Per 8 italiani su 10 il mattone resta il porto sicuro, ma rischi e costi non mancano – T. Rowe Price

Buongiorno,

di seguito e in allegato invio il comunicato stampa: “Per 8 italiani su 10 il mattone resta il porto sicuro, ma rischi e costi non mancano. Da qui l’importanza di diversificare asset patrimoniali con asset finanziari“. È il risultato di una ricerca commissionata da T. Rowe Price a Nomisma, dal titolo, “Cedola vs mattone: dove va la vera redditività” e presentata in occasione del Salone del Risparmio.

 

Con l’occasione ricordo che T. Rowe Price è un asset manager globale fondato nel 1937 a Baltimora (USA) con circa 1.300 miliardi di dollari in gestione, quotato sul NASDAQ dal 1986 e parte dell’indice S&P 500 e dell’indice S&P 500 Dividend Aristocrats, dotato di oltre 700 professionisti degli investimenti e di una delle piattaforme interne di ricerca più estese al mondo, con più di 330 analisti dedicati.

Resto a disposizione per ulteriori informazioni.

Un caro saluto,

Diana Ferla

M +39.349.0847023

 

 

COMUNICATO STAMPA

 

Per 8 italiani su 10 il mattone resta il porto sicuro, ma rischi e costi non mancano. Da qui l’importanza di diversificare asset patrimoniali con asset finanziari

 

È quanto emerge dalla ricerca T. Rowe Price e Nomisma: “Cedola vs mattone: dove va la vera redditività”

 

Milano: 18 maggio 2023 – Il mattone continua ad essere percepito dagli italiani come un porto sicuro: 8 italiani su 10 lo considerano un investimento affidabile. È quanto emerge dalla ricerca condotta da Nomisma per conto di T. Rowe Price, su un campione rappresentativo di famiglie residenti fra Milano, Roma, Napoli e altre province d’Italia[1], che è stata presentata alla conferenza: “Cedola vs mattone: dove va la vera redditività“, in occasione della tredicesima edizione del Salone del Risparmio.

 

In particolare, per il 48% degli intervistati l’acquisto di una casa è sempre un investimento conveniente da fare, mentre il 36% è convinto che sia meglio l’acquisto di un immobile da destinare all’affitto e il 39% che le rendite da immobili garantiscano sempre un ritorno economico sicuro. Fra gli italiani che possiedono case date in affitto, il 38% si dichiara soddisfatto della rendita percepita e il 31% è molto soddisfatto.

 

D’altra parte, secondo una fotografia di Banca d’Italia, il 53% della ricchezza netta di una famiglia media italiana è immobiliare abitativa: il 70,5% degli italiani possiede la prima casa e il 13,5% ne possiede almeno una seconda.

 

“La casa molte volte è considerata come un salvagente in caso di difficoltà, quindi, dovrebbe essere considerata un asset patrimoniale, non soltanto il luogo in cui si vive” – sottolinea Donato Savatteri, Head of Southern Europe di T. Rowe Price.

 

La casa, che sia la propria abitazione o che venga messa a reddito, non va infatti pensata come un bene a sé stante, ma come parte di un patrimonio finanziario. Questo discorso vale anche per la prima casa, dato che il suo acquisto ha implicato un trasferimento ed una immobilizzazione di denaro, quindi implicitamente una scelta di investimento di lungo periodo.

 

Dalla ricerca emerge che il 56% di chi acquista un immobile intende utilizzarlo come prima casa. Ma chi ha intenzione di acquistare una casa per investimento, da affittare a terzi, lo fa soprattutto per percepire un reddito aggiuntivo, ovvero un’entrata economica sicura ogni mese. Più di sei italiani su dieci che hanno intenzione di acquistare un immobile per investimento sono inoltre fiduciosi di riuscire a recuperare il capitale iniziale investito.

Ma è sempre così? Un immobile, che sia prima o seconda casa, è esposto a rischi e a costi da non sottovalutare: l’introduzione di nuove leggi e regolamenti come avvenuto, per esempio, con le norme contro lo spopolamento dei centri storici a Parigi per scoraggiare gli affitti brevi. Da non trascurare, inoltre, il rischio che venga reintrodotta la tassa di successione anche in Italia, come attualmente in vigore in altri paesi europei. L’immobiliare resta, infine, un investimento non immediatamente liquidabile – per il 41% del campione ci vogliono più di 6 mesi per vendere – oltre ad essere esposto al rischio dei tassi di interesse se l’acquisto è effettuato grazie a un mutuo.

 

Per un immobile di proprietà oltre ai tempi di liquidazione c’è il problema della valutazione, che avviene solo al momento della compravendita, e una serie di costi in acquisto che vanno dalla tassazione (IMU seconda casa) all’imposta di registro, fino ai costi di intermediazione e notarili. Sulla locazione gravano, oltre ai costi di intermediazione, i rischi legati all’elevata morosità (ogni anno il 50% delle locazioni non viene onorato con regolarità) e all’impossibilità di prevedere le spese straordinarie.

 

Sulla tenuta del mercato immobiliare nel lungo periodo incidono, infine, anche fattori demografici con rischi di uno squilibrio fra offerta e domanda derivanti dalla crescita negativa della popolazione italiana. Istat stima un tasso di decrescita medio della popolazione italiana del 2,5% al 2030, visto peggiorare al 3,3% al 2050.

 

Lo studio condotto da T. Rowe Price e Nomisma evidenzia inoltre che, negli ultimi dieci anni, solo la piazza di Milano ha visto l’immobiliare in forte crescita. Lo stesso non si può dire di altre città come Roma e Napoli che, pur in recupero, restano lontani dalle quotazioni del 2012.

 

“Per investire con soddisfazione nell’immobiliare occorre acquistare nei grandi centri economici che crescono o nelle città d’arte perché tutto il resto è esposto a rischi, non ultimo quello demografico che è una considerazione che chi compra oggi non tiene in conto” – ha commentato Luca Dondi, CEO di Nomisma. “Occorre comprare in aree dove l’immobile è un bene scarso”.

 

“Milano è una città che cresce 4-5 volte quanto cresce l’Italia e che attira investimenti esteri, tenendo alte le quotazioni. La città meneghina segue le logiche di altre città europee ed internazionali. Le tendenze di altre città primarie come Roma e Napoli sono invece più simili a quelle di città secondarie come Livorno, Taranto e Novara, ovviamente con prezzi diversi” – ha aggiunto Dondi.

 

“Il grande interesse per il mercato immobiliare non è una sorpresa – continua Savatteri. Tuttavia, andrebbe considerato all’interno di un portafoglio diversificato assieme ad altri strumenti del mercato mobiliare”. In questo contesto, l’investimento nei fondi obbligazionari a cedola può risultare sinergico a quello immobiliare, rivelandosi particolarmente adatto proprio ad un portafoglio sbilanciato sul mattone, come quello fotografato dallo studio, dove gli immobili pesano mediamente per il 55% del patrimonio”.

 

“Sempre in ottica di diversificazione e di efficientamento del proprio portafoglio, l’investimento in un fondo permette una più facile “manutenzione” e una maggiore flessibilità, in quanto il fondo è sempre immediatamente liquidabile” conclude Savatteri.

 

(Comunicato stampa e foto in allegato)

 


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[1] Mille interviste condotte, a maggio 2023, su un campione rappresentativo per area geografica, genere e classe d’età.

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