T. Rowe Price – Azionario emergente: il rendimento varrà il rischio

Buongiorno,

di seguito e in allegato invio un commento che analizza l’andamento dei mercati azionari emergenti che potrebbero trovarsi in una buona posizione per ottenere risultati quando l’economia si riprenderà dalla recessione, a cura di Ernest Yeung, Portfolio Manager, Emerging Markets Discovery Equity Strategy, T. Rowe Price

Un caro saluto,

Massimo Morici

 

 

 

T. Rowe Price – Azionario emergente: il rendimento varrà il rischio

 

A cura di Ernest Yeung, Portfolio Manager, Emerging Markets Discovery Equity Strategy, T. Rowe Price

 

Il contesto economico globale è molto complesso: gli indicatori economici sono in allarme, la liquidità viene drenata dal sistema finanziario e i rendimenti dei mercati azionari si sono concentrati in aree specifiche. Anche i mercati emergenti hanno dovuto affrontare venti contrari che hanno ostacolato la loro performance. A ciò si aggiunge il fatto che la curva dei rendimenti si è invertita da oltre un anno, aumentando le prospettive di una recessione negli Stati Uniti.

A prima vista, quindi, potrebbe non sembrare il momento ideale per prendere in considerazione allocazioni in paesi emergenti, soprattutto in considerazione della loro dipendenza dal commercio globale e dalle esportazioni.

 

Tuttavia, riteniamo che stiano iniziando a formarsi fattori specifici per un’inversione di tendenza. Inoltre, se dovessimo assistere a una recessione breve o lieve, come previsto da molti economisti, i mercati emergenti potrebbero trovarsi in una buona posizione per ottenere risultati, dato che storicamente sono stati i primi beneficiari delle riprese economiche.

 

È probabile che i venti contrari si trasformino in venti favorevoli

Non c’è dubbio che negli ultimi anni i paesi emergenti abbiano registrato una performance negativa rispetto ai mercati sviluppati. Il dollaro forte, le tensioni geopolitiche, la deludente crescita degli utili e la riduzione del premio di crescita economica rispetto ai mercati sviluppati hanno pesato molto sul sentiment. Più di recente, anche le tendenze alla deglobalizzazione, con un maggiore protezionismo e l’on-shoring della produzione, hanno contribuito a limitare la crescita. Tuttavia, guardando più lontano, questi stessi venti contrari potrebbero diventare potenziali venti favorevoli nel corso delle prossime fasi del ciclo economico e azionario. Grazie alle valutazioni compresse, all’indebolimento del dollaro statunitense, al picco dell’inflazione in molti paesi dei mercati emergenti e al potenziale taglio dei tassi d’interesse, si stanno formando gli ingredienti per le prime fasi della ripresa.

 

Le valutazioni sono particolarmente interessanti rispetto ad altri mercati e le stime sugli utili degli emergenti sono già state fortemente ridimensionate, quindi, ci aspettiamo che si riprendano quando l’economia globale avrà toccato il fondo per poi riprendersi.

 

Le prospettive sono promettenti, ma ci saranno delle difficoltà lungo il percorso

È improbabile che il percorso verso la ripresa sia agevole e l’esperienza dei vari paesi emergenti sarà differente. Economie come la Cina, l’India e il Brasile, con un forte potenziale di domanda interna, si trovano in una posizione migliore per superare la difficile situazione. La Cina rimane un enigma e anche se la riapertura del paese dopo le prolungate restrizioni ha inizialmente stimolato gli investimenti, i dati più recenti sono stati deludenti. Analogamente, anche la sottoperformance delle azioni cinesi rispetto alle controparti globali da un anno all’altro riflette uno slancio deludente.

 

Tuttavia, ci sono segnali positivi per il Paese. Riteniamo che la ripresa non si sia arrestata, ma abbia iniziato a muoversi in una nuova direzione in cui saranno i consumi, piuttosto che gli investimenti, a guidare la crescita.

 

Un fattore chiave sarà se eventuali ulteriori segnali di rallentamento indurranno i policymaker cinesi a stimolare l’economia in modo più aggressivo per rilanciare il sentiment e i consumi, una mossa che probabilmente sarà accolta con favore dagli investitori.

 

Al di fuori della Cina, l’America Latina si presenta ancora una volta interessante. In Brasile, dove i tassi di interesse sono prossimi al 14%, il mercato sembra pronto a reagire a qualsiasi svolta nel ciclo dei tassi dopo un lungo periodo di rialzi. Il Messico ha beneficiato di un aumento degli investimenti grazie alla crescente rilocalizzazione della produzione da parte delle aziende. Alla fine dell’ultimo trimestre, abbiamo registrato la nostra maggiore sovra-ponderazione rispetto all’indice, in quanto siamo in grado di trovare storie di titoli forti e idiosincratici, e riteniamo che queste aziende possano incrementare la crescita degli utili nei prossimi anni.

 

Più in generale, gli ultimi 10 anni sono stati difficili per i paesi emergenti produttori di materie prime come Brasile, Sudafrica, Cile e Indonesia. Ma se crediamo che l’inflazione delle materie prime sia tornata, è probabile che le loro partite fiscali e correnti migliorino sensibilmente.

 

 

Nei primi anni 2000, la Cina è stata la principale fonte di accelerazione della domanda di materie prime. Oggi, il passaggio alle fonti energetiche pulite e ai veicoli elettrici dovrebbe provocare un’accelerazione più generale della domanda di materie prime fondamentali. Alla fine dell’ultimo trimestre siamo sovrappesati sia sulle materie prime sia sull’energy rispetto all’indice. 

 

Riteniamo inoltre che il contesto inflazionistico possa fungere da catalizzatore per l’aumento della spesa e il risveglio degli spiriti imprenditoriali. Dalla crisi finanziaria globale del 2008, abbiamo assistito a un sottoinvestimento su larga scala da parte di aziende e governi. Inoltre, sia i policymaker sia le aziende si sono concentrati sul risanamento dei bilanci.

 

Molte industrie hanno investito solo a livelli di “manutenzione”, piuttosto che per migliorare la produttività o l’espansione. Riteniamo che molti settori siano ormai in ritardo negli investimenti, dopo molti anni di abbandono.

 

Prepararsi al miglioramento delle condizioni

Sebbene negli ultimi anni le azioni emergenti abbiano deluso gli investitori, riteniamo che il rapporto rischio/rendimento stia iniziando a diventare positivo. Oltre ai ben noti driver secolari, gli emergenti stanno nuovamente dimostrando una serie di caratteristiche di crescita non facilmente reperibili nei mercati sviluppati.

 

Stiamo trovando sempre più spesso quelle che riteniamo essere società di alta qualità in grado di generare una crescita sostenibile degli utili a un tasso molto più elevato rispetto alla media globale. Le banche ne sono un esempio significativo: il rendimento del capitale proprio delle banche emergenti è stato di gran lunga superiore a quello delle loro controparti dei mercati sviluppati.

Nel frattempo, la leadership cinese nel settore dei veicoli elettronici e dei pannelli solari e l’ascesa dei consumatori cinesi offriranno anch’essi possibilità pluriennali.

 

Nel breve termine, le imminenti prospettive di una crescita più debole o di una recessione scateneranno probabilmente una fuga verso la sicurezza e creeranno un contesto difficile per gli emergenti, tuttavia, se il rallentamento sarà più breve e più lieve e i venti contrari cominceranno a dissiparsi e poi a invertirsi, riteniamo che gli emergenti siano in una buona posizione per trarre vantaggio, come hanno fatto di solito nelle prime fasi della ripresa.

Sebbene gli investitori debbano diffidare della volatilità nel breve termine, i segnali di ripresa dell’economia globale rappresenteranno un segnale per rivedere le allocazioni.

 

(Commento in allegato)

 

 

 


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