LA SETTIMANA DEI MERCATI (11-15 dicembre 2023) – Il commento di Mark Dowding, Fixed Income CIO di RBC BlueBay

 

La settimana dei mercati – Mark Dowding, Fixed Income CIO, RBC BlueBay AM

Quali sorprese potrebbe riservarci questo Natale?

 

In sintesi

                    Il FOMC ha riservato agli investitori una sorpresa “dovish” nella riunione di questa settimana, provocando un ulteriore significativo rally dei rendimenti globali

                    Sfidando gli scettici, Powell ha sostanzialmente affermato di essere riuscito a realizzare un atterraggio morbido

                    Con la ricchezza in crescita, il mercato del lavoro robusto e i redditi personali in aumento, ci chiediamo se l’inflazione si ridurrà così rapidamente come sperano i responsabili delle politiche monetarie

                    La riunione della BCE ha riservato meno sorprese rispetto al FOMC, ma il Consiglio direttivo si è mosso in una direzione leggermente più dovish

                    Rimaniamo convinti che i tassi di interesse giapponesi saliranno nel corso del prossimo anno

 

(11 – 15 dicembre 2023) La Federal Reserve ha riservato una sorpresa dovish al FOMC di questa settimana, provocando un ulteriore significativo rally dei rendimenti globali. Nel corso del 2024, la Fed prevede di abbassare i tassi di 75 pb, grazie ad una maggiore fiducia nella prospettiva che l’inflazione stia tornando al suo obiettivo del 2%. Allo stesso tempo, si prevede che l’economia rimanga intorno alla piena occupazione, con Powell che ha di fatto detto di essere riuscito a realizzare un atterraggio morbido, sfidando gli scettici.

 

In questo contesto, sembra che le opinioni della stessa Fed siano cambiate molto nelle ultime due settimane. Questo nonostante il robusto rapporto sul mercato del lavoro della scorsa settimana, le solide vendite al dettaglio e il dato del CPI che mostra un’inflazione core ancora al 4%, il doppio dell’obiettivo della Fed.

 

È inoltre interessante osservare che, dopo aver parlato dell’inasprimento delle condizioni finanziarie visto prima del FOMC di ottobre, nella conferenza stampa di questa settimana non si è parlato del successivo allentamento delle condizioni finanziarie. In effetti, con i rendimenti a 2 anni in calo di 40 punti base, gli spread creditizi che si restringono e le azioni che toccano i massimi storici, è notevole che la Fed abbia consapevolmente incoraggiato un ulteriore significativo allentamento di questi indicatori.

 

Qualcuno potrebbe chiedersi se la Fed stia vedendo qualcosa che altri non vedono. Tuttavia, ci sembra che, dopo un periodo di 18 mesi in cui la Fed ha guidato il mercato, è possibile che ora Powell sia felice di lasciare che sia il mercato a guidare la Fed. Anche se vediamo dei pericoli in questo, non ci sembra saggio cercare di combattere i mercati. Dal punto di vista del mercato, sembra che la Fed abbia dato semaforo verde agli asset rischiosi e non sarebbe sorprendente vedere un forte movimento dei prezzi di qui alla fine dell’anno e all’inizio di gennaio, con gli investitori che cercano di aumentare l’esposizione al beta. In effetti, è facile vedere come i mercati potrebbero diventare piuttosto spumeggianti nel nuovo anno, senza che politica monetaria si metta molto di traverso.

Dal punto di vista economico, ci chiediamo anche se una spinta agli “spiriti animali” possa portare a un’accelerazione dell’attività economica piuttosto che al rallentamento che molti si aspettano. Osserviamo inoltre che è insolito segnalare una mossa nella direzione di un taglio dei tassi, in un momento in cui i mercati azionari sono ai massimi e la disoccupazione vicina ai minimi.

 

Con la ricchezza in crescita, il mercato del lavoro robusto e i redditi personali in aumento, ci si chiede anche se l’inflazione diminuirà così rapidamente come sperano i responsabili delle politiche monetarie. Nella nostra valutazione, dubitiamo che l’inflazione core scenda sotto il 3% prima della seconda metà del 2024. L’inflazione dei servizi rimane relativamente forte e, a meno che l’economia non si indebolisca, dubitiamo che si ridurrà presto. Per certi versi, potremmo chiederci se la storia giudicherà un errore la svolta dovish del FOMC di dicembre, nel caso in cui l’inflazione dovesse rimanere problematica nel 2024. In questo senso, la Fed sta facendo una sorta di scommessa.

 

Tuttavia, sembra che la tentazione di conquistare il titolo di presidente della Fed che è riuscito in un atterraggio economico morbido sia più forte del timore che Powell possa passare alla storia come il prossimo Arthur Burns, il presidente della Fed che non è riuscito a tenere sotto controllo l’inflazione. A prescindere da come la storia giudicherà la Fed, nel breve termine riteniamo che abbia senso assumere una duration piatta sui tassi statunitensi. Riteniamo che le valutazioni lungo tutta la curva non siano attraenti, ma il rapporto rischio/rendimento non favorisce la gestione una posizione attiva. Per quanto riguarda il reddito fisso, siamo stati contenti di aumentare l’esposizione, laddove la performance degli emittenti è stata inferiore, sia alle società che ai titoli sovrani. Siamo inoltre rimasti più costruttivi sugli asset dei mercati emergenti in valuta locale e vediamo la possibilità che il dollaro si indebolisca ulteriormente.

 

Nell’ultima settimana, lo yen ha registrato un’importante sovraperformance grazie alla chiusura delle posizioni corte sui carry trade in yen. Vediamo la possibilità che i modelli trend-following, che hanno venduto lo yen, cambino direzione e, da questo punto di vista, anche i fattori tecnici della valuta giapponese sembrano relativamente favorevoli. Martedì prossimo si terrà anche la riunione di politica monetaria della BoJ, che è oggetto di attenzione da quando sono aumentate le speculazioni sulla fine della politica dei tassi d’interesse negativi.

 

L’indagine Tankan di questa settimana ha evidenziato prospettive economiche relativamente positive in Giappone e rimaniamo convinti che i tassi di interesse giapponesi aumenteranno nel prossimo anno, anche se diminuiranno negli Stati Uniti e in Europa. La riduzione dei differenziali dei tassi dovrebbe aiutare lo yen a sovraperformare e noi rimaniamo strutturalmente costruttivi sulla valuta giapponese.

 

Abbiamo notato che la valutazione dello yen è straordinariamente conveniente e riteniamo che un tasso di cambio più vicino a 130 rispetto al dollaro rappresenterebbe un valore più equo. Tuttavia, la tempistica in termini di cambiamenti di politica della BoJ rimane incerta e pensiamo che un cambiamento a gennaio sia più probabile rispetto a dicembre, in parte per essere coerente con una revisione delle stime di inflazione e crescita, sulla base al ciclo di riunioni trimestrali della BoJ.

 

Detto questo, abbiamo condiviso con i responsabili della politica monetaria giapponesi la nostra opinione secondo cui la politica monetaria è attualmente in ritardo in Giappone e che c’è poco da perdere e molto da guadagnare anticipando i passi verso la normalizzazione. Ci sembra inoltre che la BoJ voglia eliminare la politica di tassi di interesse negativi e abbandonare il controllo della curva dei rendimenti prima che la politica d’oltreoceano si muova nella direzione opposta. La riunione della BCE ha riservato meno sorprese rispetto al FOMC. Il Consiglio direttivo si è mosso in una direzione leggermente più dovish sulla scia del rallentamento della crescita e del calo dell’inflazione, come emerge dalle recenti dichiarazioni di Isabel Schnabel.

 

Tuttavia, siamo propensi a prevedere un aumento del CPI nel nuovo anno e, da questo punto di vista, riteniamo che la BCE sarà in grado di tagliare i tassi solo nella seconda metà del 2024. Rispetto alla Fed, vediamo la BCE più disciplinata rispetto al suo obiettivo di inflazione del 2% e percepiamo un certo nervosismo per il timore che molte delle buone notizie sul calo dell’inflazione siano ormai alle spalle. Detto questo, i rendimenti dei Bund decennali sono scesi al 2%, in linea con i movimenti dei Treasury. Rendimenti assoluti più bassi hanno inoltre contribuito a far restringere gli spread periferici.

 

Per capirlo, vale la pena di riflettere sul fatto che le preoccupazioni sulla sostenibilità del debito possono diventare importanti per un paese come l’Italia, quando i rendimenti si sono spinti verso il 5%. Tuttavia, con i rendimenti decennali che ora si aggirano intorno al 3,75%, questi timori sono in qualche modo attenuati. In questo modo, vediamo gli spread positivamente correlati ai movimenti dei rendimenti nel loro complesso. All’interno dell’Eurozona, continuiamo a vedere valore in Romania e Grecia. Per il resto, siamo cauti nell’aumentare l’esposizione, in vista delle aste previste nel nuovo anno.

 

Rispetto ad altre banche centrali, la BoE è stata un po’ più hawkish nella sua riunione di politica monetaria. Il MPC ha votato 6 a 3 per lasciare i tassi al 5,25%, mantenendo un orientamento al rialzo. Sebbene Bailey e colleghi prevedano che l’inflazione e i tassi d’interesse scendano nel 2025, per il momento, c’è un certo livello di preoccupazione per quanto riguarda l’inflazione e i salari.

 

Il CPI core nel Regno Unito rimane vicino al 6% e con il Cancelliere britannico che sembra condividere l’idea che la lotta all’inflazione sia finita, la nostra sensazione è che alla Banca d’Inghilterra ci sia un certo disagio per il fatto che l’inflazione potrebbe rimanere bloccata a un livello elevato. Da questo punto di vista, la BoE ha reagito ai mercati, prevedendo tagli dei tassi di 125 pb nel 2024. Ciononostante, i rendimenti del Regno Unito hanno chiuso la settimana in significativo ribasso, in gran parte perché hanno seguito i movimenti dei mercati statunitensi.

 

Guardando avanti

È sembrato che la scorsa settimana potesse essere un catalizzatore di movimenti di mercato significativi e così è stato. Con il senno di poi, la nostra valutazione sulla Fed è stata sbagliata e questo ci ha portato a pensare in modo troppo difensivo rispetto alla duration dei tassi.

 

Ora dobbiamo rivedere la nostra posizione, anche se continuiamo a notare che i dati economici sono rimasti relativamente positivi, in linea con le nostre aspettative. Come già detto, non riteniamo che i tassi statunitensi offrano un rischio/rendimento interessante al momento. Continuiamo a ritenere che i rendimenti dei gilt e dei JGB siano destinati a salire nel medio termine, a causa delle dinamiche inflazionistiche sottostanti.

 

Nel breve termine, un rally di fine anno potrebbe vedere gli spread del reddito fisso sovrano e societario restringersi in scia ad un ampio rally degli asset rischiosi. Tuttavia, siamo cauti nell’inseguire troppo i movimenti del mercato o nell’aumentare le nostre esposizioni a livelli che non riteniamo interessanti.

L’anno non è ancora finito e non escludiamo ulteriori sorprese prima che i mercati si calmino per la settimana di Natale. Jerome Powell sembra felice di giocare a fare Babbo Natale per ora, ma sarà interessante vedere quanto a lungo nel nuovo anno la Fed riuscirà a rimanere amica del mercato, se i mercati si faranno prendere la mano.

 

RBC BlueBay Asset Management, parte di RBC Global Asset Management (la divisione di asset management di Royal Bank of Canada), offre servizi e soluzioni di gestione degli investimenti a livello globale nelle aree EMEA e APAC. Caratterizzati da una forte esperienza negli investimenti azionari attivi e da una piattaforma di investimenti obbligazionari (BlueBay), disponiamo delle dimensioni e della capacità necessarie per generare risultati che soddisfino gli obiettivi degli investitori, compreso quello di integrare i fattori ESG in tutte le strategie di investimento.

Con 412 miliardi di dollari di asset in gestione a livello globale (al 31/03/23), l’ampiezza delle nostre competenze per asset class, l’approccio collaborativo e l’impegno per l’eccellenza del servizio assicurano agli investitori di essere ben posizionati per beneficiare delle opportunità di investimento in tutte le asset class e aree geografiche.

Mark Dowding, Fixed Income CIO, RBC BlueBay Asset Management

Mark Dowding, con oltre 25 anni di esperienza nel mondo degli investimenti, è in BlueBay dal 2010. In precedenza è stato Head of Fixed Income per l’Europa in Deutsche Asset Management, ruolo che aveva già ricoperto in Invesco. Ha iniziato la sua carriera come gestore obbligazionario in Morgan Grenfell nel 1993, dopo la laurea in Economia all’Università di Warwick.

ARTICOLI RECENTI
Video