionare da quella atmosfera festosa e trasgressiva, il quale riconosce che alla radice dell’impresa c’è “la passione patriottica di un popolo (..) tradito dai suoi alleati e derubato dei suoi frutti della vittoria pagata con seicentomila morti e un milione di mutilati e invalidi”, che rivive il clima tra il frenetico e l’indiavolato nell’immagine del Comandante il quale “Si trasformava allora in politico o in diplomatico (..) mandava messaggi e ambasciate; aveva rapporti con i croati, con gli ungheresi, perfino con i bolscevichi (..) Passava dai soldati alle donne, dalle donne alla politica, dalla politica alle lettere, dalle lettere alla musica o all’architettura”, in una concitazione febbrile. Che aveva “interesse per la classe lavoratrice, aveva pubblicato una “carta del lavoro” anche, vero codice di uno stato corporativo”. E che «la “verve” indiavolata di d’Annunzio toccava i vertici della perfezione»… Qui il giovane “entusiasta” Nenni non capisce che la Carta era una Costituzione innovativa né l’uomo socialista maturo nomina mai l’altrettanto socialista rivoluzionario De Ambris.

    D’altra parte infatti, troviamo in questo capitolo, che si mescola tra le righe anche il Nenni maturo e diremmo pure “maturato socialista” il quale, soprattutto col senno di poi e dichiarando che, benché d’Annunzio non abbia mai fondato il fascismo e si sia anche opposto ad esso, definendolo anche “schiavismo agrario”, sviluppa un parallelismo sulla base del socialismo dominante di allora, tra fascismo e movimento fiumano, ritenendo che sotto entrambe le vesti si celasse quel nazionalismo reazionario che poi il fascismo stesso avrebbe reso la base fondante del suo ventennale regime, e che la stessa marcia rivoluzionaria che d’Annunzio sognava altro non sarebbe stata che il prologo della marcia su Roma di Mussolini

    È importante considerare ciò perché in seguito gran parte degli intellettuali antifascisti adottarono questo punto di vista soprattutto col “senno di poi”

    Che quel “poi” fosse davvero posdatato lo dimostrano i fatti. Nenni fu a Fiume, lo dice chiaramente, forse per un breve periodo, perché nel 1919-20 egli era ancora aderente ai Fasci di Combattimento e repubblicano, e per di più “corrispondente viaggiante” (inviato speciale) de “Il Secolo”. Fu proprio durante il viaggio del 1920 che lo portò anche in Georgia al seguito del senatore conservatore Ettore Conti, che Nenni entrò in contatto col mondo sovietico, passando ufficialmente da repubblicano a socialista militante l’anno successivo. Siamo dunque propensi a credere che anche l’esperienza fiumana, sostenuta da molti repubblicani e socialisti rivoluzionari di allora, abbia contribuito a far maturare la sua scelta.

    Evidentemente nel 1930, in cui doveva per forza liberarsi da questo passato ingombrante, ma pur sempre frutto di una limpida passione giovanile, fu portato a rivedere quell’impresa sotto altre forme, anche perché lo stesso Avanti! nel 1931 su posizioni massimaliste, arringava Nenni come “Repubblicano, guerraiolo arrabbiato, fascista, comunisteggiante, riformista, egli è un poco la riproduzione – in proporzioni ridotte – di Mussolini» E Togliatti addirittura: “fascista della prima ora”, mentre lo stesso anno il comunista Giuseppe Dozza dal giornale l’Humanité sparlava di lui in termini di: «provocatore politico, un fascista camuffato, un agente del nemico nelle file della classe operaia»

    Capiamo così meglio la genesi e l’importanza di questo libro non solo per condannare il fascismo in Europa, ma per sgomberare ogni ombra di dubbio sulla fede socialista e indubitabilmente antifascista di Nenni, ben prima che andasse anche lui a combattere il fascismo sul campo di battaglia in Spagna.

    Capiamo il motto che lo accompagnò per il resto della sua vita: NOI NO! Il quale voleva segnare un abisso incolmabile tra l’antifascismo e il fascismo nemico giurato al contempo di ogni democrazia e di ogni forma di socialismo. Per cui o si sta da una parte o dall’altra. E lo dobbiamo intendere anche noi, mediante la straordinaria lezione di questo grande padre della Patria, la cui storia ci affascina ancor di più quanto maggiormente siamo in grado di comprendere, anche nei dettagli, la sua drammatica e variegata vicenda biografica.

    Ci sarebbero tanti altri aspetti, che però lasciamo scoprire al lettore, da evidenziare in questo libro straordinario, così come di Nenni di cui ho un indelebile ricordo in vita e anche negli struggenti funerali e nella commemorazione di Craxi il 3 gennaio 1980, quando erano presenti, tra gli altri, anche Pertini, il socialista spagnolo Gonzales e Soares per l’Internazionale Socialista. Ricordo coi miei vent’anni il grido di Signorile: “Ora Nenni viene restituito alla sua famiglia, ma egli vive nei socialisti italiani e di tutto il mondo. Salutiamolo col saluto con il quale lo abbiamo sempre salutato nel tempo delle sue e delle nostre lotte: Viva Pietro Nenni!”.

    Con questo libro a cui auspichiamo possano seguirne altri, pubblicando tutta la sua opera, dunque la memoria di Nenni si fa ancora vita, monito ed insegnamento e ci accompagna ancora in tempi in cui il NOI NO! conserva quanto mai intatto tutto il suo valore, per tutelare la fatica, il dolore e i sacrifici che produssero la nostra Costituzione e per ricordarci come sia il caso anche, persino dopo quasi 80 anni, di tenercela stretta.

       

     

L’Avvenire dei lavoratori

 

Visita il BLOG dell’ADL curato da Tiziana Stoto (KOLORATO)

     

                          

Su Radio Radicale

https://www.radioradicale.it/

 

Sei anni di guerra civile in Italia

 

Presentazione della nuova edizione del libro di Pietro Nenni “Sei anni di guerra civile in Italia. Un libro bruciato dai nazisti novant’anni fa” (Arcadia Edizioni)

 

Registrazione video del dibattito dal titolo “Presentazione della nuova edizione del libro di Pietro Nenni Sei anni di guerra civile in Italia. Un libro bruciato dai nazisti novant’anni fa” (Arcadia Edizioni)”, registrato a Roma giovedì 11 maggio 2023. Dibattito organizzato da Arcadia Edizioni e Fondazione Pietro Nenni e Unione Italiana del Lavoro.

    Sono intervenuti: Giuseppe Vernaleone (giornalista), Francesco Maria Gennaro (UIL), Marzio Del Grosso Colonna (Arcadia Edizioni), Luigi Soldavini (Presidente Fondazione Pietro Nenni), Fabio Martini (giornalista de La Stampa), Giancarlo Monina (ordinario di Storia contemporanea presso l’Università Roma Tre), Antonio Tedesco (Fondazione Pietro Nenni), Pierpaolo Nenni (discendente di Pietro Nenni).

       

                             

SEGNALAZIONE

Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

SPINI OSPITE DI RADIO 5

 

Valdo Spini, Presidente della Fondazione Circolo Rosselli e Andrea Puccetti, membro del Direttivo, ospiti di Radio 5 ripercorrono la storia del Circolo di Cultura Politica Fratelli Rosselli già operante negli anni 1920-24 e divenuta Fondazione Circolo Fratelli Rosselli a maggio del 1990. (Guarda il video)

 

       

                

L’Avvenire dei lavoratori

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

 

L’Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigra­zione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del “Centro estero socialista”. Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall’Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all’estero, L’ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mon­diale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l’Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L’ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l’integrazione dei mi­gran­ti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all’eclissi della sinistra italiana, diamo il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appar­tiene a tutti.

 

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