Post Fed – Commento di AcomeA SGR

Buongiorno,

di seguito inviamo un commento post meeting della Fed a cura di Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR.

Un caro saluto,

Diana Ferla

 

 

Fed: tassi fermi. Gli ultimi dati di inflazione non cambiano il quadro generale

 

A cura di Martina Daga, Macro Economist, AcomeA SGR

 

Come era atteso, la Fed ha deciso all’unanimità di mantenere il target range dei fed funds fermo, pari al 5.25% – 5.50%. Dopo il ciclo di rialzi pari complessivamente a 525 bp, sta tenendo i tassi fermi ormai dallo scorso agosto, e si sta ora preparando per l’inizio del ciclo dei tagli. C’è accordo tra la maggior parte dei membri del FOMC sul fatto che questo anno sarà appropriato iniziare con il ciclo dei tagli, ma è ancora presto e si aspettano altri dati per avere maggiore sicurezza sul fatto che l’inflazione possa raggiungere il target in modo duraturo nel tempo. Non è stata data alcuna indicazione sulle tempistiche, se non che queste saranno dettate dai dati dei prossimi mesi.

 

Non ci sono state modifiche ai tassi di riferimento, ma l’attenzione è sulle indicazioni di politica monetaria che possiamo ricavare dalle proiezioni macroeconomiche, ovvero le previsioni dei membri del FOMC sull’economia per i prossimi anni, e sulle indicazioni riguardo l’evoluzione del programma di Quantative Tightening.

 

Le proiezioni macroeconomiche continuano ad essere consistenti con un “atterraggio morbido”; in altre parole il processo di disinflazione dovrebbe riportare il livello di crescita dei prezzi al consumo al target nel 2026 e non sarà accompagnato da una recessione. Anzi, lo scenario delineato mostra un’economia particolarmente resiliente, e più forte rispetto a quanto i membri del FOMC non si aspettassero a dicembre. La crescita economica è infatti stata rivista al rialzo per i prossimi tre anni, mentre il tasso di disoccupazione al ribasso per questo anno, rimanendo comunque ai minimi storici e vicino al dato di febbraio (3.9%) per tutto il periodo in analisi. In questo contesto l’inflazione dovrebbe continuare a scendere, indicando un miglioramento delle condizioni di offerta, e raggiungere il target del 2% nel 2026.

 

Se lo scenario macroeconomico dovesse evolvere come da attese, il FOMC si aspetterebbe 75 bp di tagli ai tassi di riferimento nel 2024, in linea con le stime di dicembre. Per i prossimi anni invece ci si attende un livello dei tassi marginalmente più alto, il punto mediano per il 2025 è passato da 3.6% a 3.9%, per il 2026 dal 2.9% al 3.1% ed il punto mediano per il tasso sui Fed funds a lungo termine è salito di 10 pb dal 2.5% al 2.6%, forse riflettendo l’impatto di fattori legati all’offerta, come la crescita della produttività e l’immigrazione.

 

Penso sia rilevante che, nonostante i dati di inflazione degli ultimi due mesi abbiano stupito al rialzo e segnalato una riaccelerazione nel ritmo di crescita, ci sia stata solo una marginale revisione al rialzo di inflazione e del livello dei tassi per il medio-lungo termine. Powell ha infatti chiarito che gli ultimi dati di inflazione non cambiano il quadro generale in termini di disinflazione.  

 

Nonostante non siano stati annunciati cambiamenti, il FOMC ha iniziato a discutere riguardo l’evoluzione del programma di Quantative Tightening. Da giugno 2022 la Fed ha iniziato il QT, lasciando scadere e non reinvestendo 60 miliardi di dollari Treasury e un massimo di 35 miliardi di dollari di mortgage-backed securities in media al mese. Dal massimo a maggio 2022, la misura degli attivi nel bilancio della Fed si è contratta di circa 1.400 miliardi, quasi interamente trainato da una riduzione dei titoli in portafoglio. Non sono state date chiare indicazioni sull’evoluzione del programma, in quanto ancora non è stata presa alcuna decisione, tuttavia, Powell ha indicato che presto inizieranno a rallentare il ritmo di riduzione del portafoglio titoli, alludendo al fatto che prima potrebbero puntare ad avere solo Treasury in portafoglio (riducendo dunque la quantità di MBS), per poi concentrarsi sulla maturity del portafoglio titoli. Di recente, infatti, sia Powell sia il Governatore Waller hanno indicato la loro preferenza per ridurre la scadenza del portafoglio titoli della Fed. La quota di T-bills nel portafoglio titoli detenuti dalla Fed era superiore al 35% prima della crisi finanziaria, è calata bruscamente nel 2008 e ad oggi è pari a circa il 4.5%.

 

Lato attivi del bilancio della Fed, un’altra evoluzione da sottolineare è che il Bank Term Funding Program, strumento introdotto un anno fa con la crisi delle banche regionali e che permette alle banche di prendere a prestito dalla Fed a condizioni agevolate per la durata di 1 anno, ha nell’ultimo anno portato ad un aumento dei prestiti concessi, tuttavia, il BTFP è scaduto l’11 marzo 2024, quindi nel corso dell’anno andrà ad esaurirsi.

 

 


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