I lobbisti portati dall’Italia
Mettiamo a fuoco allora il nostro Paese che, evidentemente, non ha fatto mancare il proprio sostegno alle imprese dei carburanti fossili.
Il governo ha infatti accreditato alla Cop29 ben 24 lobbisti del fossile. E non sono stati solo lobbisti nazionali.
Cinque fanno riferimento a imprese straniere: partiamo da questi.
Tra le società straniere, quella che ha ricevuto più accrediti dall’Italia è Tokyo Gas, con 3 accrediti. Poi Mediterranean Energy and Climate Organisation-OMEC: con 2 accrediti. Il nome potrebbe indurre dubbi, ma tra i partner dell’organizzazione troviamo giganti dell’Oil&Gas come Eno, Edison, SNAM, SHELL. E poi, uno dei due accrediti è concesso a Lapo Pistelli, direttore degli affari istituzionali di ENI. Fugati i dubbi?
Ultimo ma non ultimo lobbista straniero a cui il governo italiano ha concesso un badge per Baku è persona di casa da quelle parti: Azer Mammadov, Direttore generale di SOCAR (State Oil Company of Azerbaijan Republic) la principale società energetica del Paese che ospita la Cop. Un badge di cortesia, potremmo dire. Sarà un caso che l’Italia è il primo importatore di combustibili fossili (gas e petrolio) dell’Azerbaigian?
Arriviamo ora ai lobbisti nostrani. Sono 19 quelli ai quali il governo ha aperto le porta della Cop.
Lobbisti Oil&Gas di società italiane
La maggior parte dei badge sono andati a Italgas, con sette accrediti più uno attribuito a Italgas Reti. Tra questi Paolo Gallo e Pier Lorenzo Dell’Orco, amministratori delegati delle due società, e Leonardo D’Acquisto, direttore degli affari istituzionali.
E proprio da Italgas arriva l’ennesima conferma – dopo le inchieste del Guardian – del ruolo che questi soggetti, invitati dai governi, hanno alle conferenze Onu sul clima. Il 12 novembre, infatti, a Cop appena aperta, Italgas e la SOCAR hanno firmato un accordo per una partnership strategica per la distribuzione di gas azero. Affari, ecco il motivo di queste trasferte facilitate dal nostro esecutivo.
Dopo Italgas, la delegazione più numerosa è quella di Edison, con 4 accrediti.
Poi troviamo Piero Ercoli, Domenico Maggi e Sergio Molisani, rispettivamente executive directort, Head of EU Affairs e Chief of International Assets Officer di Snam registrati però come “affiliated advisor” della Venice Sustainability Foundation, fondata per dare vita alla hydrogen valley a Marghera (si tratterà, evidentemente, di idrogeno blu, ottenuto da gas).
Con un badge ciascuno abbiamo poi Enel (Daniele Agostini, Head of Energy and Climate Policies), Confindustria (Daniele Bianchi, Coordinatore dei consorzi energetici nazionali oltre che membro del Cda del Consorzio Toscana energia), Seingim Group (gruppo ingegneristico che si occupa anche di Oli&gas, con Vittorio Maria Nicolò Maiorana, direttore degli affari Internazionali). E poi Eni, con il vicepresidente Marco Piredda (oltre al già ricordato Pistelli, sotto vesti OMEC).
I lobbisti italiani accreditati da altri
Ma oltre a questi, tutti accreditati dal governo italiano, altri emissari della nostra filiera Oil&gas sono stati accreditati da altri soggetti: sono 6 in tutto, che sommati ai 19 accreditati dal governo italiano porta a 25 il numero di referenti di imprese italiane delle energie fossili per i quali, ad oggi, si è riusciti verificare un accredito alla Cop29.
La società italiana che ha ricevuto più accrediti da soggetti diversi dal nostro governo è Eni: risultano altre 4 persone – a parte i citati Piredda e Pistelli – di cui 3 invitate dalla camera di commercio internazionale e 1 dal paese ospite: il CEO Claudio Descalzi. Oltre a Descalzi l’Azerbaijan ha invitato anche un rappresentante di Snam, Massimo Derchi, Chief Operations Officer. Fondazione Centro Studi Enel accredita un dipendente Enel, Riccardo Pozzi.
“Come organizzazione della società civile – commenta Marica Di Pierri, portavoce di A Sud – esprimiamo preoccupazione nei confronti di questa presenza ingombrante. E auspichiamo che i processi decisionali in ambito climatico lavorino per una maggior inclusione delle istanze sociali e delle istanze provenienti dai Paesi vulnerabili ai cambiamenti climatici, anziché confermare questa sostanziale sudditanza agli interessi delle Oil&gas companies”. Una preoccupazione, aggiunge, che si innesta “in un quadro generale preoccupante in cui, da alcuni anni, la scelta di tenere le negoziazioni in petrol stati mal si coniuga con la necessità di procedere a tappe serrate verso l’abbandono progressivo dei combustibili fossili” “Il fatto che anche quest’anno l’Italia si confermi sostanzialmente al primo posto in Europa per presenza di lobbisti dell’industria fossile alla Cop sul clima – conclude Di Pierri – sottolinea l’esistenza di un problema che va denunciato e affrontato: l’ingerenza che queste compagnie esercitano sia a livello nazionale che a livello internazionale nel varo di politiche energetiche e climatiche”.
Secondo Michele Vannucchi della Fondazione Openpolis, “i dati rilasciati fino a questo momento mostrano che non tutti i paesi europei forniscono a lobbisti del fossile accrediti per partecipare alle Cop, come invece fa il governo italiano. Un aspetto che rende la nostra richiesta di trasparenza ancora più urgente”.
“Ancora una volta la lobby fossile, con i campioni nazionali di Eni e Snam in prima fila, guarda alla COP come un’occasione per fare affari e per promuovere le proprie false soluzioni alla crisi climatica, CCS e idrogeno in primis. Anche quest’anno il negoziato è in crisi e una delle ragioni è proprio questa: non si possono ottenere risultati ambiziosi se i lobbisti fossili la fanno da padroni anche negli spazi negoziali. La loro massiccia presenza a Baku è uno scandalo a cui bisogna porre fine, ‘liberando’ dalla presenza di lobbisti fossili i negoziati per il clima” ha dichiarato Elena Gerebizza di ReCommon, tra le autrici del rapporto internazionale di KBPO sui lobbisti fossili alla COP29.
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