L’ADL del 8 giugno 2023

L’Avvenire dei lavoratori

8 giugno 2023 – e-Settimanale della più antica testata della sinistra italiana

Organo della F.S.I.S., Centro socialista italiano all’estero, fondato nel 1894 / Direttore: Andrea Ermano

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IPSE DIXIT

 

I profitti degli uni e i non-compensi degli altri – «L’economia e la finanza italiana nel loro complesso hanno continuato quel miglioramento e quella lenta ricostruzione delle devastazioni della guerra, che erano già cominciati ed avviati negli anni precedenti; ma ad opera di energie sane del paese, non per gli eccessi

 

 

o le stravaganze della dominazione fascista; alla quale una sola cosa è certamente dovuta: che i profitti della speculazione e del capitalismo sono aumentati di tanto, di quanto sono diminuiti i compensi e le più piccole risorse della classe lavoratrice e dei ceti intermedi, che hanno perduta insieme ogni libertà e dignità di cittadini.» – Giacomo Matteotti

 

Un pasoliniano a Roma – «Combattete per i vostri diritti, ma fatelo con grazia.» – Gianni Borgna

      

 

SPIGOLATURE

 

Brutali crimini

di guerra

 

di Renzo Balmelli

 

BARLUME. Col trascorrere delle settimane e dei giorni la guerra in Ucraina, innescata dalla ignominiosa invasione russa, sta assumendo pesanti connotazioni disumane molto maggiori di quanto ne abbia già provocate. Il sabotaggio della centrale di Kachovka, i campi, le case e le città allagate, il mesto corteo degli sfollati minacciati dalla piena, formano la cupa tela di fondo di ciò che non è esagerato definire brutali crimini di guerra. A tali scenari carichi di minacce si aggiungono poi le preoccupazioni per la stabilità della centrale nucleare di Zaporizhzhya che nel peggiore dei casi potrebbe trasformarsi in una temibile mina vagante col suo carico di uranio incontrollato. Nella tetra, burocratica terminologia dei bollettini militari pubblicati dagli occupanti che vantano i presunti successi della loro strategia, di tutto ciò ovviamente non si parla. Per cercare di capire a che punto è la situazione solo le oneste narrazioni di chi è sul posto possono dare conto del disastro umanitario al quale sono esposte le popolazioni in seguito a episodi di tale gravità. Ormai la sottile linea rossa di demarcazione oltre la quale si sbriciola il sacrosanto diritto all’immunità della popolazione civile sancita dalle Convenzioni internazionali, è stata ampiamente superata. Di questo passo non si può escludere l’ipotesi che si stia avvicinando pericolosamente il punto di non ritorno.

 

Il Palazzo della Cultura di Kachovka prima e dopo l’inondazione causata

dal sabotaggio russo della centrale idroelettrica

 

Arrivati sull’orlo del baratro il conflitto rischia di avvelenarsi all’inverosimile, travolto da una spirale di violenza senza via d’uscita e aperto agli esiti peggiori. Nel quasi disperato tentativo di scongiurare l’irreparabile, in questi giorni carichi di pericoli e segnati dall’accendersi di nuovi focolai di tensione un po’ ovunque, la comunità internazionale sta mettendo in campo il più gigantesco balletto diplomatico del secolo. Capi di stato, primi ministri, cardinali, inviati speciali animati da tanta buona volontà volano da una capitale all’altra per tenere viva la speranza di una tregua stabile e rispettata quale base di futuri e auspicabili negoziati di pace. Nessuno però si fa soverchie illusioni. Allo stato attuale l’impresa appare più ardua che scalare l’Everest a mani nude. Se almeno chi ha scatenato le ostilità si desse la pena di rileggere Pascal e tra le mura del Cremlino riuscisse a fare prevalere i palpiti del cuore sulle dure, intransigenti e inamovibili ragion di stato, potrebbe forse aprirsi un esile spiraglio. Per ora a però in fondo al tunnel non si intravvede nemmeno il fioco barlume di una flebile fiammella.

 

PERPLESSITÀ. Dire che Romano Prodi non sia l’invitato d’onore ai ricevimenti della destra è quasi un’ovvietà. Il ricordo delle due elezioni che lo videro prevalere su Berlusconi è sempre lì come il boccone del prete andato di traverso a don Camillo. E non appena se ne presenta l’occasione i rivali di ieri e di oggi schierano contro di lui l’artiglieria pesante. Ma che cosa avrà poi detto di tanto grave l’ex premier per meritarsi tali “onori”. Per la verità, nulla che esuli dal normale diritto di critica. Il Professore si è limitato a esprimere le proprie preoccupazioni circa il modo di agire del governo che egli considera “autoritario”. Sono domande legittime, tanto quanto il dissenso, tra l’altro condiviso da più parti, che analizza una situazione in cui non mancano i motivi di perplessità e le zone d’ombra. Dopotutto, la critica, anche dura, sia per chi governa che per chi sta all’opposizione, è uno strumento fondamentale della democrazia. Se la destra prova ora a liquidarla definendola “una rappresentazione plastica della sinistra ideologica e massimalista” è solo il frutto di demagogia a buon mercato. D’altronde non è che la lottizzazione della RAI attuata dalla maggioranza sia proprio un modello di cultura liberale e un fulgido esempio di pluralismo. O no?

 

FASCINO. Vespa o Lambretta? Dura ormai da settant’anni la rivalità tra i primi scooter apparsi sul mercato e che hanno scritto un capitolo fondamentale nella storia del “made in Italy”. Rivalità che ancora oggi divide gli appassionati, ma in un contesto completamente diverso e condizionato dalla globalizzazione. Ora le due marche, dopo essersi sfidate fin dalla loro nascita, si rispettano per fronteggiare la concorrenza cresciuta a vista d’occhio e restare unite nell’immaginario collettivo. Nell’Italia che muoveva i primi passi della rinascita post bellica quelle due ruote rivoluzionarie ebbero un ruolo importantissimo per dare il via al boom economico degli anni Sessanta. Il nuovo modello fece la sua apparizione nell’immaginario collettivo grazie al film “Vacanze romane” del 1953, interpretato da Audrey Hepburn e Gregory Peck sotto la regia di William Wyler. Le immagini che mostravano i due interpreti scorrazzare col motorino nelle strade di Roma incuranti del protocollo, suggerivano un’idea di libertà in cui tutto era possibile dopo le dure privazioni della guerra. Inoltre la pellicola, che a modo suo capovolgeva la storia di Cenerentola, contribuì a rendere famosa nel mondo la Vespa sulla quale la principessa Anna provò a fuggire dagli assillanti obblighi di corte. Tra motori e set cinematografici la bella favola nulla ha perso del suo fascino originale.

 

Audrey Hepburn e Gregory Peck in Vacanze romane

    

    

L’Avvenire dei lavoratori

 

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EDITORIALE

 

Aldiquà del Fiume Rosso

 

Gli esiti della tentata mediazione vaticana in Ucraina non appaiono per ora plateali, ma nei commenti odierni qualcuno sostiene che Papa Francesco “ci stupirà”. Ragionando sulla missione esplorativa di mons. Matteo Zuppi, ci possiamo domandare a quale nuovo capitolo dovremo ancora assistere in questa “terza guerra mondiale a pezzetti”, per riprendere qui una formula utilizzata da Papa Bergoglio a ridosso dello scorso Natale.

 

di Andrea Ermano

 

Il conflitto in Ucraina si combatte tanto “sui media, soprattutto sui social, quanto sul terreno, ormai esteso perché il fronte è esondato in Russia”, scrive Paolo Garimberti sul Corriere del 6/6/2023. E nella contrapposizione “tra guerra e pace, il frastuono delle armi supera di gran lunga il bisbiglio delle preghiere dell’inviato di Francesco”. Perciò, è sempre più arduo “distinguere tra verità e menzogna, tra informazione e disinformazione”, conclude Garimberti. Dopodiché, la formula bergogliana sulla terza guerra mondiale a pezzetti va contestualizzata tra due dati, terribili, di cui non si parla abbastanza.

 

 

Da due mappe di Avery Koop sui conflitti in corso nel

mondo >>>  vai al sito Copyright © Visual Capitalist 2021

 

Il dato numero uno riguarda i morti e i feriti. Secondo l’intelligence USA –citata dall’agenzia Reuters nell’aprile scorso – sarebbero 35’500-43’000 i soldati russi morti; per l’Ucraina il bilancio ammonterebbe a 15’500-17’500 militari caduti; tra le due parti si conterebbero, inoltre, circa 280 mila combattenti feriti. Dunque i soldati russi o ucraini, uccisi o feriti fino a un mese e mezzo fa, sarebbero stati, secondo queste stime, oltre 340 mila. Nel frattempo la situazione non è certo migliorata. E si dovrebbero aggiungere al triste computo decine di migliaia di civili per un numero complessivo intorno ad almeno 400 mila morti o feriti.

    Il dato numero due sta nelle decine di conflitti armati attualmente in corso sul pianeta da noi abitato. Un vasto scenario di teatri bellici del quale una volta – ai tempi in cui dominava l’idea secondo cui lo stato “naturale” sarebbe la guerra – veniva a rappresentarsi il dramma dell’umanità divisa in due sfere d’influenza contrapposte, l’una guidata dal blocco sovietico, sotto il giogo dell’URSS, l’altra composta delle nazioni liberal-democratiche occidentali, capitanate dagli Stati Uniti d’America.

    Qualcosa nel frattempo è cambiato. L’Unione Sovietica, grande potenza vincitrice nella Seconda guerra mondiale, è crollata trent’anni fa insieme al Muro di Berlino; mentre gli USA, pur sconfitti nel Vietnam e costretti alla ritirata dall’Iraq, sono poi usciti trionfatori dalla Guerra fredda.

    L’antica contrapposizione – tra Occidente libero e Oriente dispotico, inaugurata dal conflitto tra Greci e Persiani, ma aggiornatasi fino ai giorni nostri nella concorrenza sistemica tra i super-ricchi USA-UE insidiati dai paesi del Brics, che incarnano il “secondo mondo”, configura uno schema rimasto simile a sé stesso dai tempi di Eschilo: “noi” rappresentiamo la democrazia, “loro” la tirannide… secondo una nostra sperimentatissima narrativa.

    Ma allora perché appare così bassa, in giro per il mondo, la reputazione di quel gran faro di civiltà occidentale che noi pur siamo o ci reputiamo essere? Se usciamo dall’Europa e dall’America settentrionale, apprendiamo che la maggior parte degli abitanti degli altri continenti ci detesta. Forse una spiegazione (non l’unica) per questo stato di cose si ha riflettendo sulla differenza tra la nostra prosperità e quella del resto, tutto quanto più povero, del mondo, stendendo un velo sul “perché” di tutto ciò.

    In generale, si potrà ribattere che i paesi terzi hanno migliorato sensibilmente le loro situazioni economiche. E che persino la ricchezza pro capite è cresciuta, nonostante il prepotente aumento della popolazione mondiale. Un vero miracolo, dicono gli esperti di queste cose, e però anche un fenomeno indubbiamente reale. Che tuttavia non chiarisce l’acredine dei paesi terzi verso di noi, la quale acredine deve dunque avere radici ben più profonde.

    Ma tale evoluzione spiega, almeno in parte, il tendenziale spostamento a destra dei ceti medi occidentali. Questi vedono, infatti, ridursi la disponibilità di risorse e di materie prime provenienti dalle ex colonie e non più fruibili, ormai, alle fin troppo vantaggiose condizioni di un passato che non tornerà, se non in forma pericolosamente onirica.

    Dopodiché, in Occidente, ognuno può liberamente sognare quel che gli va. Ma chi punti a una restaurazione di quel passato – e fosse pure nel nome dei più alti e sublimi ideali liberali – sarà ben consigliato, ad agire con la giudiziosa prudenza storica di un Erodoto. Perché? Perché – come narra il gran padre della storiografia antica – se Creso attraverserà il fiume rosso, un grande impero cadrà. E va da sé che Creso, di fronte a quella profezia, ritenne troppo velocemente che, passando quel fiume, l’impero destinato a cadere sarebbe poi stato l’impero… altrui.

 

Creso attende il rogo offrendo una libagione.

Anfora a figure rosse da Vulci (500-490 a.C.)

            

        

Politica

 

IL SINDACATO:

SOGGETTO INDISPENSABILE

 

Le organizzazioni sindacali sono un soggetto indispensabile per rendere operativi, concreti, tangibili i diritti dei cittadini. Ecco perché è fondamentale che i sindacati siano sentiti dal Governo e dal Parlamento prima delle riforme che sono necessarie dopo la svolta dell’Unione Europea.

 

di Giorgio Benvenuto

 

Il sindacato italiano ha una lunga tradizione riformista. Non è un agitatore. È stato un protagonista nel rafforzamento della democrazia, nella attuazione delle riforme sociali, nello sviluppo dell’economia, nella scelta europea.

    Il confronto, la partecipazione, il coinvolgimento dei lavoratori preventivo è fondamentale per la politica, per realizzare le riforme evitando le guerre per errore.

    Non dobbiamo dimenticare i cambiamenti in atto in Italia ed in Europa. È in atto un processo di terziarizzazione, con la scomparsa dell’operaio-massa, con la frammentazione delle figure professionali e quindi degli interessi, con la nuova flessibilità del lavoro attuata in modo esagerato, con l’estendersi dell’area del lavoro autonomo. La rapidità con cui questi processi vanno avanti è superiore alle previsioni e quindi è doppiamente preoccupante.

    A ciò si aggiunge il cambiamento nel comportamento dei lavoratori.

    C’è una emersione potente, anzi prepotente della soggettività. Prevale sempre di più una difficoltà delle persone ad aderire e a riconoscersi nei soggetti collettivi spesso vissuti come abiti troppo larghi o troppo stretti per essere indossati comodamente.

    Un altro cambiamento è dato dalla modifica degli orizzonti del potere economico: un potere che si sposta dalla sfera industriale a quella finanziaria, da quella nazionale a quella internazionale. Il mondo del capitale non ha più confini, e il sindacato, i partiti non hanno strumenti non dico per contrastarlo, ma neppure per controllarlo.

    A questi fattori planetari si aggiungono fattori propri della situazione italiana. Il primo è la frammentazione sociale, la ricerca da parte di tutti di valorizzare le proprie specificità, che ha portato alla caduta di alcuni valori, quelli della solidarietà. Il motto ora è “ognuno per sé”, Dio per tutti.

    Un altro fattore di difficoltà è dato dalla crisi della sinistra.

    Non voglio riaprire un fronte supplementare di polemiche, ma con la sincerità dell’analisi impietosa che siamo costretti ad applicare a noi stessi e agli altri dobbiamo dire che l’incertezza, la perdita di bussola della sinistra si ripercuote nel sindacato, spingendolo ad essere altalenante, oscillante, diviso, cadendo di volta in volta nella trappola del “più uno” nella rincorsa ai movimenti.

    Si corre il rischio di non saper scegliere o di dividersi tra la professionalità e l’egualitarismo, tra il movimentismo e il compatibilismo, tra il sindacato di lotta e quello di governo.

    Il cambiamento dell’economia ha incrementato una spietata concorrenza sui mercati secondo la legge “just in time” (primo vendere, poi produrre) e “della massima flessibilità”.

    Prevale, ormai, in Italia ancor più che in Europa una fortissima polarizzazione nell’economia e nel lavoro: da un lato le imprese “globaliste” che garantiscono ai lavoratori buoni stipendi e un’organizzazione del lavoro capace di riconoscere e valorizzare i talenti e la voglia di autonomia.

    Dall’altro lato esistono, resistono e si estendono aziende che il politologo Paolo Feltrin definisce efficacemente settori cayenna, (logistica e gig economy) nei quali non esistono diritti, le condizioni di lavoro rievocano lo schiavismo, il lavoro è “on demand”: (domanda e offerta vengono gestite online attraverso piattaforme e app dedicate).

    Ecco perché il ruolo del sindacato diventa decisivo. Occorre contrastare i tentativi in atto da tempo che cercano di rendere il sindacato ininfluente, spettatore delle disuguaglianze, impossibilitato ad intervenire.

    Non deve essere così. Il sindacato deve esigere la partecipazione e il coinvolgimento nelle aziende non lasciando al solo management i processi di riorganizzazione accrescendo sensibilmente le proprie competenze tecnico-operative di confronto sui contesti nei quali ci si trova ad operare e di counseling.

    Filippo Turati nel 1920 propose una legge organica per “rifare l’Italia” nella quale anticipava la richiesta di uno statuto per i lavoratori e di una democrazia nell’azienda per fare in modo che gli stessi tramite il sindacato fossero considerati come degli effettivi condomini.

    Bruno Buozzi aggiungeva sempre in quegli anni nel confronto con i datori di lavoro: “occorre resistere un minuto più del padrone conoscendo però almeno un libro più di lui”.

    È necessario per il sindacato oggi e domani avere più dialogo, più partecipazione, più competenza, più passione.

    Ma non basta, il sindacato deve essere anche combattivo per tutelare i lavoratori e eliminare i settori “cayenna” con una lotta inesorabile ai pseudoappalti, alle paghe da fame, allo sfruttamento.

    Il sindacato deve imporre il confronto e la partecipazione al processo in atto del cambiamento tecnologico. Si deve scongiurare anzi impedire il rischio di una polarizzazione del mercato del lavoro.

    La divisione del mondo del lavoro se non si interviene non sarà tra le sigle sindacali ma rischia di essere tra lavoratori “professionali” (capaci di stare nel mondo dell’Internet delle cose, dei big data e dei robot) e lavoratori “inermi” che possono rendere disponibile solamente la loro fatica fisica svolgendo mansioni semplificate e realmente usuranti. Cambia il mondo, deve cambiare anche l’azione del sindacato. (continua la lettura sul sito)

     

Da La Rivoluzione Democratica

www.rivoluzionedemocratica.it/

      

                    

L’Avvenire dei lavoratori

 

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economia

 

Maggiori rischi

per i derivati otc

 

L’ultimo bollettino della Banca dei regolamenti internazionali (Bri) di Basilea, con i dati del secondo semestre del 2022, proietta ombre oscure sull’andamento dei derivati finanziari otc. Essi, com’è noto, oltre a essere non regolamentati e tenuti fuori bilancio, segnano la febbre e i rischi per le banche too big to fail. 

 

di Mario Lettieri, già Sottosegretario all’economia (governo Prodi)

e Paolo Raimondi, Economista

 

Questa volta è il gross market value (valore lordo di mercato) degli otc a rivelare il problema. Nel secondo semestre del 2022 è cresciuto del 13% toccando i 20.700 miliardi di dollari. Un livello mai visto nei sei anni precedenti. Nelle poco comprensibili parole dei banchieri, questa enorme cifra sta a indicare “la somma di tutti i contratti derivati otc in essere, con valori di sostituzione positivi e negativi valutati ai prezzi di mercato prevalenti alla data di riferimento”. In altre parole, se al 31 dicembre 2022 tutti i contratti otc fossero stati chiusi, quella sarebbe stata la somma necessaria per saldare le differenze. 

    L’enorme crescita è dovuta ai derivati stipulati sull’andamento dei tassi d’interesse (interest rate derivatives, ird) e riflette la grande incertezza provocata dall’inflazione e dagli aumenti dei tassi da parte della Fed e della Bce.  È la stessa Bri a evidenziare il problema quando, spiegando il significato del gross market value, afferma che “i valori lordi di mercato forniscono informazioni sull’entità potenziale del rischio di mercato nelle transazioni in derivati e sul relativo trasferimento del rischio finanziario in atto”.

    Il gross market value degli ird denominati in euro è aumentato del 23% nella seconda metà del 2022, dopo un aumento del 37% nella prima metà. Quello degli ird in dollari è aumentato rispettivamente del 40% e del 30%. Poiché i tassi fissati oggi dalle banche centrali sono saliti sopra quelli prevalenti al momento della stipulazione dei contratti, il loro valore lordo di mercato è, quindi, aumentato.

    Ciò vuol dire che servono molti più soldi per coprire i contratti in scadenza o in difficoltà. Chi si trova in una simile situazione avrà bisogno di maggiore liquidità, per cui cercherà di far cassa vendendo degli asset in suo possesso, oppure pagherà con soldi presi in prestito a tassi molto salati. Tali comportamenti, ovviamente, influenzano negativamente i mercati. 

    Questo è il secondo effetto destabilizzante provocato dalla politica yo-yo delle banche centrali: prima tasso zero e tanta liquidità inflattiva e poi, con l’aumento dei tassi, la repentina e continuata chiusura delle bombole di ossigeno. Il primo effetto è stato la mina posta sotto i titoli, soprattutto quelli pubblici, venduti in passato a tassi bassi e oggi, dopo il rialzo dei tassi, non più rimunerativi.

    Nel secondo semestre 2022 il valore nozionale di tutti gli otc è, invece, rimasto quasi invariato, 618.000 miliardi di dollari, con un aumento di soli(!) 14.000 miliardi. Il valore nozionale è l’ammontare di tutti i derivati sottoscritti, una cifra enorme, quasi impensabile, che indica la dimensione della bolla in caso di collasso sistemico. I fautori della bontà dei derivati hanno sempre contrapposto il gross market value a quello nozionale, sostenendo che il secondo non rifletterebbe il vero rischio sottostante. Adesso, però, devono fare i conti con l’impennata del primo!

    Recentemente, sull’argomento l’International Swaps and Derivatives Association (ISDA) di New York ha tenuto una conferenza a Chicago. L’ISDA raccoglie tutti i partecipanti nel mercato dei derivati otc. Il resoconto ufficiale riporta che sono stati gli stessi operatori dei mercati sui derivati a dire che ci si dovrebbe preparare a nuovi eventi di stress per mancanza di liquidità, com’era avvenuto nel marzo del 2020 e con i fallimenti bancari delle settimane passate. “Sta per succedere qualcosa: il fattore scatenante potrebbe essere diverso, ma accadrà”, ha affermato un dirigente della Bank of New York Mellon. Un’analisi condivisa da molti partecipanti al convegno di Chicago. E anche il deflusso dei depositi dalle banche regionali statunitensi potrebbe continuare, come si prevede, poiché i clienti cercano rendimenti più elevati.

    È sconcertante il fatto che siano proprio gli operatori dei mercati a essere preoccupati sugli andamenti futuri. Purtroppo, le agenzie di controllo e le banche centrali sembrano rimasti sui libri di testo di economia del diciottesimo secolo! Oppure sono ammaliati dal feticcio del 2% d’inflazione annua.

       

       

da >>> TERZO GIORNALE *)

https://www.terzogiornale.it/

 

Corte dei conti,

la tracotanza del governo

 

Dopo il misfatto, di cui ora vi diremo, va segnalato l’intervento in difesa del governo del noto esperto Sabino Cassese, ridicolo ormai nel suo ruolo di controcanto del potere: “L’Italia” – ha detto – “ha bisogno di una riforma dei controlli: se ne fanno troppi, sono inefficaci, producono solo reazioni di inerzia e autodifesa dell’amministrazione”, e “servono frequentemente solo a soddisfare il desiderio dei controllori di aumentare la propria sfera di influenza”. Ipse dixit, benedicendo il misfatto. Ma vediamo meglio che cosa è realmente accaduto.

 

di Stefania Limiti

 

Nell’ambito di un decreto di riordino della Pubblica amministrazione, passato piuttosto inosservato, il governo, durante l’esame congiunto delle commissioni Affari costituzionali e Lavoro della Camera, ha fatto il suo blitz, presentando un emendamento che elimina i controlli “concomitanti” della Corte dei conti ai progetti finanziati nell’ambito del Pnrr: non avendo i comuni risorse per effettuare verifiche puntuali, si era pensato di usare la Corte dei conti per garantirle in progress, cioè evitando i controlli ex post che possono rallentare la macchina decisionale, se non mandare all’aria progetti mal fatti. Era un modo per snellire la macchina burocratica – ma niente: fedele alla sua filosofia del laissez faire, il governo preferisce dare soldi e poi chissenefrega, lo Stato deve essere impalpabile: perché questa, in sintesi, è la ratio del provvedimento.

    Dopo averlo negato qualche giorno prima, Giorgia Meloni non ha dunque resistito alla stretta sui controlli della Corte sulle spese del Pnrr, strada in parte aperta dal precedente governo Draghi con l’invenzione dello scudo erariale, che circoscrive le responsabilità penali dei funzionari ai soli casi di dolo o inerzia, non per colpa grave: il refrain usato in questo caso, oggi come ieri, è sempre quello della “paura della firma” che, in realtà, è una costruzione narrativa per giustificare l’allentamento dei controlli. Lo ha spiegato il presidente della Corte dei conti, Guido Carlino, ascoltato in audizione (chiamato dalle opposizioni nell’inutile tentativo di scongiurare la norma bavaglio infilata nel decreto): “I motivi per cui gli amministratori hanno il cosiddetto timore della firma non sono da ricercare in responsabilità amministrativa ma in confusione legislativa, la scarsa preparazione dei dipendenti stessi, gli organici ridotti all’osso”. Punto. Ma, si sa, le narrazioni sono più forti della realtà.

    Quanto accaduto è ben più di uno sgambetto: si tratta di una rottura della linea della separazione dei poteri imposta in modo brutale, cioè assumendo che la Corte dei conti sia un organo della Pubblica amministrazione, sebbene palesemente non sia così, collocata dalla Costituzione tra gli organi ausiliari dello Stato. (continua sul sito)

 

*) Terzo Giornale – La Fondazione per la critica sociale e un gruppo di amici giornalisti hanno aperto questo sito con aggiornamenti quotidiani (dal lunedì al venerdì) per fornire non un “primo” giornale su cui leggere le notizie, non un “secondo”, come si usa definire un organo di commenti e approfondimenti, ma un giornale “terzo” che intende offrire un orientamento improntato a una rigorosa selezione dei temi e degli argomenti, già “tagliata” in partenza nel senso di un socialismo ecologista. >>> vai al sito

       

   

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.collettiva.it

 

Cutro, Calabria, Italia

 

 

Mimmo Calopresti: «Racconterò la strage di Cutro». Il regista ha appena iniziato a girare in Calabria: «Dobbiamo recuperare quelle persone annegate. I loro ricordi, le loro storie, le loro vite».

 

di Gabriella Gallozzi

 

A tre mesi dalla strage di Cutro, nella quale hanno perso la vita 94 migranti, tra cui 35 bambini, nuovi dettagli emergono dall’inchiesta giudiziaria con tre finanzieri indagati. L’accusa è di omissione di soccorso. Una tragedia, insomma, che si sarebbe potuta evitare.

    A raccontarla sarà anche il cinema. Il cinema della realtà di Mimmo Calopresti. S’intitola Cutro, Calabria, Italia il nuovo documentario che il regista ha appena cominciato a girare in Calabria. Su quella stessa costa dove Pasolini nel 1964 girò Il vangelo secondo Matteo.

       

    

Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Elezioni europee

La Lega non aderisce al Ppe

 

In vista delle elezioni europee, la Lega non aderirà al partito dei Popolari europei. Matteo Salvini ha chiuso il dibattito sul tema, spiegando che un eventuale ingresso del suo partito nel gruppo al quale aderisce Forza Italia non è all’ordine del giorno.

 

di Salvatore Rondello

 

Nelle interviste rilasciate, il capo del partito di via Bellerio ha escluso una prossima adesione della Lega ai Popolari europei, possibilità di cui si parla da anni, quantomeno da prima delle scorse europee del 2019, ma che in realtà finora non è mai apparsa, da entrambe le parti, un’ipotesi realizzabile; malgrado essa venga vista con differenti sensibilità dai ‘big’ leghisti, mentre una parte dei dirigenti, come il vice segretario Giancarlo Giorgetti e i governatori Attilio Fontana e Luca Zaia si siano detti nel tempo a favore di un avvicinamento ai Popolari europei.

    Nel colloquio con un quotidiano trentino, Salvini esclude l’ipotesi di un ingresso nel Ppe ma conferma che intende “continuare a lavorare per un accordo tra tutti i partiti di centrodestra a Bruxelles, con l’obiettivo di rendere ancora più incisive alcune battaglie”.

    Salvini critica aspramente i popolari: “Negli ultimi anni abbiamo assistito all’asse tra Ppe e Socialisti: non credo piaccia agli elettori moderati di centrodestra. Il Ppe cosa pensa dell’utero in affitto, che io ritengo un abominio, oppure delle restrizioni al settore automotive, che mettono in ginocchio imprese e lavoratori europei? Di certo proprio perché ci sono temi determinanti che passano sui tavoli europei mi impegno affinché la Lega faccia pesare il proprio consenso”.

    L’altro tema che la Lega solleva è quello del Metropol. Per il secondo giorno, il quotidiano “La Verità” parla di una presunta ‘macchinazione’ mediatica sul caso per danneggiare politicamente Salvini.

    Il caso riguarda i presunti tentativi di trattativa, all’Hotel Metropol di Mosca nell’ottobre 2018, tra il presidente dell’associazione Lombardia-Russia, Gianluca Savoini, l’avvocato Gianluca Meranda, l’ex bancario Francesco Vannucci e tre presunti intermediari russi su una compravendita di petrolio che, stando a un audio, avrebbe dovuto avere lo scopo di alimentare le casse della Lega. Ma le accuse di corruzione internazionale sono state archiviate da poco dalla Procura di Milano.

    Ora, “La Verità” ricostruisce contatti tra la stampa e uno dei presunti mediatori. Da via Bellerio si commenta: «La macchinazione contro la Lega organizzata al Metropol, diventata una clava per colpire uno dei principali partiti italiani prima delle ultime Europee, si fa sempre più grave e sconcertante con le nuove rivelazioni de “La Verità”: a questo punto è quanto mai necessario un intervento del Copasir».

    Silvio Berlusconi afferma: “Esprimo solidarietà all’amico Matteo Salvini per gli attacchi che è stato costretto a subire per anni a fronte di una singolare inchiesta conclusasi, come troppo spesso accade, in un nulla di fatto. So bene cosa significhi subire processi politici e mediatici intentati quando non si riesce a sconfiggere l’avversario nelle urne e si preferisce farlo con la macchina del fango e quella giudiziaria. Sono sempre stato certo dell’onestà di Matteo cui mi lega un rapporto di profonda e sincera amicizia”.

    Per quanto riguarda invece il dossier europeo, quella dettata da Salvini è la linea emersa dall’ultimo consiglio federale, il 29 maggio scorso, dove, dopo il confronto della prima riunione a inizio mese, il massimo organo esecutivo del partito ha dato pieno mandato a Salvini di avviare una serie di incontri a 360 gradi in vista delle Europee del 2024 con la seguente motivazione: “L’auspicio è costruire un centrodestra alternativo alla sinistra, così come avvenuto in Italia e nelle recenti elezioni amministrative in Spagna”.

    Quindi, no all’ingresso nel Ppe, ma comunque dialogo a 360 gradi. A Strasburgo, la Lega aderisce al gruppo sovranista “Identità e Democrazia” fondato insieme al Rassemblement national di Marine Le Pen di cui fanno parte anche i tedeschi del partito di estrema destra AfD.

    Un tentativo di creare un maxi-gruppo di centrodestra fu già avviato da Salvini nella primavera del 2021, con una serie di incontri avviati con i polacchi del Pis – nei “Conservatori europei” (ECR), insieme a Giorgia Meloni – e con il primo ministro ungherese Viktor Orban, che poi fu costretto a lasciare il PPE.

    Il tentativo di dar vita al maxi-gruppo si interruppe dopo pochi mesi, anche per la contrarietà di Meloni, non disposta a perdere la guida dell’ECR. Nell’intervista al quotidiano trentino, Salvini ‘blinda’ la ricandidatura del leghista Maurizio Fugatti in Trentino Alto Adige. Infine, parla di Pnrr e riforme spiegando: “A me piace l’idea del premier eletto direttamente dagli italiani con la sfiducia costruttiva per evitare inciuci e governi contrari alla volontà popolare come troppe volte successo in passato”.

    Appare chiaro che il governo di centrodestra della Meloni, a Bruxelles è diviso in tre. Da una parte la Lega che aderisce al gruppo sovranista “Identità e Democrazia” (con chiare connotazioni razziste), Fratelli d’Italia che aderisce all’ECR, capeggiato dalla Meloni, e infine Forza Italia che aderisce al PPE. Posizioni politiche spesso inconciliabili tra loro. Pertanto, il governo della Meloni, se è uno in Italia, diventa trino in Europa. Mistero della fede?

       

                

Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

SegnalazionE

 

Firenze, giovedì 15 giugno 2023, ore 17

Casa di Dante (Circolo degli Artisti)

Piazza S. Margherita 1/R

 

Presentazione del libro

 

DELL’ULTIMO ORIZZONTE

Interlinea Edizioni 2023

 

 

di Luigi Fontanella (Harvard, Emeritus, Stony Brook University)

 

intervengono: Sauro Albisani e Sergio Givone

       

 

Da CRITICA LIBERALE

riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

Il sommario del n° 130 di

NonMollare

scarica il pdf di “NONMOLLARE” cliccando qui

 

l’osservatore laico
4. carlo troilo, italia e laicità dello stato
la biscondola
5. paolo bagnoli, scomposta fame di potere
risorgimento liberale
7. antonio caputo, per l’unità d’Italia: no al regionalismo differenziato (e sanitario)
la vita buona
8. valerio pocar, un’astuta narratrice di frottole
res publica
11. riccardo mastrorillo, contro le liste civiche
13. angelo perrone, la solitudine di elly schlein
cosmopolis
16. ettore maggi, una piccola vittoria – la nuova affermazione di un autocrate
lo spaccio delle idee
18. sergio lariccia, l’indipendenza della corte dei conti e dei suoi giudici
manifesto
26. la sinistra italiana e il rifiuto dell’occidente, daniele bonifati – ettore maggi
32. comitato di direzione
32. hanno collaborato
4-6. bêtise
 
       

   

L’Avvenire dei lavoratori

 

Visita il BLOG dell’ADL curato da Tiziana Stoto (KOLORATO)

     

                                        

Su Radio Radicale

https://www.radioradicale.it/

 

Senza sinistra

 

Presentazione della nuova edizione del volume “Senza

sinistra” di Gianni Borgna edito da Castelvecchi

 

Gianni Borgna

 

Al dibattito, organizzato a Roma lunedì 5 giugno 2023 da Castelvecchi Editore, sono intervenuti: Ivana Della Portella (storica dell’arte, già presidente Zètema), Miguel Gotor (professore di Storia moderna all’Università di Torino), Giacomo Marramao (direttore scientifico della Fondazione Lelio e Lisli Basso – Issoco), Marta Bonafoni (consigliera della Regione Lazio, Partito Democratico).

       

      

NUOVO saggio DI fERRARA E pLANETTA

sulla questione europea

 

NEXT UE – A NEW POWERTRAIN

 

L’Europa, l’Eurozona, la Nato: un tripode istituzionale che sta mostrando i suoi limiti. Mentre i Paesi che ne fanno parte sono in profonda sofferenza. Il volume curato da Aldo Ferrara ed Efisio Planetta “Next UE. A New Power­train” avanza una serie di proposte di modifica del Trattato sul­l’Unione eu­ropea (TUE) e del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

 

L’indicazione è chiara: l’Europa deve essere più vicina ai suoi cittadini.

Non si può non prendere le mosse dal Manifesto di Ventotene, in origine intitolato “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto”, scritto da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi nel 1941, ma con l’intervento redazionale decisivo di Eugenio Colorni, che ne scrisse la prefazione. Con assai minore pretesa, il volume traccia un possibile cambio di passo dell’UE in senso federalista Regionale, recependo il progetto di Altiero Spinelli ma consacrandolo in una versione regionalistica e federativa, l’unica che al momento possa soddisfare i bisogni, le idealità e le attese dei popoli regionali europei. Visione che si intreccia con quella socialista.

    L’Europa si trova di fronte a sfide epocali come la transizione energetica in assenza di una maturata programmazione, significa mettere a dura prova i trasporti commerciali e non, e a rischio di compromettere la capacità produttiva del Continente il cui sviluppo è stato affidato solo a processi energivori incontrollati.

    L’Europa è tuttora squassata dalla questione irrisolta delle migrazioni, ambientali ed economiche su cui non ha saputo trovare un accordo politico. Un’occasione perduta per dare omogeneità di risposta sul futuro demografico e politico-economico. Questione che va affrontata come avvenne per le Minoranze linguistiche, etniche e religiose.

    Nell’Europa di oggi cova la cenere, più subdola e surrettizia, delle istanze regionali che da più parti, Scozia, Cataluna, Sardegna, Irlanda, Paesi baschi possono esplodere da un momento all’altro.

    La proposta del libro pubblicato da Ferrara e Planetta (per i tipi di “aracne”, con testi di Giuliano Pisapia e Felice Besostri) è quella “idonea a far uscire il Continente dall’impasse in cui si è cacciato per voler perseguire solo una politica monetaria, consolidare il bilancio commerciale, creare un’area ottimale valutaria ma trascurando la politica estera e la difesa comune e soprattutto le giuste rivendicazioni che dal suolo delle Regioni si levavano e si levano tuttora inascoltate, neglette, additate di irrealistiche rivendicazioni e soprattutto tacciate di richiamo all’insurrezione solo perché contrarie al pensiero unico europeo.”

    Una proposta utile per comporre le istanze regionali, le necessità commerciali e di sviluppo sui mercati globali, le istanze di libero scambio su base regionale anziché statale con un’articolazione di Europa regionale.

    Delle tante problematiche europee, ne abbiamo scelte due che sono emerse quali ineludibili e non suscettibili di attese:

    – Rivisitazione giuridica delle Minoranze;

    – Proposta di una maggiore presenza delle Regioni in Europa, come già previsto dai Trattati e dalla nostra Costituzione.

    1)   Tutelate da numerosi Convenzioni e Dichiarazioni a far tempo da quella di New York del 1948, oggi è lo stesso concetto di minoranza che trascende ed esula dalla sua tradizionale classificazione in base all’etnia, religione e lingua. Se in Europa contiamo aree di sofferenza, da cui sorgono spinte autonomistiche, lo dobbiamo non solo al gap minoritario linguistico, religioso, culturale ed anche etnico, ma a quello sociale ed economico-finanziario, in specie in aree verso le quali l’attenzione della rispettiva nazione risulta poco efficace o efficiente.

    Intendendo superate le conclusioni della Commissione di Venezia Presieduta dal Prof. Capotorti, non bastano più i concetti di “non discriminazione”, limitata alla garanzia dei diritti e neanche di “protezione” che presuppone misure speciali. Riferendoci, poi, a Gustavo Zagrebelski, non bastano neanche più i concetti di separazione, integrazione e interazione se non si pone rimedio al gap socio-economico delle minoranze stesse le quali necessitano di ulteriore classificazione e inquadramento al di fuori dei concetti classici di lingua, religione ed etnia.

    2)   Il nodo su cui insiste la sofferenza delle Regioni europee è quello economico a dispetto della piena realizzazione dell’OCA (Optimal Currency Area). Nel 2002 nasceva l’euro con la precisa politica di istituire cambi fissi e rendere ottimali gli scambi commerciali, con l’adozione della moneta unica, nell’intera area europea. Per quanto nobile fosse l’obiettivo di arrivare alla perequazione della inflazione e riduzione della disoccupazione, il tragitto si rivelò assai più arduo di quanto previsto. Le disuguaglianze sulla produttività economica sono state ben visibili, tragicamente emerse durante la pandemia e tendono ad accrescersi per incipienti future possibili crisi finanziarie. Ne è derivata una proposta, perfettibile, da sottoporre a verifiche e dibattiti, ossia quella dell’Economia Interdipendente Sinergica tra Regioni affini per produttività e con scambi commerciali secondo il principio della proporzione dei fattori (Hecksher-Ohlin-Samuelson), modello matematico binario di equilibrio economico generale applicato alle Regioni con pluralità incrementale e moltiplicatore del reddito.

      Questi i temi affrontati nella consapevolezza che altre tematiche vanno approfondite sempre nel segno dell’unicità della valenza europea, ormai indiscussa forma di governo sovranazionale. Buona lettura!

         

      

NOMINE

 

Ricciardi (PD): “Insieme a Elly Schlein

per un’alternativa forte e credibile”

 

Lo storico Toni Ricciardi, docente di storia delle migrazioni presso l’Università di Ginevra e segretario nazionale del PD Svizzera, eletto Deputato alla Circoscrizione Estero (Europa), è stato eletto vicepresidente del Gruppo parlamentare del PD alla Camera dei Deputati.

 

 

“Spero di esserne all’altezza”, è stato il misurato commento di Ricciardi su Facebook. Il 20 maggio scorso al Coopi di Zurigo Toni Ricciardi era stato insignito del Premio Ettore Cella-Dezza 2023: “Cercherò di meritarmi questo grande onore”, aveva detto, con una modestia, che ci è apparsa autentica. Qualità rara nell’odierno panorama politico-parlamentare italiano.

    Ieri Ricciardi, in seguito all’elezione, ha ringraziato la Coordinatrice del PD Chiara Braga e le/i colleghe/i colleghi del Gruppo: “È un segnale importante per le cittadine e i cittadini italiani residenti all’estero e per il Mezzogiorno”.

    Il PD nei prossimi mesi dovrà affrontare in Parlamento “dossier importanti, a partire dalla devastante riforma sull’autonomia differenziata che rischia di spaccare in due il Paese”, sostiene Ricciardi.

    Sul suo post il parlamentare ha pubblicato questo endorsement: “Lavoriamo insieme alla segretaria Elly Schlein per costruire un’alternativa forte e credibile nelle aule e nel Paese”.

       

     

L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

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Da Anbamed, notizie dal

Sud Est del Mediterraneo

 

Clamoroso calo della lira turca

 

Crollo della lira turca nei confronti del dollaro,

per il mancato sostegno della Banca centrale.

 

La lira turca ha subito ieri un calo del 7% nel cambio con il dollaro, rispetto al giorno precedente. È il calo più alto in assoluto, portando il cambio a 22,80 per un dollaro. La causa del crollo è spiegata dal mancato sostegno della Banca centrale turca, che nella fase preelettorale, dall’Ottobre 2022 al maggio ’23, ha immesso nel mercato valutario oltre 30 miliardi di dollari per sostenere la lira. Subito dopo la vittoria di Erdogan è cessata questa iniezione artificiale del mercato e la lira è crollata, provocando di conseguenza innalzamento dei prezzi.

       

   

Riceviamo e segnaliamo

 

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Riceviamo e segnaliamo

 

PICCAIA

FIBONACCI A VARESE

 

 

IN AMBEDUE SONO!

Mostra diffusa di Giorgio Piccaia

A cura di Melania Rocca

 

Spazio Arte IFC /UnipolSai

dall’8 giugno al 31 luglio

Piazza Monte Grappa 12

Mostra “Piccaia/ Fibonacci a Varese. In Ambedue Sono!”

Inaugurazione giovedì 8 giugno alle 18,30

Orari: da lunedì a venerdì 9.00/12.30 e 14.30/18.00 – sabato 9.00/12.00.

        

 

L’Avvenire dei lavoratori

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

 

L’Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigra­zione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del “Centro estero socialista”. Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall’Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all’estero, L’ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mon­diale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l’Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L’ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l’integrazione dei mi­gran­ti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all’eclissi della sinistra italiana, diamo il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appar­tiene a tutti.

 

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