Chi ha bisogno di un taglio dei tassi?
A cura di Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm*
Milano, 11 aprile 2024 – Analisti e investitori hanno recentemente rivolto l’attenzione alle dichiarazioni del governatore della Fed Neel Kashkari, che ha pubblicamente messo in discussione la necessità di un taglio dei tassi d’interesse di riferimento da parte della Fed nel corso di quest’anno. Kashkari, pur non essendo attualmente tra i membri votanti del FOMC, si è guadagnato negli anni la reputazione di economista indipendente e trasparente e alcune delle sue argomentazioni sono già ampiamente dibattute dall’opinione pubblica.
Anzitutto occorre considerare che le ultime due letture mensili dell’inflazione Usa si sono rivelate più alte delle attese: questo, da un lato, potrebbe essere interpretato come un effetto collaterale nell’ambito della traiettoria calante dei prezzi, dall’altro, però, potrebbe essere il segnale che il traguardo del 2% è ancora distante.
Entrambe le interpretazioni sono plausibili e i dati a sostegno dell’una e dell’altra non mancano: se, da un lato, il Personal Consumption Deflator (un altro indicatore dell’inflazione) è risultato leggermente inferiore alle previsioni, dall’altro l’ultima indagine dell’Institute for Supply Management ha dipinto il quadro di un settore manifatturiero in crescita, con una solida dinamica dei prezzi. Come si può vedere dal grafico seguente, che confronta l’ISM manifatturiero con il consenso degli analisti Reuters su base mensile, il fatto che l’indice sia salito a quota 50,3 punti (contro il 48,3 delle attese) denota la solidità del settore.
Anche l’indagine sui prezzi pagati (ISM Manufacturing Prices Paid Index), che rientra nella più ampia indagine dell’ISM, confermerebbe una dinamica dei prezzi più sostenuta del previsto nel mese di marzo.
Se si confrontano i dati sui prezzi pagati con quelli relativi all’inflazione Usa (vedi grafico sotto), si noterà come l’ISM Manufacturing Prices Paid Index possa fungere da indicatore dei movimenti futuri dell’inflazione Usa, con un anticipo di circa nove mesi.
Nel corso degli ultimi due anni, la narrativa dei mercati sviluppati è stata caratterizzata dalla debolezza diffusa del settore manifatturiero, a fronte della solidità del terziario, ma oggi la tendenza sembra destinata ad invertirsi e i policymaker non possono ignorarlo.
Vero è che questo discorso potrebbe valere soprattutto per gli Stati Uniti, dove, a seguito della crisi delle catene di approvvigionamento nell’era Covid e dell’intensificarsi delle tensioni con la Cina, si è assistito ad un aumento degli investimenti domestici. Lo confermerebbe il grafico seguente, che mostra la spesa per l’edilizia manifatturiera del settore privato: l’impennata registrata negli ultimi due anni potrebbe essere in parte ricondotta agli incentivi governativi, con buona pace di chi oltreoceano lamenta la mancanza di fondi pubblici.
Tornando al tema dei prezzi, l’osservazione di Kashkari è sensata: lo scenario macro negli Stati Uniti non è tale da giustificare un taglio dei tassi imminente.
I prossimi due mesi saranno decisivi, ma il mercato sembra essersi già adeguato e oggi, rispetto a sei fa, prezza un numero di tagli per il 2024 inferiore a quanto previsto dalle ultime proiezioni della Fed.
A differenza degli Stati Uniti, l’economia europea resta piuttosto debole, con la Germania ad agire da insolito freno. Sul fronte dell’inflazione, gli ultimi dati per l’Eurozona hanno sorpreso al ribasso, laddove l’inflazione Usa ha sorpreso al rialzo (vedi grafico sotto), rendendo sempre più probabile un primo taglio dei tassi da parte della Bce, in anticipo sulla Fed.