T. Rowe Price – L’indice dei prezzi al consumo di febbraio sostiene una Bce falco

Buongiorno,

di seguito inviamo un commento a caldo sull’indice dei prezzi al consumo dell’area euro di febbraio a cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price.

 

Un caro saluto,

Diana Ferla

 

 

L’indice dei prezzi al consumo di febbraio sostiene una Bce falco. I dati potrebbero costringere la Bce a tagliare i tassi più tardi del previsto

 

A cura di Tomasz Wieladek, Chief European Economist, T. Rowe Price

 

L’indice dei prezzi al consumo armonizzato dell’area euro è sceso al 2,6% a febbraio dal 2,8% di gennaio. Tuttavia, il dato è più forte delle aspettative degli analisti. È importante notare che l’inflazione CPI core, il miglior indicatore di inflazione a medio termine, è scesa solo al 3,1% a febbraio dal 3,3% di gennaio. Si tratta di una lettura significativamente più forte rispetto al 2,9% atteso dagli analisti. Mentre l’inflazione di base dei beni continua a essere debole, è preoccupante la dinamica dell’inflazione dei servizi destagionalizzata che è salita allo 0,51% (ipotizzando una stagionalità simile a quella dell’anno scorso). Indipendentemente dalla prospettiva, si tratta chiaramente di un dato molto forte sull’inflazione dei servizi e molto più forte del previsto.

 

La Bce è preoccupata per la persistenza dell’inflazione. L’inflazione dei servizi nell’area euro è il miglior indicatore dell’inflazione generata internamente. È chiaramente troppo forte. Gli indicatori prospettici suggeriscono che l’inflazione dei servizi potrebbe rimanere a lungo su livelli così elevati. Nell’ambito delle indagini congiunturali, siano esse del PMI o della Commissione Europea, gli indici dei prezzi dei servizi sono aumentati per il quarto mese consecutivo e sono chiaramente a livelli significativamente superiori a quelli necessari per raggiungere l’obiettivo di inflazione. Le pressioni salariali, un fattore chiave dell’inflazione dei servizi, rimangono troppo forti. L’indicatore dei salari negoziati dalla Bce è salito al 4,5% e l’indicatore dei salari misurato da Indeed, molto seguito per tracciare il percorso della futura crescita dei salari, è salito ancora. L’unica speranza di ridurre il passaggio di questi costi più elevati all’inflazione dei prezzi dei servizi era quella di ridurre il margine di profitto. Ma questo richiede una domanda di servizi debole. L’ultimo PMI dei servizi suggerisce che l’attività dei servizi dell’eurozona non si sta più contraendo, il che significa che questo canale di aggiustamento sarà probabilmente più debole del previsto.

 

Nel complesso, i dati odierni mostrano che l’inflazione dei servizi sta correndo a un ritmo troppo elevato e probabilmente rimarrà a questi alti livelli.

Questi dati legano le mani alla Bce, che dovrà mantenere una politica monetaria restrittiva più a lungo per ridurre la persistenza dell’inflazione dei servizi dall’economia. Ciò significa che la Bce potrebbe dover ritardare il primo taglio oltre giugno. E quando taglierà, probabilmente lo farà in modo graduale, forse una volta al trimestre piuttosto che a ogni riunione. Non si può più escludere che la Bce debba eventualmente procedere a un nuovo rialzo se i dati continueranno a indicare un’inflazione dell’indice dei prezzi al consumo armonizzato dei servizi in aumento e persistente.

 

 


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