Il grande teatro della luce è il titolo della nuova mostra dei Musei Civici Gian Giacomo Galletti in Palazzo San Francesco a Domodossola, curata da Antonio D’Amico e Federico Troletti, con il patrocinio della Regione Piemonte e realizzata dal Comune di Domodossola insieme alla rinnovata collaborazione con la Fondazione Angela Paola Ruminelli e il Museo Bagatti Valsecchi di Milano.
La luce è la protagonista indiscussa di questa esposizione, ricercata e analizzata nelle diverse declinazioni che nei secoli gli artisti, tra l’Italia e le Fiandre e tra il Seicento e il Novecento, hanno immortalato sulla tela: una luce che è anche testimone dello scorrere del tempo e che viene indagata nella sua portata tecnologica, viaggiando tra rappresentazioni di paesaggi e visioni a lume di candela fino ad arrivare alla luce elettrica, l’artificio luminoso che proprio nella Val d’Ossola trova la sua consacrazione essendo un territorio ideale per la costruzione delle centrali idroelettriche.
Sono quarantacinque le opere in mostra che si snodano all’interno delle navate di Palazzo San Francesco in un allestimento pensato e realizzato dall’architetto e light designer Matteo Fiorini di Studio Lys; un innovativo percorso luminoso che utilizza anche i materiali dell’Ossola, come la pietra di serizzo, e che accompagna il visitatore in una ‘meditazione’ guidata per gli occhi e per la mente, consentendogli di immergersi in una quinta scenica dove la luce fa da padrona.
Nella prima sezione si incontrano i dipinti “a lume di candela”, affascianti scene di genere dove l’attenzione è direzionata sulla resa della fonte luminosa sprigionata dalle candele o dai tizzoni. Una ricerca questa che ha attraversato i secoli ed è così che le raffinate tele di artisti seicenteschi fiamminghi come Gherardo delle Notti, Adam de Coster e Trophime Bigot dialogano con il sorprendete Contadino che accende la candela con un tizzone ardente, realizzato da Angelo Inganni nel 1850 e proveniente dalla collezione della Fondazione Cariplo, ma anche con una silente Natura morta di Giorgio De Chirico che restituisce un valore simbolico della luce nel Novecento.
Cuore della mostra è l’artificio teatrale della luce che viene esaltata da artisti che sono protagonisti assoluti della scena sacra tra fine Cinquecento e Ottocento, intensificando i sentimenti e il pathos delle storie che vengono narrate. Si potrà ammirare l’intensoCristo morto sorretto dagli angeli di Paolo Piazza della collezione del Banco BPM, il suggestivo e struggente capolavoro della Deposizione di Cristo nel sepolcro di Tiziano proveniente dalla Pinacoteca Ambrosiana di Milano e, tra gli altri, il caravaggesco Cristo alla colonna di Mattia Preti di collezione privata. Il percorso continua con la sezione dedicata alla luce nella natura, soprattutto nel paesaggio lacustre e montano, dove si evidenziano le varie fasi della giornata e l’alternarsi delle stagioni ammirando opere di artisti ottocenteschi come Ippolito Caffi, Domenico Induno e Angelo Morbelli e si trovano anche grandi tele dedicate al paesaggio ossolano, esposte per la prima volta, in cui i riflessi dell’acqua riproducono le luci tipiche della vallata. Questa sezione si arricchisce di due capolavori: l’affascinante Panni al sole, uno dei più importanti dipinti divisionisti di Pelizza da Volpedo, custodito in collezione privata e Le lavandaie a Cagnes di Pierre Auguste Renoire; si svelano agli occhi dei visitatori due opere della nostra storia dell’arte italiana ed europea che restituiscono il valore della luce naturale in maniera sorprendente.
Proseguendo è possibile riscoprire la valenza simbolica della luce in un gruppo di opere dell’Ottocento e del Novecento: una luce drammatica, come quella che emana La morte di Cleopatra, dipinta da Achille Glisenti e custodita presso i Musei Civici di Brescia, una luce portavoce di emozioni visibile nelle tele di Gaetano Previati, Giovanni Sottocornola e Giuseppe Mascarini, ma anche una luce dai significati reconditi come quella che si incontra ad esempio in Giuseppe Molteni, La derelitta. La luce plasma i corpi esaltandone le fattezze tra carnalità e spiritualità.
Una sezione dell’esposizione è infine dedicata alle conquiste tecnologiche più rivoluzionarie per la storia dell’uomo e che celebra così anche la storia della Val d’Ossola. Qui infatti, in questo territorio ideale per la costruzione delle centrali idroelettriche, sono nate alcune tra le centrali più belle e produttive, dei veri e propri gioielli di architettura del Novecento che rivivono nel materiale d’archivio di Enel Green Power, partner della mostra. Video della costruzione, rarissime fotografie retroilluminate, piccoli macchinari, turbine e plastici in lamelle di legno permettono di ricostruire la storia di questi edifici così importanti per la Valle e per la produzione energetica del Paese.
Il grande teatro della luce è una mostra che presenta capolavori rari, difficilmente visibili al grande pubblico e che intende avvicinare i visitatori a una narrazione per immagini lontane tra loro nel tempo evidenziando il cambiamento dell’uso della luce, la sua diversa resa tecnica, ma anche come il suo valore si sia evoluto nelle varie epoche; un viaggio nel tempo e nello spazio alla scoperta delle infinite declinazioni della luce che non smettono mai di coinvolgerci e incantarci.
La mostra è realizzata grazie al sostegno di Findomo, Palissandro Marmi – Gruppo Tosco Marmi, Ultravox, Enel Green Power, Domocentro by Spinella & Tamini, Colorificio VR, Mac Impianti, Studio Specialistico ABC, Adi – International Chips