Milano, 20 marzo 2024 – Negli ultimi anni gli algoritmi hanno acquisito sempre più potere nel plasmare le nostre esperienze online. Da Google a Instagram, da Spotify a Netflix, i meccanismi di app e social media influenzano ciò che vediamo, ascoltiamo e consumiamo sul web. Ma cosa c’è dietro gli algoritmi? Qual è il loro impatto sulla nostra percezione del mondo e sulla nostra capacità di fare scelte autonome?
In Filterworld. Come gli algoritmi hanno appiattito la cultura (in libreria dal 27 marzo 2024 per ROI Edizioni), Kyle Chayka ci conduce in un viaggio attraverso gli algoritmi e le loro implicazioni culturali. Partendo dall’origine stessa della parola “algoritmo” – abbreviazione di “suggerimenti algoritmici” – Filterworld racconta il modo in cui questi meccanismi digitali guidano la nostra attenzione, le nostre scelte e modellano gran parte delle nostre esperienze, online e offline, nel mondo reale.
Il digitale è il reale. Gli algoritmi di raccomandazione, le aziende che li controllano e le folle che li utilizzano hanno già ricreato il mondo […] Ciò che è realizzabile per le persone giuste è una migliore competenza collettiva su ciò che l’economia delle piattaforme ci fa e cosa vuole che facciamo dopo. È allora che possiamo scegliere di fare qualcosa di diverso, se lo vogliamo. Chiamatela una questione di gusti.
La cultura di “Filterworld” è accessibile, replicabile, partecipativa, diffusa: sufficientemente piacevole e omogenea, caratterizzata da un’uniformità capace di indurre, a medio o lungo termine, un senso di ansia paralizzante. La rete di algoritmi prende decisioni per noi, inducendoci in uno stato di passività in cui non capiamo cosa consumiamo, cosa scegliamo o cosa realmente ci piace davvero. Per addentrarsi in questo mondo, Chayka parte dalla sua esperienza personale, con una voce narrante in prima persona: nei suoi viaggi di lavoro in giro per il mondo si imbatte spesso in caffetterie simili a tante altre, accorgendosi di vivere una sorta di deja-vu. L’esempio dei generic coffee shop rende visivamente molto bene il concetto: posti uguali ad altri, indipendentemente da località o fuso orario, esteticamente perfetti, “instagrammabili” e che accolgono gruppi di persone simili tra loro.
Nei capitoli iniziali, Kyle Chayka ripercorre la storia dei social network e del loro cambio di paradigma (dal “cronologico” al “suggerito”) portando esempi concreti di come la logica dell’approvazione e le dinamiche insite nella user experience di queste piattaforme abbiano cambiato l’esperienza culturale nel mondo reale e distrutto il nostro gusto personale: dagli scaffali BookTok nelle librerie alle homepage di Netflix e Spotify, basate sul filtraggio collaborativo dei contenuti. Gli spazi fisici e online ci restituiscono, come attraverso uno specchio magico, tutto ciò che pensiamo di volere guardare, ascoltare, mangiare, acquistare.
Deve essere il redattore di moda umano a dirvi cosa vi piace o deve essere la macchina algoritmica, sotto forma di libreria di Amazon, feed di Spotify o home page di Netflix? Questo è il dilemma centrale della cultura di Filterworld.
L’attenzione è l’unico criterio di giudizio della cultura del mondo appiattito che abitiamo quotidianamente, controllato dai suggerimenti algoritmici. Nei capitoli centrali, l’autore analizza l’ascesa degli influencer e l’economia che ruota attorno alla viralità dei contenuti online: un quadro complesso in cui la cultura è sempre più guidata dagli algoritmi e dalla ricerca dell’attenzione a tutti i costi, sostenuta da dati disarmanti: una ricerca del 2019 ha rilevato che su 3.000 bambini, il 30% di loro vorrebbe diventare uno YouTuber o un altro tipo di influencer.
Il lungo viaggio di Kyle Chayka raccontato nel suo libro per rispondere alla domanda se sia possibile sfuggire a “Filterworld” è propedeutico alla risposta: per poter uscire dalla rete degli algoritmi, riprendendo il controllo sulle nostre vite e sul libero arbitrio, bisogna prima comprenderli. Alla fine del suo personale percorso di ricerca l’autore porta alla luce la soluzione alle domande emerse nel libro, grazie all’incontro con Paola Antonelli, curatrice della collezione di design del MoMa di New York: la ricerca della cura umana, facendo pulizia dai suggerimenti algoritmici, adottando un approccio più lento e attento e riportando in primo piano la cura come selezione e scelta personale di fruizione dei contenuti culturali per riprendere il controllo sulle proprie esperienze e il senso del gusto.
Riprendere il controllo non è così difficile. Fai una scelta personale e inizi a cercare intenzionalmente la tua tana del coniglio culturale, che ti porterà in nuove direzioni, verso decisioni sempre più indipendenti. Con il tempo, queste decisioni si trasformano in un senso del gusto e, in ultima analisi, in un senso di sé.
Kyle Chayka, riflettendo sul potere della curatela, invita a tracciare il proprio percorso, come non siamo più abituati a fare, affidandosi al proprio sentire. In altre parole: scegliendo, assumendoci la responsabilità di ciò che consumiamo e tornando a essere i curatori di noi stessi.