RBC BlueBay – Cinque domande chiave sull’inflazione vischiosa

Buongiorno,

di seguito e in allegato invio un commento sulle cinque ragioni per cui l’inflazione continua a mantenersi vischiosa, a cura di Abhi Jain, Head of Sales, UK, Ireland & Middle East, RBC BlueBay.

RBC BlueBay Asset Management, che rappresenta RBC Global Asset Management (la divisione di asset management di Royal Bank of Canada) al di fuori del Nord America, fornisce servizi e soluzioni di gestione degli investimenti a livello globale a investitori istituzionali e wholesale. Siamo un investment manager attivo che collabora con i clienti per generare risultati ottimali in tutte le asset class. La nostra expertise d’investimento è caratterizzata da una piattaforma specializzata nel reddito fisso e da ampie credenziali nel settore azionario, oltre che da un approccio ESG integrato e da strategie di impact investing. Con 412 miliardi di dollari di asset in gestione a livello globale (al 31/03/23), per soddisfare le esigenze dei clienti e supportarli, progettiamo strategie d’investimento e forniamo insight concentrandoci su partnership, trasparenza ed engagement.

 

Un caro saluto,

Diana Ferla

 

 

RBC BlueBay – Cinque domande chiave sull’inflazione vischiosa

 

A cura di Abhi Jain, Head of Sales, UK, Ireland & Middle East, RBC BlueBay

 

Che fattori mantengono vischiosa l’inflazione?

Quando si tratta di spiegare come funziona l’inflazione, mi piace pensare al prezzo dello yogurt. C’è uno yogurt di fascia alta che adoro: costava 55 pence, poi è passato a 85 pence e ora costa 1,05 sterline. Potrei ridurre quanti ne compro in una settimana, ma continuerei ad essere attratto da quel prodotto. Questo è quello che succede in un’economia in cui c’è ancora una forte domanda di beni, come quella attuale. La logica suggerirebbe che dovrei risparmiare per il rinnovo del mutuo a novembre, ma in pratica non rinuncio ancora alla mia abitudine di consumo. Naturalmente, la domanda non è l’unico fattore che mantiene alta l’inflazione in questo momento. La rigidità del mercato del lavoro è certamente un fattore importante. È più evidente nel Regno Unito, ma anche negli Stati Uniti i tassi di occupazione sono ancora problematici. Non abbiamo assistito a un crollo dei posti di lavoro e, semmai, stiamo assistendo a un’inflazione dei salari che filtra nell’economia. Ci sono anche altri fattori. Stiamo cercando di fare meno affidamento sulle fonti di energia fossili, cercandone di più ecologiche, e questo non costa poco. C’è stato anche un allontanamento dalla globalizzazione, con i Paesi che cercano di riportare nei confini nazionali le catene di approvvigionamento. Questo sta alimentando la tensione del mercato del lavoro di cui si parlava prima.

 

Come vedete la traiettoria in futuro?

Nei mercati sviluppati, l’inflazione tenderà a diminuire, in parte perché gli aumenti dei prezzi dell’energia dello scorso anno scompaiono dai dati e in parte perché l’aumento dei tassi di interesse si ripercuote sull’economia reale. Tuttavia, non vediamo un ritorno a tassi d’inflazione intorno allo 0-2%. Livelli del 2-4% sono molto più probabili in questo ciclo. Per quanto riguarda i mercati emergenti, è difficile generalizzare in quanto dipende da ciascun Paese o segmento. Tuttavia, i Paesi emergenti stanno entrando in questo ciclo in condizioni molto migliori rispetto alla crisi finanziaria del 2007-2008, e molti di essi hanno agito con decisione per affrontare le pressioni inflazionistiche.

 

L’obiettivo di inflazione del 2% è realistico?

L’obiettivo è stato fissato a questo livello perché, storicamente, è così che si sono comportate le economie dei mercati sviluppati. All’epoca, i bilanci dei Paesi erano più leggeri e c’era meno pressione per stampare moneta. Tutto questo viene ora messo in discussione. In questo ciclo, in cui gli aumenti dei tassi di interesse non stanno combattendo l’inflazione con la rapidità che vorremmo, credo che dovremo chiederci se l’obiettivo sia realistico. Dobbiamo rivedere la teoria e i numeri in questo nuovo regime.

 

Esiste il rischio di un eccessivo irrigidimento da parte delle banche centrali?

È generalmente accettato che l’effetto di qualsiasi aumento dei tassi di interesse richieda tra i 6 e i 12 mesi per farsi sentire completamente, il che rende più difficile per le banche centrali essere precise sulla portata del loro intervento. Tuttavia, il nostro scenario di base non prevede una correzione eccessiva a causa dei fattori che ci spingono verso un atterraggio morbido. Nel periodo che ha preceduto la crisi finanziaria globale, sia i consumatori sia le imprese avevano una leva finanziaria molto più elevata. C’era una propensione al denaro facile, cosa che non si verifica oggi.

 

Come proteggere il proprio portafoglio dal persistere dell’inflazione?

Quando parliamo con i clienti, preferiamo parlare di un portafoglio diversificato piuttosto che di soluzioni a breve termine. Si spera che la maggior parte dei portafogli dei clienti sia già coperta attraverso l’allocazione al settore immobiliare o alle obbligazioni indicizzate all’inflazione. Detto questo, un paio di anni fa le obbligazioni indicizzate all’inflazione non offrivano un valore interessante e quindi non erano in cima all’agenda. Oggi, i rendimenti reali più elevati e l’inflazione vischiosa li rendono più interessanti, per cui stiamo assistendo a un aumento dei clienti che aggiungono il debito indicizzato all’inflazione al loro mix di investimento.

 

(Commento in allegato)

 


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