Amchor IS – Il 2024 potrebbe stupire con previsioni al rialzo

Buongiorno,

di seguito e in allegato invio un commento sulla possibilità di dover rivedere al rialzo le prospettive di crescita per quest’anno, a cura di Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor.

Un caro saluto,

Diana Ferla

 

 

Amchor IS – Il 2024 potrebbe stupire con previsioni al rialzo

 

A cura di Alvaro Sanmartin, Chief Economist, Amchor IS

 

Se il significativo allentamento delle condizioni finanziarie registrato negli ultimi mesi si rivelasse persistente, le nostre previsioni di crescita economica per il 2024 dovrebbero essere riviste al rialzo. Negli Stati Uniti, invece di un rallentamento più o meno sensibile, prevediamo tassi di crescita che potrebbero addirittura superare il 2%. Nell’Eurozona, invece, l’attività potrebbe accelerare sensibilmente, fino a raggiungere tassi di crescita economica nettamente superiori all’1%. Per quanto riguarda l’inflazione di fondo, sebbene sia probabile che continui a diminuire nel breve termine, sembra anche chiaro che, ancora una volta, una domanda aggregata più forte, a seguito del rinnovato allentamento delle condizioni finanziarie, genererebbe alcuni rischi al rialzo per l’andamento dei prezzi nel corso di quest’anno.

 

Per il resto, al di fuori dell’Europa e degli Stati Uniti, per il 2024 vediamo performance macro interessanti nelle economie emergenti (tra cui la Cina, dove potremmo assistere a una crescita di circa il 5%) e la Banca del Giappone che compie ulteriori passi verso la normalizzazione della politica monetaria, anche se lentamente e solo quando sarà confermato uno slancio salariale sufficientemente forte. In termini di posizionamento sui mercati, manteniamo posizioni caute ma costruttive nell’azionario (soprattutto in Europa e nei mercati emergenti, con una preferenza per le posizioni cicliche/value); una visione ragionevolmente costruttiva sul credito e sul debito emergente in valuta locale e, ancora una volta, una forte preferenza per la duration, con una chiara propensione per la parte breve delle curve.

 

Nell’ultima parte del 2023 abbiamo assistito a un significativo allentamento delle condizioni finanziarie a livello globale: i tassi dei titoli di Stato a lungo termine sono diminuiti sensibilmente, anche gli spread di credito hanno continuato a restringersi e abbiamo assistito a un comportamento molto rialzista dei mercati azionari.

 

Sia negli Stati Uniti sia nell’Eurozona, i fondamentali della domanda aggregata rimangono solidi: i bilanci delle famiglie e delle imprese sono generalmente sani; i salari crescono in termini reali; i livelli di disoccupazione rimangono molto bassi, generando sicurezza del posto di lavoro e desiderio di consumare; non vi è un significativo eccesso di offerta in nessun settore, il che tende a limitare il rischio di ribasso per quanto riguarda l’evoluzione degli investimenti delle imprese; la prevedibile fine dell’aggiustamento al ribasso delle scorte industriali potrebbe rilanciare l’attività in questo segmento di attività per tutto l’anno; la spesa pubblica associata alla transizione ecologica e alla difesa rimarrà prevedibilmente forte.

 

In questo contesto di solida domanda aggregata e, molto probabilmente, di un output gap chiaramente positivo, un eccessivo e persistente allentamento delle condizioni finanziarie nel tempo potrebbe mettere a rischio il rapido processo di disinflazione in cui è attualmente immersa la grande maggioranza delle economie sviluppate.

 

Alla luce di tutto ciò, è abbastanza probabile che i tagli dei tassi che potremmo vedere nel corso del 2024 da parte delle banche centrali finiranno per essere molto meno “ambiziosi” di quanto attualmente scontato. A sua volta, è anche prevedibile che questo minore “attivismo monetario” sarà accompagnato da revisioni al rialzo delle stime dei tassi neutrali, sia a breve sia a lungo termine.

 

Le prospettive macro per le economie emergenti nel 2024 rimangono ragionevolmente positive, in particolare in Asia, ma anche in alcune economie dell’America Latina, grazie a numerosi fattori come tassi di crescita economica generalmente solidi, inflazione sotto controllo, livelli di deficit e debito pubblico inferiori a quelli dei Paesi sviluppati, banche centrali che confermano la loro credibilità anti-inflazionistica.

 

Anche in Cina riteniamo probabile una crescita intorno al 5% quest’anno: l’adeguamento del settore immobiliare non è finito, ma è certamente più avanzato rispetto a 12-24 mesi fa; le autorità sono sempre più propense a introdurre stimoli monetari e, soprattutto, fiscali; l’adeguamento al ribasso delle scorte nell’industria potrebbe essere in fase di completamento; il sentimento dei consumatori dovrebbe migliorare con l’allontanarsi del ricordo della pandemia.

 

Il Giappone, da parte sua, potrebbe compiere ulteriori passi verso la normalizzazione monetaria non più tardi di aprile, una volta confermata un’evoluzione salariale sufficientemente dinamica. Questo perché la crescita rimane al di sopra del potenziale, l’output gap è probabilmente già positivo, si conferma un significativo movimento al rialzo delle aspettative di prezzo delle famiglie e delle imprese, l’inflazione di fondo è ormai da molti mesi al di sopra dell’obiettivo del 2%, la politica fiscale continuerà ad essere espansiva.

 

View di mercato

Titoli di Stato: dopo il forte calo dei tassi a lungo termine sia negli Stati Uniti sia in Europa, siamo ancora una volta molto cauti nei confronti del rischio di duration e preferiamo quindi concentrare le nostre esposizioni sulla parte breve della curva. Per quanto riguarda il Giappone, prevediamo che il rendimento dei titoli decennali tenderà a salire sensibilmente tra 3-6 mesi.

Azioni: poiché i dati macro sembrano suggerire che non sia imminente una recessione né negli Stati Uniti né in Europa e in un contesto in cui pensiamo che i tassi reali rimarranno ragionevolmente elevati su base strutturale, continuiamo a ritenere che il segmento di mercato value/ciclico, comprese le banche europee, dovrebbe fare meglio di quello growth/difensivo. Dal punto di vista geografico, alla luce di quanto sopra e dei livelli di valutazione relativi, preferiamo i mercati europei e asiatici a quelli statunitensi.

Credito: continuiamo a preferire le obbligazioni societarie perché nel nostro scenario macro centrale i tassi di default non dovrebbero aumentare troppo. In ogni caso, dato che gli spread non sono particolarmente elevati, continuiamo a ritenere che abbia senso combinare l’esposizione al credito con posizioni ben selezionate in titoli di Stato emergenti in valuta locale. Quest’ultima classe d’investimento ci attrae per due motivi principali: in primo luogo, perché offre ottime prospettive di rendimento, soprattutto in termini di carry, ma forse anche grazie a possibili movimenti di apprezzamento dei tassi di cambio; in secondo luogo, perché attualmente esiste un gruppo di Paesi emergenti per i quali prevediamo elevati tassi di crescita relativa e che beneficiano anche di una solida governance economica, di bassi deficit pubblici e di un’inflazione ragionevolmente bassa. Queste caratteristiche, a nostro avviso, fanno sì che l’esposizione al debito in valuta locale di questi Paesi sia oggi meno rischiosa di quanto possa sembrare a prima vista.

Valute: continuiamo a detenere solo posizioni moderate in dollari perché riteniamo che il differenziale di crescita tra Stati Uniti ed Europa si ridurrà sensibilmente nel 2024. Allo stesso tempo, manteniamo una visione positiva su valute come corona norvegese, dollaro neozelandese e dollaro australiano. Continuiamo inoltre a preferire le valute dei mercati emergenti con una buona governance macro e prospettive di crescita economica favorevoli (real brasiliano, rupia indiana, peso messicano, rupia indonesiana). Inoltre, visti i buoni segnali macro che il Giappone sta generando, riteniamo che lo yen, in dosi prudenti, possa rappresentare una buona posizione di protezione per i prossimi mesi.

 


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