da Columbia Threadneedle Inv. – Occhi puntati sui titoli difensivi di qualità – a cura di Paul Doyle

Buongiorno,

inviamo di seguito e in allegato il commento “Occhi puntati sui titoli difensivi di qualità” a cura di Paul Doyle, Responsabile azionario large cap Europa di Columbia Threadneedle Investments (+ foto).

 

Restiamo a disposizione per ulteriori informazioni.           

Un saluto,

Lucrezia

+39 347 6732479

 


Occhi puntati sui titoli difensivi di qualità

 

A cura di Paul Doyle, Responsabile azionario large cap Europa di Columbia Threadneedle Investments

 

28.02.2024

 

  • Mentre i mercati azionari hanno guadagnato quota, l’inflazione sta scendendo, i tassi d’interesse sono quasi al loro culmine e i mercati hanno già prezzato i tagli del 2024.
  • La recessione rimane probabile negli Stati Uniti, mentre le prospettive per l’Eurozona sono migliori.
  • Una volta che i tassi d’interesse verranno ridotti comincerà un nuovo ciclo di mercato, sebbene sia inflazione che tassi rimarrano più alti rispetto al decennio precedente.

 

Recentemente, i mercati azionari si sono mostrati solidi, con un calo del premio al rischio. Secondo il consenso, nel 2024 ci saranno più di 150 punti base di tagli dei tassi d’interesse negli USA, un valore maggiore rispetto a quanto segnalato dalla stessa Federal Reserve. Lo spread del credito high yield statunitense, che rappresenta il miglior indicatore della propensione al rischio, si è ridotto da 600 a 350 punti base nel 2023. La politica monetaria sta quindi agendo in ritardo, in quanto l’effetto della stretta non è stato ancora avvertito appieno. L’inflazione negli Stati Uniti sta diminuendo: la Fed prevede un’inflazione di fondo del 3,2% a fine 2024 e del 2,4% a fine 2025. Così come l’impatto dei rialzi dei tassi ha necessitato di molto tempo per farsi sentire, lo stesso accadrà anche per i tagli, ragion per cui si prevede una politica restrittiva anche nel 2025. L’andamento della spesa in conto capitale e dell’occupazione saranno fattori decisivi per determinare se gli Stati Uniti registreranno o meno una lieve recessione. Le indagini delle banche regionali mostrano qualche crepa nella spesa in conto capitale, che porterebbe così l’economia vicina al punto di attivazione della regola di Sahm, l’indicatore della Fed che rivela l’inizio di una recessione.

 

Il sentiment, tuttavia, è rialzista: il mercato statunitense scambia infatti a più di 20 volte gli utili prospettici e, ipotizzando una crescita dell’11% nel 2024, sconta ad oggi un atterraggio morbido. In un simile scenario, però, ogni eventuale delusione provocherà una reazione: tagliando i tassi troppo presto la Fed potrebbe riaccendere l’inflazione e rendere necessari successivi nuovi rialzi. Attualmente la crescita salariale è vicina al 5%, gli utili sono al di sopra del loro livello tendenziale e l’Institutional Brokers’ Estimate System (IBES) suggerisce una crescita a doppia cifra nel 2024 e 2025. Il maggior rischio per il mercato è che si generi il doppio effetto di una revisione al ribasso degli utili e di una flessione a seguito di una performance vigorosa. Nel 2023 gli utili sono stati rivisti al ribasso ma il mercato è salito anticipandone la ripresa. Al momento i margini restano elevati e l’indice dei prezzi alla produzione (PPI) è negativo, per cui gli utili nominali dovrebbero diminuire.

 

L’economia statunitense è stata finora sorretta dagli alti livelli di spesa dovuti alle riserve accumulate durante la pandemia, ora assottigliate a un quarto del loro livello massimo. Questi extra risparmi hanno ulteriormente ritardato gli effetti della politica monetaria sia per i consumatori che per le imprese. Inoltre, le decisioni prese durante la pandemia hanno permesso ai proprietari di immobili di rifinanziarsi a basso costo. Ad esempio, la Primary Market Corporate Credit Facility ha consentito alle aziende di allungare le scadenze del debito e di ridurre la spesa per interessi, attenuando così l’effetto dei rialzi dei tassi e alleviando l’impatto negativo di un’eventuale recessione. A differenza della crisi del 2008, si sono registrati pochi squilibri nel settore privato. Tuttavia, i piani di sostegno dell’era Covid hanno semplicemente ritardato, non evitato, l’effetto dei cambiamenti imposti dalla politica monetaria. Possiamo notare, infatti, come il credito al consumo si stia indebolendo, come i nuovi prestiti mostrino dinamiche peggiori di quelli precedenti e come le morosità sui prestiti auto e il debito delle carte di credito stiano progressivamente aumentando.

 

Europa

Nell’Eurozona il miglioramento dell’attività industriale, testimoniato dal punto d’inversione delle scorte e dalla ripresa dei salari reali, potrebbe non durare. Riteniamo, infatti, che la debolezza del credito, il calo della spesa in conto capitale e l’impulso fiscale negativo porteranno a un 2024 più debole. Tuttavia, il PMI manifatturiero tedesco ha registrato una ripresa grazie alla risalita delle scorte, così come anche il rapporto tra nuovi ordini e scorte è in crescita a livello globale, in linea con la ripresa a breve termine del settore manifatturiero europeo e delle esportazioni coreane. Ciononostante, queste dinamiche potrebbero non essere sostenibili a lungo. Nel complesso, le intenzioni di spesa in conto capitale si stanno indebolendo, la politica fiscale è restrittiva e il calo dell’inflazione sta contribuendo alla crescita dei salari reali (precedentemente diminuiti in quanto l’inflazione aveva superato la crescita dei salari nominali).

 

Tuttavia, è improbabile che questa situazione si protragga; riteniamo, infatti, che i flussi creditizi, con un effetto fiscale negativo pari al -0,8% del PIL europeo  (il doppio di quello registrato nel 2023), e la riduzione della spesa in conto capitale comprometteranno il miglioramento economico. L’offerta di moneta si è già ridotta del 10% ed è dunque solo una questione di tempo che l’impatto di tutto questo sull’economia più ampia si renda chiaramente visibile. Attualmente, gli indicatori anticipatori della spesa in conto capitale per il 2024 sono negativi e anche l’indagine settoriale della Commissione europea segnala una diminuzione. Con il deterioramento della crescita dei posti di lavoro, vedremo anche l’indebolimento della crescita dei salari nominali. Le componenti occupazionali dei PMI suggeriscono un calo della domanda di lavoratori, per cui la crescita dei salari rallenterà. La politica monetaria restrittiva si farà sentire e, come negli Stati Uniti, rimarrà tale anche se la BCE dovesse tagliare i tassi nel secondo trimestre.

 

Stati Uniti

La Fed non ha mai tagliato i tassi con l’inflazione sopra il 2%, se non in presenza di una disoccupazione superiore al 5%. Ad oggi siamo ancora sulla strada di una lieve recessione, a meno che i tassi non vengano ridotti in maniera aggressiva. Il mercato si aspetta che Fed e BCE taglino i tassi prima di una recessione, sebbene questa ipotesi ci appaia improbabile. Nei prossimi dieci anni ci aspettiamo che i tassi rimangano più alti rispetto all’ultimo decennio (in cui sono stati mantenuti artificialmente bassi), e che il tasso d’interesse neutrale sia più alto di quanto dichiarato dalle banche centrali. La Fed si attiene oggi al suo tasso nominale sui federal fund a lungo termine del 2,5%, sebbene il forward a cinque anni su un orizzonte quinquennale suggerisca che quest’ultimo non sia un livello credibile. Il premio al rischio azionario statunitense è oggi basso soprattutto, ma non solo, per effetto dei “Magnifici Sette”. Il mercato azionario non riflette quindi il livello dei tassi d’interesse, cosa che risulterà evidente se entreremo in recessione. Negli Stati Uniti i consumi non diminuiranno in quanto la popolazione cresce dello 0,5% annuo (1,2% includendo gli immigrati). Mentre gli investimenti privati non residenziali hanno un impatto più altalenante, sebbene rappresentino solo il 18% del PIL statunitense rispetto al 70% dei consumi. Inoltre, l’inasprimento delle condizioni di finanziamento comporterà una riduzione della spesa in conto capitale. Considerando che il mercato non prevede alcuna recessione, non c’è margine per le delusioni.

 

Negli Stati Uniti non è ancora scattata la regola di Sahm, ma nelle economie cicliche la disoccupazione sta salendo. Il tasso di dimissioni volontarie è diminuito e, sebbene le richieste iniziali di sussidi non siano aumentate, le domande di rinnovo sono comunque elevate; le aziende non hanno ancora cominciato a licenziare ma sono restie ad assumere. La presenza di tassi elevati comporta standard di erogazione dei prestiti più severi per le imprese. I prestiti commerciali e industriali sono rimasti invariati nel 2023. La crescita dei prestiti è in ritardo di un anno rispetto agli standard di erogazione bancari, pertanto quest’anno ci aspettiamo una diminuzione dei prestiti alle imprese. Le procedure fallimentari sono sul livello più elevato dal 2010. Il tasso d’insolvenza degli ultimi 12 mesi dei mutuatari high yield è salito dall’1,2% al 5,2%. Le perdite su crediti legate ai prestiti auto e alle carte di credito sono aumentate per sette trimestri. Sebbene le banche statunitensi siano ben capitalizzate, nel caso di una recessione potrebbero verificarsi alcuni problemi.

 

Cina

Il problema della Cina è il mercato immobiliare. Se negli Stati Uniti il mercato immobiliare vale 60.000 miliardi di dollari, pari al doppio del PIL, in Cina questo ha un valore pari a 100.000 miliardi di dollari, sei volte il suo PIL. La maggior parte dei risparmi dei consumatori cinesi è quindi finita nel mercato immobiliare, che tuttavia conta oggi 130 milioni di unità immobiliari vuote. Nel 2023 i nuovi cantieri residenziali e le vendite di abitazioni hanno segnato un calo del 20% rispetto al 2022 e il deflatore del PIL cinese è pari a -1,4%; con la deflazione che persiste i costi di finanziamento reali sono aumentati anche se i tassi di prestito nominali risultano diminuiti.

 

In generale, le entrate delle amministrazioni locali sono in calo a causa del crollo delle vendite di terreni. Il nuovo credito è stato pari al 27% del PIL nel 2023, che però non sta aiutando la ripresa. Il costo del debito è oggi pari al 21% del reddito disponibile, per cui sia i consumatori che le imprese sono restii a contrarre ulteriori prestiti. È difficile che i consumi, pari al 38% del PIL, riescano a compensare visto il calo della spesa in conto capitale (42%) e delle esportazioni (20%). Il boom edilizio e infrastrutturale della Cina ha trainato la crescita globale per 20 anni; della crescita mondiale annua pari al 2,6% negli ultimi 10 anni, l’1,1% è provenuto dalla Cina mentre solo lo 0,6% dagli Stati Uniti e lo 0,2% dall’Eurozona. Senza gli investimenti immobiliari e infrastrutturali, il contributo della Cina non andrebbe oltre lo 0,5%.

 

Quali sono le prospettive future?

Il mercato statunitense non è mai stato così costoso rispetto al resto del mondo e alle obbligazioni. I titoli difensivi sono destinati a sovraperformare: a novembre e dicembre i rendimenti sono scesi e i difensivi hanno sofferto. La debolezza della Cina sta portando i mercati emergenti su nuovi minimi rispetto ai mercati sviluppati. L’Eurostoxx 50 ha guadagnato il 20% nel 2023, per quanto l’attività sui mercati azionari primari si sia dimezzata. A fine 2023 le società di minori dimensioni si sono fortemente apprezzate e il mercato azionario del Regno Unito appare sottovalutato. La liquidità continua a diminuire e i bilanci del G5 si sono ridotti di 5.200 miliardi di dollari negli ultimi sei trimestri. Il reshoring della produzione negli Stati Uniti si tradurrà in spese in conto capitale; inoltre, secondo McKinsey l’azzeramento netto delle emissioni negli Stati Uniti richiederà una spesa di 275.000 miliardi di dollari di qui al 2050. Il pensionamento dei baby boomer farà in questo caso diminuire i risparmi e aumentare i tassi d’interesse.

 

Lo stesso vale per l’Eurozona, sebbene in misura inferiore. Due terzi delle aziende europee prevedono di aumentare le attività operative in Europa nei prossimi tre anni, mentre una percentuale simile prevede di incrementare la spesa per le attività di ricerca e sviluppo. È dalla crisi finanziaria globale che l’Eurozona sottoinveste nel proprio stock di capitale; un fenomeno particolarmente acuto in Germania, dove l’età dello stock di capitale delle imprese supera ad oggi i sette anni. Dall’altra parte, però, il settore privato europeo è liquido e dispone di ingenti capitali con attività finanziarie superiori al 450% del PIL. L’inflazione e i tassi privi di rischio saranno più alti rispetto all’ultimo decennio, condiserando che sia il reshoring che la carenza di manodopera sono inflazionistici. In conclusione, il quadro a breve termine potrebbe essere complicato, con una sovraperformance dei titoli difensivi. Tuttavia, con l’avvio dei tagli dei tassi d’interesse, l’Eurozona potrebbe tornare a sovraperformare. In una prospettiva di lungo termine, dinamiche come il piano NextGenerationEU, l’uso dell’intelligenza artificiale per incrementare la produttività e l’aumento della spesa in conto capitale potrebbero rilanciare la crescita europea.

 

Per ulteriori informazioni si veda il sito internet di Columbia Threadneedle Investments: www.columbiathreadneedle.it

 

A proposito di Columbia Threadneedle Investments

 

Columbia Threadneedle Investments è un gruppo di asset management leader a livello globale, che gestisce EUR 577 miliardi [1] per conto di clienti individuali, istituzionali e corporate in tutto il mondo.

Il Gruppo, che si avvale delle competenze di oltre 2500 collaboratori, tra cui più di 650 analisti e gestori operanti in Nord America, Europa e Asia, offre un’ampia gamma di strategie azionarie, obbligazionarie e alternative, nonché soluzioni specializzate nell’investimento responsabile.

Columbia Threadneedle Investments è parte di Ameriprise Financial, Inc. (Gruppo altamente diversificato e patrimonializzato quotato al NYSE da 1,4 trilion USD di asset), uno dei principali fornitori statunitensi di servizi finanziari.

 

[1] Al 31 dicembre 2023.

 

Contatti stampa: BC Communication

Lucrezia Pisani – lucrezia.pisani@bc-communication.it – +39 347 6732 479

Laura Morreale – laura.morreale@bc-communication.it – +39 327 3435 530

 

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