È stato assegnato domenica 25 marzo, a conclusione del festival del giornalismo d’inchiesta ambientale “Le Parole Giuste”, il Premio Donne Pace Ambiente Wangari Maathai, giunto alla sua decima edizione.
Anche quest’anno il riconoscimento in memoria dell’attivista ambientalista e biologa keniota promosso da A Sud, assieme alla Casa Internazionale delle Donne di Roma, ha premiato cinque tra donne e realtà in prima linea nella difesa dell’ambiente e dei diritti, impegnate su più fronti: dall’attivismo, all’informazione, alla scienza.
Le premiate della X edizione
PREMIO ACQUA
Flavia Pelliccia, attivista del collettivo Balia dal Collare. Per l’impegno nella difesa dell’ecosistema montano, dei fiumi e dell’acqua nell’Italia intermedia e interna.
Balia dal collare è un collettivo con un approccio ecofemminista e indipendente, attivo nelle aree montane della provincia di Rieti per la difesa dell’ecosistema e dell’acqua. La loro esperienza è parte di un risveglio di alternative e resistenza in appennino centrale. Nasce dall’opposizione alla costruzione di impianti di risalita sciistici sul monte Terminillo e dalla riscoperta della pratica degli usi civici per la gestione collettiva dei beni comuni. Negli ultimi mesi si concentrano sulla tutela dei corsi d’acqua e delle riserve idriche del territorio, e in particolare si battono contro il progetto che prevede il raddoppio della captazione dell’acqua dalle sorgenti del Peschiera per l’approvvigionamento idrico della città di Roma.
“Vogliamo invertire lo sguardo su questi territori, in gran parte montani dove è importante riuscire a creare rimandi ed echi tra chi c’è da sempre e chi torna.Vogliamo praticare la restanza, che significa coltivare nuove forme di resistenza e di abitare. E oltre a questa postura ci piace anche riflettere sulla ritornanza, ossia di un movimento capace di accogliere nuovi paradigmi per vivere queste terre”, ha spiegato l’attivista durante la premiazione.
PREMIO ARIA
Cristina Mangia, ricercatrice CNR riceve il premio per l’impegno e il contributo nel costruire una scienza situata, ossia una scienza al servizio dei cittadini e delle comunità impattate da progetti inquinanti. Per la prospettiva eco transfemminista che caratterizza il suo approccio.
Cristina Mangia, laureata in fisica, è ricercatrice presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Si occupa di inquinamento atmosferico, clima ed epidemiologia ambientale. La sua attività di ricerca negli anni si è intersecata con l’interesse più ampio verso il rapporto tra scienza e società, con particolare riferimento alle tematiche di giustizia ambientale e del rapporto tra genere e scienza. Presidente dell’Associazione Donne e Scienza dal 2011 al 2017, continua la sua attività nel gruppo Genere e ambiente. È da sempre attiva nel supporto alle comunità territoriali colpite dagli impatti di progetti inquinanti. Dal 2022 cura il progetto “Scienziate visionarie”, che mette assieme arte e scienza portando storie di donne di scienze nei teatri e nelle scuole.
“Ricevere un premio intitolato a Wangari Maathai, che è stata biologa e scienziata visionaria mi riempie di gioia. Considero questo riconoscimento per un gruppo, e non solo mio. Questo è un premio che va a un collettivo, a tante persone che hanno deciso di portare la scienza fuori i laboratori e di fare ricerca con una prospettiva di genere per sostenere le battaglie ambientali”, ha raccontanto Mangia.
PREMIO FUOCO
Laura Paracini in rappresentanza delle attiviste e degli attivisti di Ultima Generazione, per il loro impegno nel denunciare le responsabilità della crisi climatica, per praticare azioni radicali tenendo alta l’attenzione sulla sfida del nostro secolo. Per aver dato nuova linfa alle campagne di disobbedienza civile nonviolenta.
Ultima generazione è un movimento di attivisti e attiviste climatici che porta avanti azioni di disobbedienza civile nonviolenta per squarciare ipocrisie e immobilismo sul collasso climatico. Nonostante siano un’avanguardia essenziale per divulgare evidenze scientifiche, le attiviste e gli attivisti di Ultima Generazione sono al centro di stigmatizzazione e criminalizzazione da parte del governo, con un accanimento senza precedenti.
“La disobbedienza civile è il fulcro del nostro tessuto sociale. Tutti i diritti di cui godiamo oggi sono il risultato di lotte, e quindi di persone che hanno scelto di agire, di disobbedire e di contrastare lo stato delle cose infragendo delle leggi. Ed è per questo che forse Ultima generazione continua a organizzare azioni forti portando in strada persone comuni che si sdraiano con noi per evitare il collasso climatico. Non sono inopportuni i blocchi stradali, non sono disturbanti le azioni nei musei, è invece inopportuno e antistorico credere di poter fermare il cambiamento climatico con le condotte dei singoli“, ha spiegato Paracini.
PREMIO TERRA
Amal Khayal attivista e cooperante. Riceve il premio per il suo impegno nel supporto alle donne e ai minori nella Striscia di Gaza. Per continuare a denunciare il genocidio in corso in Palestina.
Amal Khayal, attivista e cooperante di Gaza, fin da giovanissima attiva in organizzazioni umanitarie palestinesi, italiane e internazionali, in progetti e interventi contro la violenza sulle donne, per il supporto psicosociale di donne e minori, è responsabile per il CISS (Cooperazione Internazionale Sud Sud, con sede a Palermo) degli interventi nella Striscia di Gaza. Insieme ad altre e altri cooperanti, e a parte della sua famiglia, è riuscita a uscire dai luoghi del massacro negli ultimi mesi. Da allora porta in Italia le voci di chi è intrappolato senza cibo, acqua, assistenza medica, aiuti umanitari sotto il bombardamento feroce dell’esercito Israeliano. Dalle sue parole è arrivato un forte appello alla stampa italiana e internazionale a raccontare quanto accade ogni giorno a Gaza, Gerusalemme e Cisgiordania, dando voce e dignità al popolo palestinese.
“La lotta contro il razzismo è purtroppo senza fine, come mi ha dimostrato questa aggressione ai palestinesi: per il mondo non siamo abbastanza bianchi, e le nostre vite, per i leader mondiali e i media hanno meno importanza di quelle degli “altri”. Ma visto che oggi parliamo di ecologia, ci tengo anche a dire che le questioni ambientali sono un fatto quotidiano in Palestina. Il popolo palestinese non può godere dei frutti della sua terra e dell’acqua. Le risorse idriche sono al 99 % sotto il controllo israeliano e quel che resta è inquinato e non potabile. I palestinesi vivono la fame forzata proprio di fronte al mondo, in tempo reale, eppure nessuno impedisce che ciò accada. 5 milioni di persone, di cui il 60% bambini sono ingabbiati nelle cosiddette aree sicure; la restante parte dei gazawi rimasti a Gaza e nel nord del Paese soffre di condizioni disumane, vive sotto le bombe da 6 mesi, alla ricerca di avanzi di cibo, soffrendo la fame e la sete, dato che Israele ci ha chiuso il rubinetto dell’acqua dall’11 ottobre, ha attaccato l’unica compagnia elettrica e continua ad attaccare chi gestisce i servizi primari. Qui possiamo fare la nostra parte, lottando per avere spazio sui media e per diffondere la verità. Ognuno deve fare la propria parte, vi prego non lasciateci soli”.
MENZIONE SPECIALE ILARIA ALPI a trent’annni dall’omicidio a Mogadiscio
L’edizione 2024 ha previsto anche un riconoscimento speciale dedicato al giornalismo, intitolato a Ilaria Alpi, inviata del Tg3 assassinata 30 anni fa a Mogadiscio assieme all’operatore Miran Hrovatin. La menzione speciale Ilaria Alpi è stata assegnata a Elena Kostyuchenko, giornalista russa di Novaja Gazeta e attivista Lgbtq+.
Elena Kostyuchenko in collegamento da Boston ha ricevuto il premio per il suo infaticabile impegno nell’amplificare le voci di chi lotta contro l’inquinamento di paesi e città della Russia profonda attraverso inchieste e reportage che non fanno sconti a nessun potere. Per aver documentanto i primi giorni di invasione in Ucraina, per raccontare la guerra con le parole giuste facendo precipitare la retorica dell’operazione speciale invocata dal Cremlino. Per continuare a dare voce a tutti i movimenti e alle azioni che provano a spezzare il potere putiniano.
“Sono felice di condividere questo momento con voi e ci tengo a ricordare che in Russia sono maggiormente le donne a fare giornalismo. Sono loro a resistere agli attacchi del potere. In Russia sono le donne la parte effettiva dell’opposizione, sono donne partigiane che prestano servizio in zone pericolose, sono madri dei soldati e mogli che stanno lottando per la pace, contro il governo russo con cortei e inziaitive in tante città. Sono intellettuali e poetesse, come Daria Serenko, leader del movimento antimilitarista e femminista russo. Molti prigionieri politici sono donne, in particolare vorrei ricordare Sasha Skochilenko, un’artista e attivista pacifista condannata a sette anni di prigione per aver cambiato le etichette dei prezzi delle frutta con il numero delle vittime in Ucraina”.
Pratiche di resistenza e alternative possibili
“La prospettiva dell’ecotransfeminismo ci offre un’etica diversa, fondata su relazioni paritarie. Praticare l’ecotransfemminismo è una sfida molto complessa che affrontiamo nelle nostre possibilità sapendo di dover fare sempre di più. Le donne premiate sono rappresentanza di collettivi e di comunità, di modi di essere diversi che indicano pratiche di resistenza e di alternative possibili”, ha concluso Sara Vegni di A Sud.
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