da Columbia Threadneedle Inv. – Tassi di interesse: più alti più a lungo o grandi tagli nel 2024? – a cura di Steven Bell

Buongiorno,

di seguito inviamo il weekly market outlook a cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments (+ foto).

 

Restiamo a disposizione per ulteriori informazioni.           

Un saluto,

Lucrezia

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Weekly market outlook a cura di Steven Bell, Chief Economist EMEA di Columbia Threadneedle Investments

 

Tassi di interesse: più alti più a lungo o grandi tagli nel 2024?

 

  • Le banche centrali avvisano che i tassi di interesse rimarranno probabilmente alti per un periodo prolungato.
  • Tuttavia, date le potenti forze disinflazionistiche attualmente in atto, potremmo vedere l’aumento dei prezzi ridursi più rapidamente di quanto molti si aspettino.
  • I prezzi delle materie prime si stanno attenuando e la spirale dei prezzi salariali si sta invertendo, soprattutto negli Stati Uniti.
  • I mercati del lavoro si stanno allentando a causa dell’aumento dell’offerta.  Le persone stanno rientrando nella forza lavoro e l’immigrazione sta riprendendo quota.
  • In questo contesto, potremmo assistere a un taglio dei tassi negli Stati Uniti all’inizio del 2024 e nel Regno Unito poco dopo.

 

Le banche centrali dicono di aspettarci che i tassi di interesse rimangano alti per un periodo prolungato, mentre personalmente prevedo forti tagli dei tassi nel 2024. I toni da falco delle banche centrali sono rimasti anche quando queste hanno ammesso che i tassi ufficiali sono ormai vicini al loro picco. Infatti, sia la Federal Reserve che la Banca d’Inghilterra hanno mantenuto i tassi fermi nelle loro ultime riunioni. Perché possiamo essere più ottimisti sulle prospettive dei tassi d’interesse rispetto alle banche centrali o ai prezzi di mercato?

 

Sullo sfondo abbiamo le banche centrali che, collettivamente, non sono state in grado di prevenire l’impennata dell’inflazione seguita alla fine della pandemia da Covid e all’invasione dell’Ucraina. Alcuni potrebbero dire che queste hanno tardato ad apprezzare la portata delle pressioni inflazionistiche, reputandole transitorie. Ora però è importante che le banche centrali si rendano conto della potenza delle forze disinflazionistiche in atto e che agiscano di conseguenza.

 

Tra queste forze, i prezzi delle materie prime sono senza dubbio la più evidente. L’indice Bloomberg dei prezzi delle materie prime è sceso del 24% dal picco dello scorso giugno, dopo essere raddoppiato dai minimi della primavera 2020. Si tratta di un’inversione di tendenza enorme. Nonostante i recenti aumenti del prezzo del petrolio, l’indice è ancora in calo nel suo complesso. Inoltre, sebbene le banche centrali si concentrino sull’inflazione di base, che esclude i prezzi dei prodotti alimentari e dell’energia, le materie prime hanno effetti indiretti su fattori quali i prezzi dei trasporti e dei ristoranti. Data la portata dell’inversione di tendenza, questo aspetto è importante. Inoltre, le contrattazioni salariali tendono a dipendere più dall’inflazione globale che da quella di fondo e la spirale dei prezzi salariali sta ora agendo al contrario, in particolare negli Stati Uniti.

 

Il secondo fattore è il mercato del lavoro. Con la fine delle restrizioni della pandemia, si è sviluppata una grave carenza di manodopera in tutti i paesi sviluppati. Questo ha portato a un’impennata dell’inflazione dei salari nominali. Tuttavia, si è verificato un eccezionale adattamento a questa mancanza. Il tasso di occupazione è ancora in aumento nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in gran parte dell’Europa, ma il ritmo sta rallentando, mentre l’offerta di lavoro sta aumentando grazie all’attenuarsi dei postumi della pandemia: le persone stanno rientrando nella forza lavoro e l’immigrazione sta riprendendo quota. Nel Regno Unito, l’offerta di lavoro sta aumentando dell’1-1,5% all’anno, trainata dai lavoratori non nati nel Regno Unito. L’aumento è ancora più rapido negli Stati Uniti. Questi numeri possono sembrare piccoli, ma sono abbastanza grandi da portare a un aumento significativo della disoccupazione che dovrebbe essere evidente entro la fine dell’anno.

 

Tutto ciò avviene in un contesto favorevole, in cui le persone hanno ancora fiducia che le banche centrali riusciranno a riportare l’inflazione verso l’obiettivo, nonostante i livelli attuali. Le aspettative di inflazione sono ancora ben ancorate, il che renderà il processo disinflazionistico più rapido e meno doloroso.

Personalmente, ritengo che la Federal Reserve inizierà a tagliare i tassi di interesse all’inizio del 2024, che la Banca d’Inghilterra la seguirà a breve distanza e che la BCE si unirà a queste un poco più tardi, anche se la tempistica precisa dipenderà dai dati. Dovremmo assistere a tagli che si avvicinano al 2% nel Regno Unito e negli Stati Uniti, mentre i tassi della BCE diminuiranno un po’ meno nel 2024.

 

 

 

Lucrezia Pisani

 

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