L’ADL del 15 giugno 2023

L’Avvenire dei lavoratori

15 giugno 2023 – e-Settimanale della più antica testata della sinistra italiana

Organo della F.S.I.S., Centro socialista italiano all’estero, fondato nel 1894 / Direttore: Andrea Ermano

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IPSE DIXIT

 

A nord delle Alpi sciopero femminista – «Ancora oggi le donne ricevono bassi salari e pensioni e svolgono più lavoro non retribuito. Se ciò non bastasse, sono confrontate con discriminazioni e molestie. È ora di miglioramenti concreti! Per questo motivo, abbiamo deciso di organizzare in Svizzera un grande sciopero delle donne il 14 giugno 2023! Ci mobilitiamo per il posto di lavoro, contro le troppe disparità, ma anche per smuovere l’opinione pubblica e l’intera società.» – Il Gruppo di “Sciopero femminista”

 

Sciopero Femminista 2023

© Jonathan Labusch Zurigo

      

        

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.collettiva.it

 

Grecia, un’altra

strage di migranti

 

Un peschereccio dalla Libia si ribalta a Pylos, almeno 80 vittime. Segnalato più volte, non ha avuto soccorso. Le ong: “Per loro nessun lutto nazionale”

  

Un’altra terribile strage dei migranti, avvenuta stavolta al largo della Grecia: sono circa 80 le vittime accertate al momento, ma potrebbero essere molte di più. Lo riferiscono le agenzie di stampa. Secondo la prima ricostruzione, un peschereccio partito Tobruk in Libia e diretto in Italia, con a bordo 750 migranti, si è ribaltato al largo di Pylos nella zona del Peloponneso. Negli ultimi giorni l’imbarcazione era più volte stata segnalata dagli attivisti, ma non è stata soccorsa da nessuno. I soccorritori, purtroppo, riferiscono che il numero dei morti è destinato a salire.

    “Ecco la conseguenza della continua chiusura delle frontiere: altre vittime, altre vite distrutte”, ha commentato subito Emergency. “Una strage che è diretta conseguenza delle scelte di un’Europa – aggiunge l’organizzazione -, che persevera a chiudersi in una fortezza, come dimostra anche l’intesa sul Patto per la migrazione condivisa in Consiglio europeo: barriere rafforzate, procedure accelerate alle frontiere per respingere persone che invece dovrebbero essere accolte e tutelate”.

    Quindi la ricetta: attuare politiche studiate per difendere i confini e la sicurezza nazionale, istituire vie legali e sicure di ingresso, garantire il diritto d’asilo, avviare una missione navale europea di ricerca e soccorso, anche con il supporto delle Ong in mare. Conclude Emergency: “Queste sono le azioni urgenti da intraprendere per evitare altre stragi e preservare ciò che è più importante: la vita delle persone”.

    “Per chi muore nel Mediterraneo nessun lutto nazionale”. Lo afferma Sea Watch, dopo la notizia del naufragio: “Centinaia di persone abbandonate dalle autorità hanno perso la vita nel Mar Ionio – spiega l’Ong -. Da ieri era noto l’emergenza a bordo dell’imbarcazione partita dalla Libia e naufragata vicino alle coste greche. Centinaia di persone sono disperse in mare, abbandonate dall’autorità europee. Per loro non ci saranno né funerali di Stato né lutto nazionale”.

    Sulla stessa linea anche Open Arms: “Centinaia di vittime innocenti in un altro naufragio evitabile. Fino a quando continuerà l’indifferenza di chi ci governa e delle istituzioni europee? Senza vie sicure e legali – avverte – il Mediterraneo resterà la più grande fossa comune del pianeta”.

       

      

EDITORIALE

 

Fu vera gloria,

o vera infamia?

 

Ei fu. In questi giorni – dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi (1936-2023), avvenuta nel “suo” ospedale, il San Raffaele di Segrate – l’Italia viene attraversata da un’onda mediatico-emotiva di notevoli dimensioni…

 

di Andrea Ermano

 

Che dire delle rocambolesche avventure e gesta, imprenditoriali o calcistiche, di Berlusconi: ai posteri l’ardua sentenza? No, quella fu vera gloria. Nessuno potrebbe negarlo. Ma varrà lo stesso anche per le “serate eleganti”? Il sito della Treccani alla voce “olgettina” parla di un “sostantivo femminile ironico” che significa: “Ragazza ospite delle cene di Silvio Berlusconi a Arcore, residente in via Olgettina a Milano” (vai al sito).

 

Via Olgettina 65: qui vivevano le quattordici

ragazze del “Caso Ruby”

 

Ei fu. Un esponente politico di primaria importanza durante questi tre decenni italiani è morto. Tentiamo, dunque, un abbozzo di riflessione. Mentre scriviamo queste righe si celebrano al Duomo di Milano funerali di Stato voluti dal Governo di Giorgia Meloni, la quale non molto tempo fa si era dichiarata non ricattabile da “nessuno”, con ciò intendendo “Berlusconi”. Ma ora, in onore di quest’ultimo, la premier attuale ha giudicato opportuno proclamare una giornata di lutto nazionale.

    Atto “assolutamente spropositato”, secondo il verde Angelo Bonelli, essendo la prima volta che ciò accade in seguito alla morte di un “semplice” ex Presidente del Consiglio. Ma forse l’ex Cavaliere non è stato semplicemente un inquilino di Palazzo Chigi. Ad ogni modo, così e non altrimenti ha deliberato il Governo, affinché l’intero popolo italiano rendesse tributo a una personalità che la non ricattabile premier reputava avere altamente illustrato il Paese.

    Il giudizio dell’autorità politica spettava a Meloni, che ne aveva facoltà. Per il giudizio della Storia bisognerà attendere ancora un po’. E, tuttavia, Lucio Caracciolo, direttore di Limes, tratteggia fin d’ora lo “stato dell’arte” formulando queste valutazioni: «Sotto il profilo del rapporto con le donne, lui era un maschilista italiano medio… magari con qualche enfasi. Il problema di Berlusconi… è che lui è stato un grande uomo di azienda, un imprenditore geniale, un grande intenditore di calcio (la storia del Milan ce lo ricorda), ma ha scelto la politica non per una vocazione… ma per difendere l’azienda. E soprattutto non ha mai capito che un’azienda è una cosa, lo Stato un’altra», così Caracciolo, ospite di Lilli Gruber (vai al sito).

    Secondo noi, il direttore di Limes ha ragione. Perché in un’azienda chi guida si chiama “padrone”, e sceglie i suoi “dipendenti”. In uno Stato democratico, invece, si chiama “servitore”, perché è scelto dalle cittadine e dai cittadini che deve servire e dal cui consenso “dipende”. Questione di parole? Non potremmo chiuderla qui, la questione dei funerali di Stato e del lutto nazionale?

     La questione non è per nulla chiusa, mancando, appunto, il giudizio della Storia. Comunque sia, bandiere a mezz’asta sugli edifici pubblici, e un minuto di silenzio in tutte le scuole italiane in onore di una persona che pure ha subito una condanna detentiva per frode fiscale ai danni dello Stato, espiata con affidamento in prova al servizio sociale fino all’8 marzo 2015.

    Roma locuta, causa finita? A rischiare la detenzione sarà ora il rettore dell’Università di Siena, Tomaso Montanari, reo di mancata osservanza del lutto nazionale: «Nella mia università niente bandiere a mezz’asta per Berlusconi», aveva deciso l’insigne accademico. Ma forse non a caso l’ateneo senese retto da Montanari è una Università per stranieri. Perché in effetti gli stranieri faticano, su questo punto, a capire noi italiani, e basta ascoltare una rassegna stampa internazionale per farsene un’idea (vai al sito Rai Radio 3).

    C’è una fondamentale differenza nel “modo di sentire” che contraddistingue il nostro Paese rispetto a tutti gli altri. Perché Berlusconi, fuori d’Italia (vedi il video), è assurto a celebrità per i sorrisini di commiserazione da parte di altri leader europei, ma anche per essere stato l’inventore di un populismo abbastanza sciagurato. Il quale, negli anni, è perigliosamente esondato verso i Paesi di Visegrad oltre che in diversi movimenti reazionari di nuovo conio. Quindi, conclude Montanari: «È vero che Berlusconi ha segnato la storia, ma lo ha fatto lasciando il mondo e l’Italia assai peggiori di come li aveva trovati».

 

Coincidenze temporali del 14/6/2023 – Scioperi femministi a nord delle Alpi

(foto a sin.), funerali di Stato per Berlusconi al Duomo di Milano (a destra)

 

Giunti sin qui, veniamo ora al momento in cui l’uomo di Arcore divenne amico di Bettino Craxi. Ciò accadde molto prima della famosa “discesa in campo” – che sarà dettata dai debiti miliardari del Biscione e da un acuto rischio giuridico a essi collegato. Dal primo Presidente del Consiglio socialista, in tempi ormai lontani, aveva ottenuto il salvataggio delle reti Fininvest, oscurate per ordinanza dei pretori di Pescara, Roma e Torino, i quali intendevano così impedire la violazione di una norma di legge, allora in vigore, che vietava ai canali televisivi privati la trasmissione su scala nazionale.

    Negli anni, il sodalizio con il segretario del PSI si consolidò a tal punto che i coniugi Craxi furono testimoni di nozze al matrimonio di Berlusconi con Veronica Lario nel 1990. E l’amicizia sopravvisse anche quando la tempesta di Tangentopoli investì in pieno l’ex premier insieme all’intero sistema politico.

    “Quell’inchiesta giudiziaria spazzò via i cinque partiti italiani più importanti”, ricorda Bobo Craxi, figlio del leader socialista, commentando la morte di Berlusconi, il quale nel 1994 aveva indubbiamente saputo riempire, con la creazione di Forza Italia, il temibile vuoto politico causato dal crollo della Prima Repubblica.

    Tra Craxi e Berlusconi vi fu un’importante amicizia-alleanza. Che portò molta fortuna a Silvio, poca a Bettino: il primo aveva potuto conservare nel 1984 tutta la sua potenza mediatica, il secondo pagherà di lì in poi il prezzo di quel salvataggio, perdendo non poca credibilità.

 

Silvio Berlusconi con Bettino Craxi negli anni Ottanta

(Mimmo Chianura / AGF)

 

Ma il punto decisivo sta nel “vuoto politico” che si sarebbe spalancato come un baratro di lì a qualche anno, e del quale Berlusconi seppe profittare, da par suo, pur senza poter poi mettere in campo l’eccellenza di un uomo politico e di governo della statura di Bettino Craxi. È questo il punto più saliente, perché “vuoto politico” è sinonimo di quello stato d’eccezione in cui s’impone la sovranità di chi – giunti al momento decisivo – mostra di possedere la forza fattizia di decidere.

 

Forse allora, però, va ascritta ai casi di fortuna nella sfortuna il fatto che, in quei torbidi anni Novanta, si sia affermata in Italia una “forza fattizia” di tipo mediatico-finanziario (e non per esempio secessionista, golpista o altro). Certo, la potenza mediatico-finanziaria berlusconiana era e resta responsabile di non aver fatto progredire il Paese; ché, anzi, lo condusse persino a regredire, per esempio sul piano dei costumi e della volgarità generale, stendendo un velo pietoso su una piaggeria in politica internazionale, verso Putin e Bush, obiettivamente molto lontana dai tempi di Sigonella.

 

La premier Giorgia Meloni ai funerali di stato

di Berlusconi: “I suoi eredi politici lo renderanno

orgoglioso”. © ANSA 2023

 

Ma, tutto sommato e dopo tutto, il sistema detto “Seconda Repubblica” ha saputo dimostrarsi compatibile con l’impianto istituzionale fondato sulla Costituzione italiana, al netto delle numerose e gravi forzature, che pure non sono mancate. In questo senso – beninteso, senza condividere la scelta meloniana dei funerali di Stato connessi alla proclamazione di un lutto nazionale – non saremo certo noi a lanciare l’anatema su di essi.

    Dopodiché, a nostro sommesso parere, e contro ogni pronostico, il Governo Meloni rappresenta, come dire, una sorta di ultimo carciofo super-decotto servitoci dalla destra italiana. Ma i nostri predecessori abbaiarono alla luna da queste colonne per un ventennio. E quindi vedremo, perché le previsioni valgono quel che valgono. Però, adesso l’Italia avrebbe davvero bisogno di voltare pagina.

       

   

SPIGOLATURE

 

all’inseguimento

del successo

 

di Renzo Balmelli

 

 

PARABOLA. Ei fu. Quando scompare un personaggio discusso e sconcertante qual è stato Silvio Berlusconi dopo un’esistenza spesa all’inseguimento del successo, viene naturale chiedersi che posto avrà nei libri di storia. In attesa del verdetto a venire, non sembra fuori posto rimarcare che trent’anni di berlusconismo con tutto ciò che hanno significato possono più che bastare. A quella parte dell’Italia che lo accolse come il Salvatore non resta che voltare pagina e cercarsi un’altra famiglia. Il coro di superlativi da toni di beatificazione laica che abbiamo udito in questi giorni non può occultare la difficoltà di collocarlo nel ruolo di premuroso Padre della patria al quale ambiva più di qualsiasi altro riconoscimento. Il Cavaliere ha saputo costruite un sistema di potere unico nel suo genere anche passando per vie traverse. Però, non ha risolto i grandi problemi del Paese. Anzi.

 

 

A bocce ferme l’immagine che se ne ricava è quella di un protagonista abilissimo a coltivare i propri interessi sorretto dalle sue indubbie doti di comunicatore. Nel periodo di maggior fulgore ai suoi elettori usava presentarsi sempre accuratamente truccato, proprio come le sue irrealizzabili e irrealizzate promesse. La qualcosa gli valse l’aura di colui al quale tutto riusciva e tutto era concesso. E ora? Ei fu – in quest’incipit manzoniano è racchiusa la parabola di un uomo che di vite ne ha vissute tante e non ha esitato a definirsi “Unto del Signore”, con tanti saluti alla modestia. Chissà che idea se ne sarà fatta San Pietro? Come detto, sarà la Storia, che non fa sconti, a giudicare il suo operato. R.I.P.

 

DECLINO. Chi è stato davvero Silvio Berlusconi? Calato il sipario sulle solenni esequie nel Duomo di Milano, la domanda ha preso a circolare un po’ ovunque ai quattro angoli del pianeta. Domanda che si accompagna agli interrogativi sulle ricadute che la sua scomparsa potrebbe avere sulla tenuta della coalizione di governo, piuttosto litigiosa, e sulla sorte del suo partito. Il Cavaliere era famoso nel mondo intero anche per le sue gesta – pensiamo alle corna mostrate a un vertice dei grandi della terra – che a lungo hanno tenuto banco nelle cronache delle maggiori testate. Come puntualizzava Pier Luigi Bersani in una recente intervista, l’ex premier è stato un liberale immaginario. Con la sua discesa in campo ha portato la personalizzazione della politica a livelli mai visti prima. Nella “stanza dei bottoni” è riuscito nella strana impresa di sdoganare il neo/post fascismo e ad istaurare un populismo di stato fondato su slogan di facile suggestione. Forza Italia, che considerava la sua amatissima creatura, potrebbe adesso svuotarsi, nell’ora del declino, decretando davvero la fine di un’epoca non solo sul piano politico, ma anche etico e morale. Non avendo successori lascia un’eredità difficile da gestire mentre sullo sfiondo si staglia la destra reazionaria e conservatrice che non si è evoluta e difende sacche di privilegi.

 

 

BLUFF. Donald Trump, considerato uno degli ipotetici imitatori di Berlusconi, le prova tutte nelle aule dei tribunali in cui si sta giocando la corsa del 2024. Ogni mezzo gli torna utile per non perdere terreno, cavalcando le paure della gente di fronte alle calamità che affliggono il mondo. L’ultima trovata messa in circolazione per catturare consensi è la pretesa di avere in tasca una soluzione in grado di porre fine alla guerra in Ucraina nel giro di 24 ore, non appena sarà stato rieletto. Se fosse davvero così avrebbe una sola cosa da fare, subito e senza secondi fini: renderla pubblica per il bene dell’umanità. Da ex presidente ne avrebbe l’obbligo istituzionale. Tuttavia, è altamente improbabile che sia in possesso di argomenti seri in grado di fermare il conflitto, a meno che non abbia nascosto le carte. Non sarebbe la prima volta. Il bluff d’altronde è talmente evidente che non ci cascherebbe neppure un pokerista alle prime armi. Su un argomento talmente grave e doloroso non si dovrebbe mai speculare spacciando illusioni un tanto al chilo, solo per raccattare voti a buon mercato.

 

CIMITERO. Ancora rimane nel cuore e nell’anima il ricordo dello strazio per il dramma di Cutro, e già dobbiamo registrare un’altra tragedia del mare che vede quali protagonisti i migranti abbandonati al loro destino. Una volta ancora, l’ennesima di una lunga e ininterrotta scia di morti, si ripete lo stesso film già visto e rivisto come se le tremende lezioni del passato fossero trascorse senza lasciare traccia. Una nuova “Cutro” si è consumata al largo di Salonicco. Uno dei più gravi naufragi di migranti della storia: uomini, donne, bambini partiti dalle coste libiche nella speranza di trovare rifugio nei centri di accoglienza hanno concluso il viaggio della speranza in fondo al Mediterraneo. Di fronte a immagini che tolgono il respiro, a scene di disperazione intollerabili, a quei bimbi che invocano le loro mamme sparite tra le onde, ci si chiede in un impeto di rabbia come possano ancora accadere cose simili. Non si conosce il bilancio definitivo della spaventosa sciagura e anziché pensare a come porvi rimedio per evitare che si ripetano, parte l’assurdo balletto del rimpallo delle responsabilità tra le capitali dei paesi coinvolti. E, nel sentire le reazioni ufficiali che esprimono “preoccupazione” per il ripetersi di queste tragedie, si prova un sentimento di infinita tristezza sia per l’ipocrisia in cui sono avvolte, sia per l’entità di quello che è accaduto e sia per le polemiche sull’efficacia dei soccorsi. Nella stiva in cui erano accalcate decine di piccole vittime già da ore salivano le invocazioni d’aiuto. Quando sono arrivati i soccorsi, era ormai troppo tardi, ma domani, tragedia nella tragedia, coloro che dovrebbero agire probabilmente si saranno già dimenticati del cimitero in cui giacciono centinaia di vittime innocenti senza un nome, senza una lapide, senza un fiore.

 

EROINA. Nell’osservare con animo in subbuglio quanto sta capitando in Ucraina, torna in mente una famosa, amara battuta della gentile signora che di fronte al disastro disse con voce rassegnata: mi kafkano le braccia. La guerra che mai e poi mai, per nessuna ragione, si sarebbe dovuta dichiarare, si è ormai impantanata. Evidente l’incapacità di sbloccare una situazione sempre più incancrenita. Da un lato, la coraggiosa controffensiva di Kiev costa sangue e dolore. Dall’altro lato, Putin sembra ormai imprigionato nel suo oscuro disegno senza sbocchi con il quale ha provato a uscire dal flusso della storia europea. Tra mercenari incontrollabili e droni che prefigurano gli inquietanti scenari fantascientifici dei prossimi conflitti, sul palcoscenico mondiale c’è però un’eroina da difendere dagli assalti del potere autocratico: la democrazia. Difenderla senza cedimenti di sorta, prima che questo conflitto diventi una guerra totale: la terza guerra mondiale combattuta a pezzi, come ebbe a definirla Papa Francesco. Tra l’opinione pubblica che anela alla pace prevale il timore che essa possa durare nel tempo, soverchiata dal numero dei morti, senza che si intravveda un’ipotesi di soluzione.

 

GENIALITÀ. Se un autore e regista, con la forza della sua straordinaria immaginazione, riesce a produrre un film recante l’incredibile titolo Caruso Pascoski (di padre polacco), significa che è dotato di mezzi creativi fuori del comune.

 

Franceco Nuti (1955-2023)

 

E Francesco Nuti – che se n’è andato a 68 anni dopo una lunga, dolorosa malattia – di mezzi ne aveva, per sfondare nel mondo della celluloide. Nel corso della sua carriera è stato un autore che in virtù della sua bravura ha rapito il cuore del pubblico con ruvida, genuina genialità. Il suo stile era venato del demenziale surrealismo con cui indagava sulla realtà sociale e sulla condizione umana. Il film di cui sopra, uscito nel 1988, fece registrare quindici miliardi di incasso consacrando Nuti, al di la delle cifre, tra gli interpreti più straordinari della commedia all’italiana. Brillante e giocoso, realizzerà altre pellicole che si ricordano per la loro unicità, prima di venire stritolato dal successo, che fu per lui foriero di problemi che lo condannarono all’oblio di un declino triste e immeritato.

 

 

 

Da La Rivoluzione Democratica

 

Intellettuali in fuga

 

È da poco uscito l’articolo di Paolo Bagnoli, Amelia Pincherle Rosselli (pdf scaricabile) nella pagina a lei dedicata in italiano e in inglese, sul sito web Intellettuali in fuga dall’Italia fascista. Migranti esuli e rifugiati per motivi politici e razziali. (FUP, 2a ed. riv. e ampliata).

    Ideato e diretto da Patrizia Guarnieri, il sito ricostruisce le storie di vita di fuorusciti antifascisti, ebrei e altri indesiderabili al regime che lasciarono l’Italia durante il ventennio. E’ un’opera in progress ad accesso gratuito, bilingue, con articoli originali, un eccezionale archivio fotografico, mappe geolocalizzate, alberi genealogici della mobilità, data base e varie funzioni di ricerca.

 

Qui l’elenco aperto di circa 400 intellettuali:

https://intellettualinfuga.com/it/elenco_intellettuali

Per rimanere aggiornati sugli inserimenti più recenti, si veda:

https://intellettualinfuga.com/it/cosa_ce_di_nuovo

Il sito ha il patrocinio di importanti istituti italiani ed esteri, ed un’ampia diffusione, ecco la mappa delle visualizzazioni: https://intellettualinfuga.com/it/dicono_di_noi).

 

https://www.rivoluzionedemocratica.it/

      

    

da >>> TERZO GIORNALE *)

https://www.terzogiornale.it/

 

Meloni e Saïed

uniti nella lotta

 

di Vittorio Bonanni

 

Kaïs Saïed come Zine El-Abidine Ben Ali? Sia pure con le differenze del caso, le assonanze non mancano tra i due leader tunisini. Quest’ultimo depose il 7 novembre del 1987, con quello che venne definito “un colpo di Stato medico”, il padre della patria Habib Bourguiba, fatto fuori per non ben chiariti problemi di salute. A sua volta, il leader del Raggruppamento costituzionale democratico, allora membro dell’Internazionale socialista, venne cacciato il 14 gennaio 2011, dopo quasi ventiquattro anni di governo, travolto dalla “primavera dei gelsomini”, esplosa contro il suo autoritarismo e la gravissima crisi economica che aveva colpito il Paese. Dopo diverse presidenze ad interim arrivava quella di Saïed, il quale rischia di fare ora la stessa fine.

    Certo, è stato diverso il suo arrivo alla testa della nazione. L’attuale capo dello Stato è stato eletto democraticamente, il 23 ottobre 2019. Ma ha poi messo in atto una pericolosa torsione autoritaria. Nel 2021 ha revocato i membri del governo, congelando le attività parlamentari (vedi qui), e adottato nel 2022 una nuova Costituzione (vedi qui ) che gli ha conferito nuovi poteri. Insomma, la Tunisia è entrata a pieno titolo in una nuova fase dittatoriale – è il caso di chiamarla così perché i principali oppositori sono in carcere –, la quale, come nel passato, sta coincidendo con una drammatica crisi economica (vedi qui) che potrebbe travolgerlo, come successe appunto a Ben Ali. Per questo l’autocrate si sta rivolgendo al mondo che conta, da una posizione però complicata, che tuttavia non ha impedito alla presidente del Consiglio italiana di incontrarlo negli scorsi giorni.

    Se Spagna e Germania stanno adottando cautela nei confronti di un regime poco presentabile – e la Francia non può certo ignorare l’ex colonia della quale è la prima partner commerciale –, Giorgia Meloni, che condivide con Saïed la preoccupazione paradossale della “sostituzione etnica”, essendo la prima in ansia per l’arrivo dei migranti islamici e il secondo per quelli sub-sahariani, cerca di ricavarsi un ruolo di interlocutrice con l’Europa e il Fondo monetario internazionale per un aiuto economico, in cambio di uno sforzo delle autorità di Tunisi a contenere l’arrivo dei migranti, spesso fermati con modi e mezzi nient’affatto conformi al rispetto dei diritti umani. 

    Ed è proprio su questo tema, e più in generale sulla preoccupante deriva autoritaria in atto nel Paese, che l’inquilina di Palazzo Chigi ha adottato la politica del silenzio. Un vero e proprio do ut des, messo in atto da un mutismo evidenziato plasticamente in una foto ben descritta da Frida Dahmani, giornalista della prestigiosa rivista “Jeune Afrique”, ripresa dal “Fatto quotidiano”: “L’immagine è ingannevole, sembra tratta da una conferenza stampa quando non vi è presente alcun giornalista”. In questa veste l’underdog made in Italy non si sarà trovata in imbarazzo, visto che di fatto ha cancellato in patria l’incontro con i  giornalisti che, per esempio, avrebbero potuto chiederle conto delle proteste che, proprio in quei giorni, sono state organizzate dalle associazione dei familiari di quei migranti di cui, partiti per l’Italia, non si hanno più notizie da tempo – o dei maltrattamenti che vengono loro inflitti, non troppo diversi dalle vessazioni che subiscono dalle forze dell’ordine del Paese maghrebino.

    Ma queste tematiche vengono scientemente dimenticate dall’Occidente, e la leader tricolore non sfugge a questa regola. La sua ambizione è diventare uno strumento finalizzato a sbloccare gli aiuti europei, che ammontano a circa cinquecento milioni di euro, e quelli – capestro – del Fondo monetario internazionale di due miliardi di dollari. Un cappio al collo, questi ultimi: perché il massimo organismo finanziario internazionale pretende le solite famigerate “riforme strutturali”, che significano taglio delle spese statali, con conseguente riduzione del personale e aumento di massa dei disperati che popolano il Paese maghrebino.

(continua sul sito)

 

*) Terzo Giornale – La Fondazione per la critica sociale e un gruppo di amici giornalisti hanno aperto questo sito con aggiornamenti quotidiani (dal lunedì al venerdì) per fornire non un “primo” giornale su cui leggere le notizie, non un “secondo”, come si usa definire un organo di commenti e approfondimenti, ma un giornale “terzo” che intende offrire un orientamento improntato a una rigorosa selezione dei temi e degli argomenti, già “tagliata” in partenza nel senso di un socialismo ecologista. >>> vai al sito

       

     

L’Avvenire dei lavoratori – Voci su Wikipedia :

(ADL in italiano) https://it.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_lavoratori

(ADL in inglese) https://en.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(ADL in spagnolo) https://es.wikipedia.org/wiki/L’Avvenire_dei_Lavoratori

(Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo

(Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

 

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Da Avanti! online

www.avantionline.it/

 

Uccisi dal lavoro

 

Cinque morti in 24 ore

 

La strage non si ferma. Le cronache di questi giorni ripropongono in modo drammatico le problematiche della sicurezza nel mondo del lavoro.

 

di Salvatore Rondello

 

Cinque morti sul lavoro nelle ultime 24 ore. La notizia della prima tragedia è arrivata da Gioia del Colle, in provincia di Bari, dove due uomini di 81 e 47 anni, padre e figlio, sono morti in un incidente avvenuto nella tarda serata di lunedì in una cantina vinicola della zona. Secondo una prima ricostruzione la vittima più giovane, Filippo Colapinto, era intento a pulire una cisterna con dentro del vino e sarebbe caduto all’interno. Il padre, Giovanni Colapinto, nel tentativo di salvarlo, sarebbe caduto a sua volta nella vasca.

    Un altro incidente mortale è avvenuto lungo l’autostrada A4, nella tratta tra Desenzano del Garda e Brescia. Un operaio di circa 60 anni, residente a Piove di Sacco nel Padovano, è stato investito da un camion in manovra in cantiere mentre era impegnato in lavori di asfaltatura. Per le conseguenze dell’incidente è morto sul colpo. È successo poco prima delle 11 al km 241, in territorio di Lonato: a nulla è servito il tempestivo intervento dei sanitari, giunti sul posto con l’automedica, un’ambulanza di Valtenesi Soccorso e l’elicottero decollato da Brescia.

    Sempre nel Bresciano, ma questa volta a Castegnato, un uomo è precipitato da un traliccio dell’alta tensione alto circa 45 metri lungo la via Padana Superiore. Dalle primissime informazioni si tratterebbe di un lavoratore albanese di soli 23 anni residente a Caorle. I soccorritori, intervenuti sul posto, non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso.

    Un’altra tragedia si è consumata nel Catanese dove Angelo Aleo, operaio di 56 anni è morto ieri mattina in un incidente avvenuto intorno alle 11 in un cantiere edile in via Famiglia Santagati, a Misterbianco. Secondo le prime ricostruzioni l’uomo sarebbe precipitato da un’altezza di tre metri durante la realizzazione del solaio di un edificio.

    Solo nel primo quadrimestre 2023 sono state 264 le denunce di infortunio sul lavoro con esito mortale presentate all’Inail, tre in più rispetto alle 261 registrate nel primo quadrimestre 2022, 42 in meno rispetto al 2021, 16 in meno rispetto al 2020 e 39 in meno rispetto al 2019.

    Secondo l’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering, nel primo quadrimestre 2023, il bilancio è ancora nefasto per il Paese.

    La media del primo quadrimestre è impressionante: 66 decessi al mese e più di 15 alla settimana. Di questi 207 gli infortuni mortali in occasione di lavoro, 57 quelli in itinere. 3 vittime in più del 2022.

    Un bilancio tragico, che continua a evidenziare la difficoltà di arginare il drammatico fenomeno delle morti bianche. L’Osservatorio Sicurezza sul Lavoro di Vega Engineering ha reso noti i dati relativi al primo quadrimestre del 2023, a partire dai dati ufficiali Inail.

    La preoccupazione dell’osservatorio Vega Engineering è molto forte per l’incidenza di mortalità dei giovanissimi con un’età compresa tra i 15 e i 24 anni. Il 50% in più rispetto ai colleghi nella fascia tra i 25 e i 34 anni. Inoltre, fino ai 14 anni si rilevano ancora 20.859 denunce di infortuni (oltre il 10% del totale).

    Altrettanto preoccupante è la situazione per i lavoratori stranieri: il loro rischio di infortunio mortale è quasi doppio rispetto agli italiani, con un’incidenza di mortalità di 15,2 contro gli 8,3 degli italiani.

    Continuano a diminuire le denunce di infortunio complessive: -26,4% rispetto ad aprile 2022. Un dato confortante, ma va spiegato: nei primi mesi del 2022 gli “infortuni per Covid” erano ancora molto numerosi. Dunque, è la conclusione dell’emergenza sanitaria la vera causa di questa diminuzione.

    L’attività manifatturiera rimane il settore più colpito dagli infortuni. A seguire le Costruzioni (9.195), la Sanità (9.119), il Trasporto e Magazzinaggio (9.018) ed il Commercio (8.742).

    A finire in zona rossa nel primo quadrimestre 2023 con un’incidenza superiore al 25% rispetto alla media nazionale ci sono: Umbria, Valle D’Aosta, Abruzzo e Marche. In zona arancione: Veneto, Piemonte, Liguria, Lombardia e Sicilia. In zona gialla: Campania, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige, Puglia, Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Lazio e Toscana. In zona bianca: Calabria, Basilicata e Molise.

    Nella classifica delle regioni, il Lazio è al 16° posto con 16 vittime. Resta, come nel primo trimestre, tra le regioni in zona gialla, con indice tra 0.75 e 1. Per quanto riguarda invece le province, Frosinone è al 63° posto della graduatoria, stilata in base all’indice di incidenza di infortuni mortali rispetto agli occupati, con un caso di morte sul lavoro. Dato che resta invariato rispetto al bilancio del primo trimestre.

    Delle altre province del Lazio Latina, con tre casi è quella più colpita in relazione al numero di occupati, che è pari a 209.824. In provincia di Viterbo un caso su 114.667 di occupati; la provincia di Roma conta 11 casi su 1.769.080 lavoratori, mentre in provincia di Rieti non sono stati registrati casi.

    Per ridurre questi drammatici eventi, la prevenzione e la cultura sulla sicurezza nel lavoro sono fondamentali e andrebbero diffusi ed incentivati maggiormente, assieme ai controlli dovuti per l’osservanza della legislazione esistente in materia di sicurezza sul lavoro.

       

       

Una LETTERA

di felice besostri

 

 

Leggi elettorali inique!

 

Cara Redazione ADL,  

 

nel 2019 si segnalavano ai presidenti delle Camere problemi nella legge elettorale europea. Nessuno di quei problemi è stato frattanto risolto… Mentre altri ne sono emersi in stesura di ricorso per la minoranza linguistica non considerata dalla legge europea, che considera unicamente il francese della Val d’Aosta, il tedesco della Provincia di Bolzano e lo sloveno del Friuli Venezia  Giulia e non le dodici cui fa menzione la legge n. 482/1999 di attuazione, molto tardiva (51 anni), dell’art. 6 Cost.

    Per inciso: ci sono tre minoranze linguistiche con un numero di parlanti ben più elevato rispetto a quello delle lingue minoritarie privilegiate dalla legge n. 18/1979.

    La prossima elezione ha un solo elemento di incertezza rispetto a quelle del 2009, 2014 e 2019: che non saremo in grado di prevedere nome e cognome del Capolista SVP nella II Circoscrizione europea, perché l’on. Dorfmann, avendo tre mandati alle spalle non potrà ripresentarsi.

    La legge elettorale per il Parlamento vigente (legge n. 165/2017 + n. 51/2019 + legge cost. n. 1/2020) è, insomma, la nostra legge Acerbo. Il quale Acerbo non apparteneva al PNF (come Rosato non appartiene a FdI).

    La legge Acerbo fu approvata nel 1923 da un Parlamento in cui i fascisti erano appena 35 su 530 membri. Sola differenza: la legge Acerbo attribuiva come premio i due terzi, cioè il 66% dei seggi, mentre questa nostra oggi solo il 60%. Salvo che il suo meccanismo potrebbe arrivare anche ai due terzi. Non mi dilungo in tecnicismi, ma è così. Ritengo urgente discuterne. Ho fatto una proposta in questo senso alla Fondazione Basso che ha mostrato sensibilità democratica. Ma ora chiedo a tutti le/gli interessate/i di darci una mano ad avviare un dibattito. A me sembra urgente.

 

On. Felice Besostri, Milano

Web: https://www.felicebesostri.it/

       

       

L’Avvenire dei lavoratori

 

Visita il BLOG dell’ADL curato da Tiziana Stoto (KOLORATO)

     

   

Dalla Fondazione Rosselli di Firenze

http://www.rosselli.org/

 

Un nuovo Quaderno del Circolo

 

Il QCR 1-2/2023 è dedicato a “Le Brigate Rosselli nella Resistenza a Firenze” ed è curato da Luca Menconi che ha effettuato per conto della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli una ricerca sulla storia delle tre Brigate Rosselli che, organizzate dal Partito d’Azione fiorentino, combatterono per la Liberazione di Firenze (1943-44). Un’accurata ricerca, accompagnata da una ricca serie di documenti d’archivio, consistenti, soprattutto, nelle relazioni degli stessi esponenti delle Brigate.

 

 

Sebbene nel tempo varie opere abbiano trattato questo argomento, mai ne era stata compiuta una ricostruzione puntuale e organica. Il contenuto del Quaderno è presentato da Valdo Spini, direttore della rivista e introdotto da Matteo Mazzoni, direttore dell’Istituto storico toscano della Resistenza e dell’età contemporanea.

    La rubrica Storia e Memoria contiene gli interventi di Carlo Carbone sul recupero della Manifattura Tabacchi, di Alberto Di Cintio sull’Urban Center di Novoli e Mariella Zoppi sul Meccanotessile di Rifredi. Infine, Valdo Spini ricorda “Giorgio Ruffolo: un socialista, un riformista vero”, scomparso recentemente.

    Infine “I libri arrivati in redazione” con autori come Ugo Intini e Giuliano Amato, fra gli altri.

       

    

Su Radio Radicale

https://www.radioradicale.it/

 

Le Brigate Rosselli nella Resistenza a Firenze

 

Tavola rotonda e presentazione della pubblicazione “Le Brigate

Rosselli nella Resistenza a Firenze”, Quaderni Rosselli

 

Dibattito organizzato a Roma martedì 13 giugno 2023 da “Casa della memoria e della storia”, “Federazione Italiana delle Associazioni partigiane”, “Fondazione Circolo Fratelli Rosselli”

 

Saluti di:

Miguel Gotor (Assessore alla Cultura Roma Capitale).

 

Intervengono:

Luca Aniasi (Presidente Fiap),

Valdo Spini (Presidente Fondazione Circolo Fratelli Rosselli),

Lucio Villari (Storico),

Nicola Terracciano (Storico),

Salvatore Rondello (Presidente Circolo Giustizia e Libertà Roma),

Francesco Maria Fabrocile (Storico),

Cinzia Bellone (Fondazione Circolo Fratelli Rosselli),

Luca Menconi (Curatore della pubblicazione QCR),

Bianca Cimiotta Lami (Vice Presidente Fiap).

       

         

Da CRITICA LIBERALE

riceviamo e volentieri pubblichiamo

 

19 giugno 2023 USCIRÀ UN

NUMERO SPECIALE DI

 

NONMOLLARE

QUINDICINALE ONLINE (vai al sito)

 

PARLANDONE DA VIVO

è finita l’era berlusconiana?

 

scritti critici

       

                   

LETTERA da bruxelles

 

Intelligenza artificiale e piattaforme

Il lavoro e l’industria europea nella trasformazione digitale

 

Ciao, vi scrivo per rinnovare l’invito a partecipare all’incontro “Intelligenza artificiale e piattaforme: il lavoro e l’industria europea nella trasformazione digitale” che si terrà venerdì 16 giugno 2023, dalle ore 16, al Luiss Hub in Via D’Azeglio 3 a Milano, di cui segue locandina.

Un momento di confronto per favorire una migliore collaborazione tra istituzioni, industria, settore pubblico e parti sociali nel governare la transizione digitale della Pubblica Amministrazione e del lavoro nell’era delle piattaforme e dell’Intelligenza Artificiale.

La trasformazione digitale nasce dalla convergenza di tecnologia, sperimentazioni, normative e pratiche organizzative per supportare un nuovo modello di sviluppo economico, ambientale, sociale e produttivo, portando benefici solidi, sostenibili e diffusi, ma anche importanti rischi di abusi che vanno prevenuti e affrontati. Durante l’incontro verranno affrontate le evoluzioni della normativa, delle pratiche organizzative aziendali e della tecnologia, elementi essenziali affinché la transizione digitale accompagni in modo sinergico i cambiamenti economici e sociali in corso.

Il dibattito si articolerà in una sessione di apertura con i rappresentanti delle istituzioni e due tavole rotonde, con sindacati, imprese, rappresentanti di categoria e speakers provenienti dal settore della ricerca e dell’impresa digitale.

 

Un caro saluto

Brando Benifei, europarlamentare

(Alleanza progressista di Socialisti e Democratici)

       

 

L’Avvenire dei lavoratori

EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897

 

L’Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigra­zione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del “Centro estero socialista”. Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall’Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all’estero, L’ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mon­diale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l’Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L’ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l’integrazione dei mi­gran­ti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all’eclissi della sinistra italiana, diamo il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appar­tiene a tutti.

 

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