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N. 3.764 – ore 17:00 – Lunedì 7 Agosto 2023 – Tiratura: 31.127 enonauti, opinion leader e professionisti del vino
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Senza una legge europea che ne definisca, giuridicamente, i limiti e e le specificità, è difficile avere un quadro preciso sulla reale dimensione della viticoltura biodinamica. Ci si può però avvicinare attraverso i numeri dei principali enti di certificazione privati, come Demeter, Biodyvin, respekt Biodyn, Nasaa, AgriBio Dinamica, Aco, Sxc, da cui emerge che nel mondo sono 22.515 gli ettari vitati in biodinamica, par allo 0,3% dell’intero vigneto mondiale. In cima la Francia, con 10.166 ettari in regime biodinamico, pari all’1,28% del totale. Al secondo posto la Spagna, con 2.390 ettari in biodinamica (0,25%), poco più dell’Italia, a quota 2.359 ettari (0,34%).
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I vigneti delle più prestigiose denominazioni del vino italiano si confermano come i terreni agricoli più preziosi d’Italia: al top di sono quelli del Barolo, il cui valore oscilla tra 250.000 e 2 milioni di euro, seguiti da quelli dell’Alto Adige, nella zona del Lago di Caldaro (tra 440.000 e 900.000 euro), e poi da quelli di Montalcino, terra del Brunello (dove si partirebbe da 250.000 euro per arrivare a 900.000). Seguiti, ormai a ruota, dai vigneti della Doc Bolgheri, che stanno in una forbice tra 240.000 e 750.000 euro. Stesso massimale raggiunto dai Meleti della Val Venosta (che partono tra 450.000, per l’unica coltivazione diversa dalla vite ai primissimi posti). A completare il vertice della classifica anche i vigneti Docg di Valdobbiadene, culla del Prosecco, che vanno da 300.000 a 600.000 euro, poi i meleti della Val d’Adige, tra 350.000 e 500.000 euro ad ettaro, e ancora, i vigneti a nord di Trento, tra 220.000 e 500.000 euro ad ettaro, ed i vigneti Doc, ancora in Alto Adige, della Val Venosta e della Valle Isarco di Bressanone, tra i 300.000 ed i 500.000 euro ad ettaro, quota massima raggiunta anche dai terreni dedicati all’ortofloricoltura irrigua nella Piana di Albenga, in Liguria. Un quadro (un focus più ampio sui vigneti italiani è in approfondimento, ndr) che emerge guardando i dati sul sito del Crea – Politiche e Bioeconomia, che ha aggiornato la sua classica “Indagine sul mercato fondiario e degli affitti” in Italia, con i dati relativi al 2022 (valori da prendere come statistici, visto che poi le cose in fase di trattativa reale, sul mercato, possono cambiare anche molto, spesso superando sia i valori minimi che quelli massimi, influenzati da tanti fattori, dalla qualità delle vigne all’esposizione, all’essere o meno confinanti con proprietà pregresse e non solo). Che rileva come, a livello generale, continua a crescere l’attività di compravendita di terreni agricoli, anche nel 2022, anche se a ritmi più ridotti sull’anno precedente (+1,7%, con 150.000 atti di compravendita), con ricadute anche sul prezzo della terra (+1,5% a livello nazionale, non sufficienti, però, a compensare gli effetti dell’inflazione.
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Sul mercato del vino si fanno sempre meno scorte, “nel segno di una crescente prudenza e di un ritorno al “just in time”. Come era prevedibile, ora il trend è l’alleggerimento delle scorte per fronteggiare sia l’aumento dei tassi di interesse, sia un consumo visibilmente rallentato. Fenomeni di contesto e pertanto non controllabili, come la pressione inflattiva che pesa sulle famiglie e una certa preoccupazione generalizzata, anche per la persistenza di problematiche geopolitiche, uniti alle condizioni meteo abbastanza avverse al turismo e non solo, ci portano a essere cauti nelle aspettative per il secondo semestre”. Parole di Sandro Boscaini, presidente Masi Agricola, che nella prima metà del 2023 ha messo a segno ricavi netti per 33,1 milioni di euro (-10,4% sullo stesso periodo 2022, ma, sottolinea Masi, +11% sui livelli pre-Covid, registrati nella prima metà 2019).
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Un vero e proprio “laboratorio di inclusione” in vigna, nelle Langhe, che punta sia alla sostenibilità sociale per i lavoratori, spesso stranieri (in particolare africani), sia a fornire soluzioni alla richiesta di manodopera qualificata per l’agricoltura. Accademia della Vigna – progetto ideato da Weco Impresa Sociale e supportato dal Consorzio di tutela del Barolo e Barbaresco – nato nel settembre 2022, ha raggiunto un primo traguardo: sono 10 gli operai appena assunti dalle aziende che hanno aderito fin da subito all’iniziativa: Agricola Mirafiore (gruppo Fontanafredda), Conterno-Fantino, Vietti, Ascheri e Tecnovite. Matteo Ascheri, presidente del Consorzio del Barolo e Barbaresco, afferma: “nel nostro territorio lavorano 4.000 persone. Di queste, la metà sono assunte direttamente dalle aziende, l’altra metà attraverso l’intermediazione. Il nostro scopo, aderendo al progetto di Accademia della Vigna, è di aumentare l’inserimento diretto delle aziende, sia in un’ottica di rispetto e tutela dei lavoratori, sia, nell’interesse delle aziende stesse, di avere personale qualificato. Per quanto riguarda la nazionalità degli operai, se in precedenza venivano soprattutto dai Paesi dell’Est, adesso arrivano dall’Africa: hanno giustamente bisogno di essere formati, sia dal punto di vista tecnico, sia da quello linguistico e culturale”.
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Finalmente si potrà versare il vino senza timore di macchiare la tovaglia: la start-up marchigiana Techno For Future ha brevettato la prima bottiglia al mondo con salvagocce incorporato. Si chiama Dring e contribuirà a ridurre lo spreco d’acqua ed il consumo di detersivi. Non ci sarà più bisogno di inserire dispositivi nel collo della bottiglia: Dring è dotata all’origine di un dispositivo inamovibile che impedisce il gocciolamento. La prima azienda ad adottarla sarà la cantina abruzzese Palazzo Battaglini, per alcuni vini già disponibili on line.
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Uno scrigno che custodisce la storia, ma anche un opificio che guarda al futuro e alla sperimentazione, in uno dei territori più storici del vino italiano, come il Vulture. È la nuova cantina della tenuta Re Manfredi (un investimento sui 5 milioni di euro, da quanto apprende WineNews, ndr), cantina in Basilicata, a Venosa, del Gruppo Italiano Vini – Giv, colosso del vino italiano (con 15 cantine in tutta Italia), che “ha sempre creduto nelle potenzialità del territorio del Vulture e in quelle di tutta la Basilicata, una Regione di antiche tradizioni oggi vocata anche alla moderna ospitalità”. L’opera della nuova cantina, spiega ancora il Gruppo Italiano Vini – Giv è stata realizzata grazie al contributo della Regione Basilicata, “che ha creduto fermamente nel progetto affinché l’Aglianico possa raggiungere orizzonti sempre più ampi e affermarsi ai vertici dei vini di pregio internazionali”.
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La riflessioni di chi ha messo a punto un metodo, in costate evoluzione, con cui oggi si curano i vigneti più importanti d’Italia e del mondo, come Château d’Yquem, Château Latour, Château Angelus, Domaines Leroy, Hennessy e Louis Roederer, passando per Biondi Santi, Ferrari, Bellavista, Feudi di San Gregorio, Alois Lageder, Bellavista, Sella & Mosca e Allegrini, tra gli oltre 150 nomi possibili. Per un mestiere antico e moderno, quello del “potator”, e fondamentale per gestire il “climate change”.
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