LA SETTIMANA DEI MERCATI (10-14 luglio 2023) – Il commento di Mark Dowding, Fixed Income CIO di RBC BlueBay

 

La settimana dei mercati – Mark Dowding, Fixed Income CIO, RBC BlueBay AM

Il mondo diventa più caldo, ma almeno l’inflazione inizia a raffreddarsi

 

In sintesi

  • Sebbene i buoni risultati del CPI statunitense abbiano sostenuto i mercati, l’inflazione rimane troppo elevata e sono probabili ulteriori rialzi dei tassi
  • Il fatto che l’inflazione sembri tornare verso il target è stato un catalizzatore di maggiore ottimismo
  • Osservando la curva dei Treasury statunitensi, i mercati hanno pienamente scontato un sostanziale allentamento monetario nel 2024
  • Nel Regno Unito, l’economia sta rallentando e la politica monetaria sta iniziando a fare sentire i suoi effetti
  • Guardando avanti, sembra che l’attenzione dei mercati inizierà a distogliersi dai dati per tornare alle banche centrali

(10-14 luglio 2023) Un’ulteriore lettura benigna del CPI negli Stati Uniti ha rallegrato i mercati durante la scorsa settimana, rinnovando le speranze che il ciclo di stretta monetaria presto inizierà a invertire la rotta. Una diminuzione della crescita dei prezzi di base dal 5,3% al 4,8% sarà sicuramente accolta con favore dalla Federal Reserve, tuttavia, vale la pena notare che l’incremento dello 0,2% di questo mese fa seguito a sei mesi consecutivi di aumenti mensili al ritmo dello 0,4%.

 

In questo contesto, l’’inflazione rimane troppo alta e i dati non dissuaderanno il FOMC dal procedere con l’aumento dei tassi questo mese, notando che il rapporto sul mercato del lavoro della scorsa settimana non ha mostrato segni di rallentamento dell’economia. Tuttavia, dal punto di vista psicologico, abbiamo visto in diverse occasioni nel 2023 come gli operatori sui mercati siano stati entusiasti di aggiungere durata in seguito a buone notizie.

 

Di conseguenza, l’idea che l’inflazione sembra essere in fase di ritorno verso l’obiettivo ha suscitato un aumento dell’ottimismo. Gli investitori, interpretando che le pressioni sui prezzi stanno diminuendo più rapidamente rispetto al ritmo dell’attività economica, hanno anche nutrito speranze che un atterraggio morbido per l’economia sia ancora possibile. Questo ha sostenuto sia i mercati azionari che gli spread creditizi. Tuttavia, tra l’entusiasmo, riteniamo che sia opportuno mettere in discussione la sostenibilità di queste evoluzioni.

 

Osservando la curva dei Treasury statunitensi, è importante notare che continua a muoversi in modo direzionale. Ciò significa che in un mercato rialzista, ci si aspetta che la curva si inclini verso l’alto, con un rally guidato dalla parte iniziale, mentre si appiattisce se i rendimenti aumentano. Pertanto, nel valutare la possibilità di un calo dei rendimenti statunitensi, è interessante esaminare la valutazione del punto a due anni della curva.

 

In questo contesto, se viene scomposta utilizzando le proiezioni dei tassi, si può osservare che con un rendimento prevalente sui titoli a due anni di circa il 4,65%, si ottiene una valutazione a termine di circa il 4,05% su una base forward a 1 anno. In altre parole, poiché si prevede che i tassi di interesse cash nel breve termine raggiungano un picco intorno al 5,5%, i mercati hanno completamente scontato un sostanziale allentamento monetario nel 2024, con tassi di interesse cash che si prevede scenderanno al di sotto del 4% entro la fine dell’anno prossimo.

 

Queste proiezioni forward sono state costantemente prezzate a un livello inferiore rispetto alle previsioni della Fed negli ultimi mesi, dimostrando la sottostante predisposizione rialzista incorporata nei mercati dei tassi. Da questo punto di vista, riteniamo che un rally sostenuto dei titoli di Stato richieda la convinzione che i tassi saranno ancora inferiori e, al momento, è difficile sentirsi troppo sicuri nel fare questa previsione.

 

Prevediamo che l’inflazione si attenuerà a circa il 3% quest’anno, ma sarà probabilmente difficile tornare all’obiettivo del 2% della Fed, a meno che non si verifichi un indebolimento significativo del mercato del lavoro negli Stati Uniti e una diminuzione dei consumi negli Stati Uniti.

 

Tuttavia, dato che l’attività economica rimane vivace e il mercato del lavoro è storicamente in tensione, non vediamo motivo per cui la Fed debba affrettarsi ad allentare la politica monetaria, soprattutto considerando i mercati azionari e del credito in rialzo e un dollaro più debole che contribuiscono a migliorare le condizioni finanziarie. Alla fine, continuiamo a prevedere che gli effetti ritardati delle precedenti strette monetarie raggiungeranno l’economia nei prossimi trimestri.

 

Di conseguenza, si può concludere che la valutazione forward dei tassi statunitensi non si discosta in modo significativo dal fair value. Da questo punto di vista, riteniamo che i tassi statunitensi si trovino in un contesto di trading in un range più tattico, come è stato il caso sin dall’inizio del 2023.

 

Dal punto di vista dei tassi, il mercato che ci ha interessato di più di recente è stato quello del Regno Unito. Qui siamo più fiduciosi nel prevedere un rallentamento dell’economia nei prossimi mesi, poiché i ritardi più brevi nella trasmissione della politica monetaria significano che gli aumenti dei tassi passati stanno iniziando a farsi sentire, con un numero crescente di mutuatari ipotecari che avvertono problemi via via che i tassi fissi bassi passati si riallineano a livelli molto più alti.

 

Inoltre, la Bank of England guidata da Bailey continua a trasmettere un messaggio più accomodante rispetto ad altre banche centrali con cui ci confrontiamo, sembrando riconoscere i limiti di ciò che la politica monetaria può ottenere, basandosi sull’affermazione che gran parte dell’attuale inflazione è stata il risultato di uno shock sul lato dell’offerta.

 

Sembrerebbe anche esserci una maggiore comprensione del fatto che far ricadere tutti i problemi legati alla lotta all’inflazione su un ristretto numero di famiglie che hanno un mutuo ipotecario non è ottimale, e che si potrebbe ottenere un risultato più equo modificando la politica fiscale insieme alla politica monetaria, al fine di limitare l’eccesso di tassi.

 

Questo punto sembra essere stato compreso da Sunak e Hunt, ma non da gran parte del Partito Conservatore britannico. Tuttavia, esiste il rischio che i Tory premano nuovamente il pulsante di autodistruzione e cerchino un cambio di Premier, mentre si avvicinano a una sconfitta elettorale alla fine dell’anno prossimo.

 

A parte questo, riteniamo che il picco dei tassi nel Regno Unito sarà inferiore a quanto attualmente previsto dai mercati e abbiamo individuato valore nella parte iniziale della curva dei tassi del Regno Unito, basandoci sulla view che i tassi di base arriveranno al 5,75% alla fine del 2023, ben al di sotto del 6,25% attualmente previsto.

 

Scorsa settimana i mercati europei sono stati più tranquilli, prendendo spunto dai movimenti degli Stati Uniti. Nel frattempo, un dollaro più debole ha fatto salire l’euro sopra 1,10 dollari, con il tasso di cambio che ora si attesta sulla media degli ultimi cinque anni. Un euro più forte dovrebbe contribuire a moderare l’inflazione, anche se ci chiediamo fino a che punto questa tendenza possa proseguire.

 

Da inizio anno l’economia europea ha registrato una performance inferiore rispetto agli Stati Uniti, con gli ultimi due trimestri che hanno segnato una recessione tecnica nella zona euro, con dati consecutivi che registrano uno -0,1% su base trimestrale. Riteniamo che i prossimi trimestri saranno più incoraggianti, aiutati dai prezzi energetici più bassi e dagli effetti dei piani di stimolo fiscale precedentemente annunciati.

 

Manteniamo una visione abbastanza negativa sulle prospettive della Cina, nonostante le ultime misure di allentamento, e questo continuerà a tenere bassa la domanda di export dell’Unione Europea. Da questo punto di vista, sembra che all’euro manchi un impulso significativo derivante da differenziali di tassi favorevoli, differenziali di crescita o una valutazione conveniente, che lo spingerebbe verso 1,20 dollari.

 

In Giappone, i dati sui salari più alti di giugno hanno portato  a un aumento dei rendimenti dei bond giapponesi dai minimi. Il governatore della BoJ, Ueda, ha precedentemente citato la deludente crescita dei salari come ragione per posticipare la normalizzazione della politica monetaria. Di conseguenza, le notizie positive sui salari hanno contribuito ad alimentare le speculazioni su un possibile adeguamento alla politica di YCC (controllo della curva dei rendimenti) durante la riunione di luglio.

 

Questa idea è stata rafforzata anche dai commenti del vicegovernatore Uchida, che sembra aver ammesso che una politica monetaria super accomodante abbia favorito la debolezza dello yen a livelli sottostimati. Di conseguenza, il tasso di cambio rispetto al dollaro è sceso da un massimo di 145 a livelli inferiori a 139. Durante la riunione di politica monetaria del 28 luglio, verranno aggiornate le previsioni di inflazione trimestrali e siamo inclini a pensare che ci sarà una revisione al rialzo delle previsioni di inflazione per il 2023 e il 2024, il che darà un pretesto per un cambiamento di policy.

 

In questo senso, i cambiamenti di politica monetaria durante le riunioni trimestrali sono più probabili rispetto alle riunioni intermedie. Pertanto, avevamo supposto un cambiamento di politica ad aprile, poco dopo l’inizio del mandato di Ueda. Tuttavia, da un confronto con la Bank of Japan, è emerso un ceto grado di preoccupazione per le conseguenze della crisi di SVB negli Stati Uniti e per l’impatto che potrebbe avere in termini di rischio recessione.

 

Ora sembra che quelle paure siano state sopite; nel frattempo, il differenziale dei tassi tra il Giappone e i mercati esteri è continuato a crescere. Sulla base di ciò, riteniamo che ci siano elementi per vedere un cambiamento di politica da parte della BoJ questo mese e prevediamo che le tendenze verso rendimenti più alti e uno yen più forte potrebbero persistere in vista della riunione tra due settimane.

 

In altri contesti, è stato interessante vedere la Turchia avvicinarsi agli alleati della NATO, consentendo ai comandanti ucraini dei battaglioni Azov di tornare in Ucraina, annunciando un piano per scortare le spedizioni di grano nel Mar Nero e aiutando l’Ucraina ad avere droni per uso militare. Questi passi hanno irritato la Russia, e hanno reso evidente che la Turchia ha deciso di schierarsi, forse arrivando alla conclusione che la posizione della Russia è destinata a indebolirsi ulteriormente.

 

Dopo le elezioni, Erdogan si è anche mostrato più disposto a tornare verso politiche più mainstream e questo ha contribuito a un miglioramento del credito, anche se prevediamo che la lira continui a indebolirsi ulteriormente, consentendo un avvicinamento a una valutazione di mercato equa, in assenza di interventi. Gli asset russi non sono oggetto di scambi a causa delle sanzioni, ma nelle ultime settimane il rublo è stato sotto pressione, superando quota 100 rispetto all’euro.

 

La ratifica dell’adesione della Svezia alla NATO nella scorsa settimana dimostra ancora una volta come la guerra di Putin abbia ottenuto l’effetto opposto a quello voluto dal Cremlino. Per quanto riguarda l’Ucraina stessa, non dovrebbe sorprendere che non sia ammessa nell’Alleanza durante un conflitto. Tuttavia, il sostegno sembra saldo e continuiamo a prevedere che in una prospettiva futura, l’Ucraina possa ottenere l’adesione sia all’UE sia alla NATO entro un periodo di 5-7 anni.

 

Guardando al futuro

Sembra che ora l’attenzione dei mercati si sposti dai dati alle banche centrali. A due settimane dalle riunioni, i funzionari hanno un’ultima possibilità di condividere le loro opinioni, prima che inizino i periodi di blackout autoimposti.

 

Tuttavia, prima di arrivare alle riunioni delle banche centrali, la prossima settimana saranno pubblicati i dati sull’inflazione nel Regno Unito e in Giappone, che saranno oggetto di particolare attenzione da parte nostra, date le rispettive posizioni lunghe e corte nei due mercati.

Guardando agli indicatori di volatilità del mercato, il VIX, a 13,5, continua a scambiare vicino ai minimi post-pandemia. Tuttavia, al momento c’è molto da discutere e da decidere in merito allo scenario macro e non manca l’incertezza sulla posizione dei mercati tra sei mesi.

 

Ciò che sembra meno discutibile è che il 2023 si prospetta come l’anno più caldo nella storia del pianeta. Mantenersi calmi ed equilibrati potrebbe essere qualcosa su cui riflettere durante i mesi estivi.

 

RBC BlueBay Asset Management, parte di RBC Global Asset Management (la divisione di asset management di Royal Bank of Canada), offre servizi e soluzioni di gestione degli investimenti a livello globale nelle aree EMEA e APAC. Caratterizzati da una forte esperienza negli investimenti azionari attivi e da una piattaforma di investimenti obbligazionari (BlueBay), disponiamo delle dimensioni e della capacità necessarie per generare risultati che soddisfino gli obiettivi degli investitori, compreso quello di integrare i fattori ESG in tutte le strategie di investimento.

Con 412 miliardi di dollari di asset in gestione a livello globale (al 31/03/23), l’ampiezza delle nostre competenze per asset class, l’approccio collaborativo e l’impegno per l’eccellenza del servizio assicurano agli investitori di essere ben posizionati per beneficiare delle opportunità di investimento in tutte le asset class e aree geografiche.

Mark Dowding, Fixed Income CIO, RBC BlueBay Asset Management

Mark Dowding, con oltre 25 anni di esperienza nel mondo degli investimenti, è in BlueBay dal 2010. In precedenza è stato Head of Fixed Income per l’Europa in Deutsche Asset Management, ruolo che aveva già ricoperto in Invesco. Ha iniziato la sua carriera come gestore obbligazionario in Morgan Grenfell nel 1993, dopo la laurea in Economia all’Università di Warwick.

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