Schroders – Elezioni di metà mandato negli Stati Uniti: tre possibili scenari e le ripercussioni sui mercati

Gentilissimi,

invio di seguito e in allegato un commento sui tre possibili scenari e le ripercussioni sui mercati in vista delle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti, a cura di George Brown, Economist, Schroders.

 

Con l’occasione, ricordo che Schroders, fondato nel 1804, quotato alla Borsa di Londra dal 1959 e parte dell’indice FTSE 100, è uno dei principali gruppi finanziari globali, con un patrimonio gestito e amministrato pari a €898,4 miliardi (al 30.06.2022).

 

Un caro saluto,

Diana Ferla

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Schroders – Le elezioni di metà mandato negli Stati Uniti: tre possibili scenari e le ripercussioni sui mercati

A cura di George Brown, Economist, Schroders

 

Le elezioni di metà mandato (o “midterm”) sono raramente favorevoli al partito del presidente. Delle 19 midterm tenutesi dalla Seconda Guerra Mondiale, solo nel 2002 il presidente in carica è riuscito a guadagnare sia la Camera dei Rappresentanti sia il Senato.

Il calo dei prezzi della benzina, unito a una vittoria legislativa chiave con l’Inflation Reduction Act e alla decisione della Corte Suprema di revocare i diritti all’aborto, hanno contribuito a ribaltare la situazione a favore dei Democratici.

Tuttavia, le cose potrebbero cambiare di nuovo prima che gli americani si rechino alle urne l’8 novembre. In considerazione di ciò, ecco tre possibili esiti delle elezioni di metà mandato e le possibili reazioni del mercato.

 

Esito 1: Congresso diviso

Allo stato attuale, questo è l’esito più probabile. Ai Repubblicani è attribuita l’80% di probabilità di conquistare la Camera dei Rappresentanti, mentre al Senato i Democratici hanno il 60% di probabilità di mantenere il controllo. Dal punto di vista legislativo, questa situazione è problematica. Una Camera repubblicana bloccherebbe le proposte di legge di parte introdotte dai democratici. Inoltre, si scatenerebbe un’ondata di indagini congressuali che divorerebbe il tempo e le risorse dell’Amministrazione.

Dal punto di vista dei mercati, però, una situazione di stallo a Capitol Hill favorirebbe gli asset di rischio. Essere costretti a scendere a compromessi serve a moderare le inclinazioni più estreme di ciascun partito, offrendo agli investitori uno scenario politico più stabile. I dati lo confermano: le azioni statunitensi hanno registrato un guadagno medio annuo del 12,9% quando un presidente ha dovuto affrontare un Congresso diviso, il che si confronta con un più modesto aumento del 6,7% quando un presidente democratico ha controllato entrambe le camere.

Tuttavia, le azioni sono scese nel corso della maggior parte degli anni di midterm dal 1958, prima di toccare il fondo in ottobre, in modo simile al calo del 20% registrato quest’anno dall’S&P 500, e riteniamo che le azioni debbano ancora scendere. Le aspettative di guadagno rimangono eccessivamente ottimistiche, considerato che riteniamo imminente una recessione globale. Le aspettative sugli utili dovrebbero adeguarsi in vista del 2023, dopo di che le azioni potrebbero iniziare a recuperare.

 

Esito 2: i Repubblicani conquistano Camera e Senato

In questo scenario, i Repubblicani si assicurano il controllo di entrambe le Camere del Congresso. Si tratta di un risultato meno probabile del primo, poiché – sebbene tutti i 435 seggi della Camera siano contesi – sono in palio solo 35 dei 100 seggi del Senato. E dei 14 difesi dai Democratici, le migliori prospettive per i Repubblicani sono la Georgia e il Nevada, che sono, in realtà, dati al 50% per entrambi i partiti. Il fatto che i Democratici siano pronti a conquistare la Pennsylvania è un ulteriore grattacapo per i Repubblicani.

Ciò detto, il Partito Repubblicano ha recentemente riguadagnato terreno che, se mantenuto, potrebbe fargli conquistare Camera e Senato. Il controllo apparente del Congresso, tuttavia, non consentirebbe loro di approvare proposte di legge di parte, che subirebbero il veto del Presidente, la cui decisione può essere scavalcata solo da una “super maggioranza” di due terzi in entrambe le camere.

In questo scenario ci si dovrebbe aspettare poco a livello legislativo, il che dovrebbe essere di supporto alle azioni. Ma i Repubblicani potrebbero anche adottare un approccio più duro nel controllo della disciplina fiscale. Ciò potrebbe risultare in una resa dei conti simile a quella del 2011, quando Biden (allora vicepresidente) dovette trovare un accordo all’ultimo minuto con i leader repubblicani per evitare un default degli Stati Uniti, con il conseguente primo declassamento del rating creditizio degli Stati Uniti: una combinazione che fece crollare di quasi il 20% l’indice S&P 500.

 

Risultato 3: i Democratici si aggrappano allo status quo

All’inizio di quest’anno, immaginare il mantenimento della triade – Presidenza, Camera dei Rappresentanti e Senato – da parte dei Democratici sembrava una ipotesi irrealizzabile. Ma ora si trovano in una posizione in cui potrebbero realizzare ciò che prima era una utopia.

I Democratici sarebbero incoraggiati a portare avanti il programma del presidente. L’aumento delle aliquote massime delle imposte sulle società, sul reddito e sui guadagni di capitale sarebbero tutte sul tavolo. Così come l’inasprimento della regolamentazione in settori come quello bancario e sanitario. I settori interessati potrebbero subire una certa pressione iniziale di vendita. E mentre il sentiment di rischio più ampio potrebbe beneficiare di una posizione fiscale più allentata, gli investitori dovrebbero valutare le possibili implicazioni per la politica monetaria.

Tuttavia, ciò dipenderà in larga misura dal grado di successo che i Democratici potranno ottenere. Il Partito ha avuto difficoltà a realizzare appieno le ambizioni del presidente, data la sua attuale debole presa sulla Camera e sul Senato. Ciò è avvenuto soprattutto in quest’ultimo, dove i Democratici centristi Joe Manchin e Kyrsten Sinema hanno opposto resistenza ad alcune delle riforme più liberali. A meno che il partito non riesca a conquistare più seggi in entrambe le Camere, continuerà ad affrontare le stesse sfide degli ultimi due anni.

 

Le elezioni di metà mandato sono importanti per i mercati

Per le midterm, come detto, il risultato ottimale dal punto di vista azionario sarebbe quello in cui prevale lo stallo a Capitol Hill. Ma storicamente le azioni hanno registrato performance positive indipendentemente dalla composizione del Congresso. Un fattore determinante per il sentiment nei prossimi due anni sarà la misura in cui la Federal Reserve dovrà aumentare i tassi di interesse per contenere l’inflazione. E questo dipenderà in parte da quale partito, se ci sarà, uscirà vincitore dalle elezioni di metà mandato.

Una consistente presenza democratica, probabilmente, perseguirebbe politiche che in ultima analisi sarebbero di stimolo, rendendo necessario mantenere i tassi più alti più a lungo. Mentre un Congresso più equamente diviso aumenterebbe la probabilità di paralisi politica, dando alla Fed la possibilità di calibrare la politica senza ostacoli. Inoltre, con la conquista del Congresso da parte dei Repubblicani, la legislazione sarebbe praticamente inesistente, anche se con il rischio di un’altra situazione di stallo fiscale.

Le midterm serviranno anche da cartina di tornasole per le possibilità di Donald Trump di riconquistare la Casa Bianca. Anche se non ha confermato esplicitamente che si candiderà nel 2024, secondo il sito di scommesse Betfair ha il 25% di possibilità di vincere.

Durante la sua presidenza i mercati hanno vissuto quattro anni difficili, caratterizzati da tensioni geopolitiche e ripetuti attacchi alla Fed. Alla fine, tuttavia, l’S&P 500 ha registrato un impressionante rendimento annualizzato del 13,7% nel periodo.

Resta da vedere quale sarà l’esito, con una partita ancora tutta aperta. Ma alla fine dei conti, un cattivo esito delle elezioni di metà mandato per entrambi i partiti si concretizzerà in un buon risultato per gli investitori.

 

 

(Commento e foto in allegato)

 


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