Milano, 13 marzo 2024 – Crescono le utility italiane nel 2022: le 100 maggiori aziende di servizi pubblici valgono quasi 300 miliardi di euro (293 miliardi, +75% rispetto all’anno precedente), pari al 15% del PIL italiano, con investimenti per 11 miliardi. Sono però chiamate ad affrontare uno scenario macroeconomico e geopolitico molto complesso, tra l’impegno contro i cambiamenti climatici e i piani di investimento capaci di sostenerne la crescita. Sono alcuni dei dati salienti dello studio “Le performance delle utility italiane. Analisi delle 100 maggiori aziende dell’energia, dell’acqua, del gas e dei rifiuti” presentato stamattina da Alessandro Marangoni, CEO di Althesys e capo del team di ricerca, nel corso del Top Utility, l’evento organizzato in collaborazione con Utilitalia che, come ogni anno, mostra lo stato dell’arte nei settori acqua, energia e rifiuti. L’appuntamento è molto atteso dagli operatori anche per i premi alle migliori società. L’azienda top quest’anno è Iren; i premi tematici sono andati ad A2A, Acinque, Acque Spa, Gaia Spa, Gruppo CAP, Marche Multiservizi.
“L’indagine – dice l’economista Alessandro Marangoni – mette in evidenza la fase straordinaria che sta attraversando il settore. Da un lato, pare sempre più polarizzato tra grandi gruppi, anche internazionali, e piccole-medie utility locali, concentrate su uno o pochi business. Dall’altro, le imprese devono confrontarsi con un sistema complesso, soggetto a una rapida evoluzione dei mercati, delle policy e della regolamentazione, nel quale l’innovazione e la capacità di investimento giocano un ruolo crescente e discriminante. Transizione ecologica, qualità dei servizi per i clienti, digitalizzazione, ipertrofia normativa e regolatoria richiedono molteplici competenze e cospicui investimenti per un miglioramento delle performance ogni giorno più sfidante”.
“Una normativa in continua evoluzione e spesso non lineare, la volatilità dei mercati energetici e gli effetti dei cambiamenti climatici sulla risorsa idrica – spiega il presidente di Utilitalia, Filippo Brandolini – sono le principali sfide che le utility si sono trovate ad affrontare negli ultimi mesi. Uno scenario complesso all’interno del percorso della transizione ecologica, nel quale le imprese di pubblica utilità giocano un ruolo fondamentale anche per la capacità di creare valore condiviso e di realizzare gli investimenti legati al PNRR. La complessità di questo scenario non ha altresì rallentato la propensione all’innovazione e agli investimenti nelle tecnologie digitali e nell’intelligenza artificiale. In questo quadro, l’industrializzazione del settore e il superamento delle gestioni in economia restano fondamentali per migliorare le performance e aumentare la capacità di investimento complessiva del sistema”.
Tutti i vincitori
La migliore utility italiana, secondo l’insieme dei parametri del modello di analisi di Top Utility, è Iren, che si aggiudica il premio Top Utility Assoluto. Della cinquina facevano parte anche Acque, CVA, Gruppo CAP e Marche Multiservizi.
Prima nella categoria ESG è Acque, nelle migliori figurano anche A2A, Brianzacque, Hera e Iren.
Per la Comunicazione si è distinto il Gruppo CAP (con Aimag, CVA, Enel ed Estra).
Per Ricerca e Innovazione ha vinto A2A (in cinquina con Acea, Hera, Iren e Smat).
Nella categoria Territorio e Comunità il riconoscimento è andato a Marche Multiservizi (in lizza con Acque, Brianzacque, Nuoveacque, Uniacque).
Per la voce Competitività ed efficienza il riconoscimento è andato ad Acinque (con Acque, Acquebresciane, Brianzacque e Silea).
Nella categoria Formare Talenti ha primeggiato Gaia Spa (con Estra, Iren, Marche Multiservizi e Nuove acque).
L’edizione Top Utility di quest’anno è stata promossa da Althesys in collaborazione con
Shared Value Institute, Targa Telematics e Utilitalia.
L’identikit di un settore
Le 100 maggiori utility operanti in Italia nei comparti dei rifiuti, del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e della distribuzione e vendita del gas hanno prodotto, nel 2022, un fatturato aggregato di 293 miliardi di euro, pari al 15% del PIL italiano, in fortissimo aumento rispetto al 2021 dovuto in gran parte all’eccezionale impennata dei prezzi energetici in Europa. Il fatturato complessivo delle maggiori utility è salito del 75% nel 2022, dopo una crescita del 19% tra il 2019 e il 2021. Le maggiori utility italiane sono in prevalenza monoutility idriche (33%), multiutility (28%) e aziende dei servizi ambientali (25%); le aziende di distribuzione e vendita del gas e i player energetici nazionali sono meno, ma di grande peso. Solo 17 aziende superano il miliardo di fatturato, di cui 8 multiutility, 8 nell’energia elettrica e solo una nel gas, mentre 6 aziende hanno un giro d’affari tra 500 milioni e 1 miliardo di euro. Le restanti, per il 77%, non superano i 500 milioni di euro di ricavi.
Le performance economico-finanziarie
Gli straordinari aumenti dovuti all’impennata dei prezzi energetici hanno influenzato le monoutility del gas (+83,3%), le multiutility (+76,7%) e le monoutility elettriche (+77,1%). Meno coinvolte sono state invece le aziende idriche (+8,2%) e della gestione rifiuti (+3,9%). La crescita dei prezzi non ha portato ad un incremento proporzionale dei profitti a causa del parallelo aumento dei costi delle materie prime. Al contrario, per alcuni comparti, la redditività è addirittura scesa. Il Roe delle multiutility e delle aziende dell’idrico è calato, per entrambe dal 6% al 5%, mentre per le imprese elettriche e dei rifiuti è salito, rispettivamente, dall’11% nel 2021 al 14% nel 2022 e dal 2% al 5%. Quanto poi al rapporto tra Ebitda e ricavi, è superiore al 9% per ogni comparto tranne che per le imprese energetiche (4%). Le monoutility idriche mantengono un alto rapporto Ebitda/ricavi, pari al 28%, seguite dalle aziende del gas (18%) e dalle multiutility (14%). Tuttavia, l’analisi evidenzia un generale calo della redditività nel 2022, specialmente per le imprese energetiche, che scendono al 4% dal 13% del 2021. L’unica eccezione sono le monoutility dei rifiuti con un rapporto che è aumentato di un punto percentuale nell’ultimo anno.
Investimenti e digitalizzazione
Il 2022 ha visto un leggero incremento degli investimenti (+1,1% rispetto al 2021), raggiungendo la quota totale di 11 miliardi di euro, pari allo 0,6% del PIL italiano 2022. Nonostante gli investimenti delle utility siano cresciuti, cala il peso sul fatturato che passa dal 6,6% nel 2021 al 3,8% nel 2022. Ciò si deve ad un calo generale in tutti i settori, sebbene con differenze sensibili. Per le multiutility il dato cala dal 12,2% al 6,7%, mentre per le imprese elettriche, dal 3,8% al 2,1%. Crescono nel 2022 gli investimenti per le monoutility dei rifiuti, +144,8% rispetto al 2021, soprattutto grazie ad alcune grandi aziende che hanno realizzato nuovi impianti. Gli investimenti sono aumentati anche per le monoutility idriche (+7,7%) e del gas (+15,4%), mentre sono diminuiti per multiutility (-2,5%) e imprese elettriche (-0,3%). I cali di questi due ultimi comparti derivano anche dagli elevati aumenti dell’anno precedente, rispettivamente, del 74% e 49%.
Gli investimenti nella digitalizzazione sono diventati ormai una necessità per tutte le aziende. L’80% impiega soluzioni avanzate per l’ottimizzazione dei processi e per la gestione dei dati, mentre il 42% adotta soluzioni digitali nell’attività di manutenzione, quali droni, robot, modelli di previsione, sensori e controlli attraverso realtà aumentata. Con la digitalizzazione aumentano anche i rischi sul fronte della cybersecurity. Crescono quindi le attività dedicate, sia alla prevenzione che alla gestione delle emergenze, con il 66% delle maggiori utility che ha creato un’unità interna per la sicurezza informatica, rispetto al 54% dell’anno precedente.
Grande importanza viene data dalle imprese alla ricerca e sviluppo. Il 63% delle utility ha un reparto di R&S, in crescita rispetto al 2021 (61%) e al 2019 (48%). La tendenza positiva emerge anche dalle collaborazioni esterne, presenti nel 65% delle imprese nel 2021 e nel 79% nel 2022. Aumentano anche i progetti con università ed enti di ricerca, che salgono di quasi tre punti percentuali rispetto al 2021 e di circa 17 punti rispetto ai risultati del 2019.
Competitività ed efficienza
Il quadro d’insieme delle prestazioni delle attività caratteristiche di produzione ed erogazione dei servizi delle maggiori utility è piuttosto composito. Nel comparto dell’energia elettrica migliorano solo alcuni indicatori. Tra il 2021 e il 2022 aumenta la quota di lavori semplici eseguiti entro i tempi stabiliti dall’Arera, passando dal 97% al 98%. Scende al 92%, invece, la percentuale di adeguatezza per l’attivazione di forniture che, tuttavia, vede una netta riduzione del tempo medio da 1,6 a un giorno (-32,8%). Nel settore della distribuzione del gas rimane costante all’84% la quota di rete in bassa pressione ispezionata, al di sotto del picco toccato nel 2019. Lo stesso indicatore scende per la media e alta pressione (dall’82% all’81%), in peggioramento da tre anni consecutivi. Nel servizio idrico integrato, le aziende mostrano un valore medio dell’indicatore Arera, che quantifica le perdite idriche lineari, di 12,9 mc/km/gg, leggermente al di sopra del livello minimo per la classe più alta.
I servizi ambientali interrompono la tendenza a un miglioramento della raccolta differenziata, il cui tasso cala dal 73% della scorsa edizione al 70%. Costante, invece, la diffusione della raccolta porta-a-porta che con il 91% mantiene livelli molto alti.
Sostenibilità e formazione
Prosegue l’impegno delle utilities per la sostenibilità. La valutazione di Top Utility riserva grande attenzione ai fattori Esg, considerando 60 indicatori nelle varie aree. In generale, tutte le certificazioni sono in crescita, con la quasi totalità delle Top100 che adotta la ISO 9001 (97% delle Top100) e la 14001 (95%). Anche il ricorso all’energia rinnovabile è una prassi che, in vari ambiti, è comune a quasi tutte le aziende. Le utility coprono per almeno il 35% il fabbisogno grazie a queste fonti, con le monoutility del sistema idrico al 60% e le multiutility al 58%.
Anche la formazione è al centro delle attività delle utility. I dati mostrano come le aziende offrano formazione alla quasi totalità dei dipendenti (87%), nonostante il dato sia in leggero calo. Le ore di formazione pro-capite variano molto tra le Top100, passando da un massimo di 39 ore pro-capite ad un minimo di 4 e salendo in media da 16,8 a 20,1 ore.
In conclusione, il settore dei servizi pubblici ha davanti a sé una serie di questioni cruciali per il futuro. Le aziende sono chiamate ad affrontare al tempo stesso le sfide del cambiamento climatico, ma anche a sostenere la qualità dei servizi erogati, in un quadro di ipertrofia normativa e regolatoria che richiederà competenze e investimenti.