Schroders – Messico vs Cina: chi vincerà la sfida della deglobalizzazione?

Buongiorno,

di seguito e in allegato invio un commento sull’economia del Messico che, a differenza della Cina, dovrebbe beneficiare del nuovo regime del commercio globale, in particolare del nearshoring negli USA. Il commento è a cura di David Rees, Senior Emerging Markets Economist, Schroders.

Con l’occasione, ricordo che Schroders, fondato nel 1804, quotato alla Borsa di Londra dal 1959 e parte dell’indice FTSE 100, è uno dei principali gruppi finanziari globali, con un patrimonio gestito e amministrato pari a €846,1 miliardi (al 30.06.2023).

Un caro saluto,

Massimo Morici

 

 

 

Schroders – Messico vs Cina: chi vincerà la sfida della deglobalizzazione?

 

A cura di David Rees, Senior Emerging Markets Economist, Schroders

 

Sebbene i risparmi in eccesso si siano esauriti e i tassi d’interesse siano molto più alti, i consumi statunitensi hanno continuato a crescere a tassi accettabili. La prospettiva di una ripresa dei consumi ci consente di sostenere che le scorte sosterranno una ripresa del ciclo globale dei beni nei prossimi mesi.

 

Nel breve periodo le catene di approvvigionamento non cambieranno

 

Questa dovrebbe essere una buona notizia per i mercati emergenti orientati alle esportazioni. La spinta alle esportazioni di prodotti manifatturieri è un potenziale punto di forza della tormentata economia cinese. Tuttavia, non è una certezza. I consumi statunitensi, infatti, pur rimanendo solidi, non si sono riversati sulla Cina come in passato. Infatti, nonostante un recente miglioramento, le importazioni statunitensi dalla Cina si sono contratte di quasi il 25% su base annua a luglio.

Invece, la domanda di beni dal vicino Messico ha continuato a crescere su base annua. Da tempo sosteniamo che il crescente divario tra Stati Uniti e Cina, esacerbato dalle interruzioni durante la pandemia, implicherà un probabile spostamento delle catene di approvvigionamento globali. In effetti, la deglobalizzazione è uno dei pilastri di quello che chiamiamo il “Reset 3D” (Deglobalizzazione, Decarbonizzazione, Demografia) e la tendenza al nearshoring, cioè al riavvicinamento delle catene di approvvigionamento da parte di Paesi come gli Stati Uniti, ne costituisce una parte fondamentale.

 

Il Messico ha superato la Cina per la prima volta dall’inizio degli anni Duemila, diventando il primo esportatore di beni negli Stati Uniti. A luglio, il Messico deteneva una quota pari a circa il 15% delle esportazioni verso gli Stati Uniti, mentre la quota della Cina era scesa al 14,6% da un picco di quasi il 22% nel marzo 2018.

Sebbene non siano così dinamici come in Asia, il settore manifatturiero e i mercati messicani dovrebbero trarre beneficio da un eventuale riorientamento della produzione verso gli Stati Uniti.

 

Nonostante si sia tentati di concludere che stiamo già assistendo a un tale cambiamento di regime nelle catene di approvvigionamento globali, almeno tre fattori suggeriscono che la Cina beneficerà ancora di un’eventuale ripresa del ciclo dei beni nei prossimi mesi.

 

La guerra in Ucraina, il Covid e le tariffe doganali

 

In primo luogo, mentre la Cina ha registrato una performance inferiore, vale la pena notare che, nell’ultimo anno, le importazioni nominali statunitensi dall’Asia sono state deboli in tutti i settori. Ciò riflette in gran parte gli effetti sui prezzi, in quanto le forti oscillazioni dei prezzi dell’energia dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sono state eliminate dai dati economici in entrata.

 

Così come il calo delle componenti energetiche ha contribuito alla diminuzione dell’inflazione globale negli ultimi mesi, anche le esportazioni nominali sono state trascinate al ribasso, poiché le fluttuazioni dei prezzi alla produzione e dei costi di trasporto sono state trasferite ai consumatori. In effetti, è da notare che, nonostante l’importazione netta di petrolio, la crescita delle esportazioni nominali della Cina si è storicamente mossa di pari passo con le variazioni dei prezzi dell’energia.

Al di là di questi effetti sui prezzi, vale la pena notare che le esportazioni asiatiche sono cresciute in termini di volume. Al contrario, il controllo dei prezzi imposto dal governo attraverso le compagnie energetiche statali ha fatto sì che le oscillazioni dei costi energetici fossero meno forti in Messico e che ora abbiano un effetto meno frenante sul commercio nominale.

 

In secondo luogo, i cambiamenti dei consumi statunitensi hanno diminuito la richiesta di importazioni. Mentre la fase iniziale della pandemia e le successive chiusure hanno concentrato la domanda sul settore dei beni, la riapertura dell’economia statunitense ha liberato la domanda repressa di servizi che dipendono molto meno dai beni importati.

 

Sebbene anche gli esportatori messicani abbiano dovuto affrontare gli stessi problemi, hanno beneficiato delle forti esportazioni di autoveicoli. Anche le esportazioni di auto dall’Asia sono andate bene, in particolare grazie all’emergere della Cina come produttore chiave di veicoli elettrici. Ma ben pochi di questi prodotti sono destinati al mercato statunitense.

 

Terzo, e forse più importante, sembra che le aziende cinesi stiano dirottando le esportazioni attraverso paesi terzi per aggirare le tariffe doganali e le sanzioni imposte dal governo statunitense negli ultimi anni.

 

Questo fenomeno si può dedurre dal fatto che, mentre la quota di commercio bilaterale della Cina con gli Stati Uniti è diminuita, la quota del mercato globale delle esportazioni non è diminuita. Anzi, la quota di esportazioni globali della Cina è aumentata durante la pandemia e da allora è rimasta elevata.

 

C’è stata una certa diversificazione nel commercio cinese, ad esempio la quota di commercio con la Russia è molto più elevata dopo l’invasione dell’Ucraina. Ma la pura e semplice differenza nelle dimensioni della spesa per i consumi significa che un aumento delle esportazioni verso la Russia non può spiegare il fatto che la Cina abbia mantenuto la quota di mercato globale anche quando le esportazioni verso gli Stati Uniti sono diminuite.

Un’altra indicazione è che le esportazioni cinesi verso altri paesi asiatici e verso lo stesso Messico sono aumentate notevolmente negli ultimi anni, proprio mentre anche le importazioni statunitensi da questi paesi sono cresciute fortemente.

Bisogna notare che la bilancia commerciale della Cina con il Messico è aumentata di circa l’1% del Pil nell’ultimo periodo.

 

La Cina dovrebbe ancora beneficiare della ripresa del commercio di beni a livello globale

 

La Cina non è al sicuro dal reshoring. L’esplosione degli investimenti fissi lordi in Messico negli ultimi mesi, che rispecchia gli investimenti altrettanto significativi nelle strutture produttive statunitensi, suggerisce che le aziende stanno iniziando a rilocalizzare le attività produttive.

 

Tuttavia, mentre il Messico beneficerà del nuovo regime del commercio globale, il reshoring sarà un processo lento che richiederà anni. Nel frattempo, se abbiamo ragione nel prevedere una ripresa del ciclo globale dei beni, questo dovrebbe essere un catalizzatore positivo per l’economia cinese e per alcuni dei suoi mercati, in particolare per il renminbi che, quest’anno, si è fortemente indebolito ed è guidato in gran parte dal ciclo delle esportazioni.

 

(Commento in allegato)

 


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