da Pictet AM – La stagione d’oro del direct lending nelle PMI europee

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inviamo di seguito e in allegato il commento “La stagione d’oro del direct lending nelle PMI europee. Come cercare il valore nascosto in Europa” a cura di Giambattista Chiarelli, Head of Institutional di Pictet Asset Management (+ foto).

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Un caro saluto,

Lucrezia Pisani

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La stagione d’oro del direct lending nelle PMI europee. Come cercare il valore nascosto in Europa

 

A cura di Giambattista Chiarelli, Head of Institutional di Pictet Asset Management

 

13.05.2024

 

  • L’asset class dei prestiti privati vale 1.500 miliardi di dollari, ma è destinata a raddoppiare in dieci anni (pesando per il 10% del mercato obbligazionario complessivo).
  • Le manovre restrittive della Bce hanno portato i rendimenti dei prestiti privati oltre il 12%, rispetto al 7% di un anno fa. Inoltre, le aziende che ricorrono a questi strumenti hanno multipli debito/Ebitda attorno al 2-3x rispetto ai multipli 7x; questo implica società più disciplinate economicamente e più solide.
  • Gli investitori preferiscono solitamente comporre i portafogli con prestiti emessi da big corporate, ma le migliori occasioni sono nelle emissioni delle small cap europee, dove si annida il valore ancora in parte inespresso delle nostre economie. Le pmi pesano per due terzi dell’occupazione complessiva del Vecchio Continente e ogni anno producono 3.400 miliardi di euro in valore aggiunto.
  • Una maggiore protezione dei creditori e una migliore qualità creditizia dei debitori, insieme a costi dei prestiti più favorevoli, rendono le opportunità offerte dal direct lending più che mai interessanti, con rendimenti medi compresi tra il 7% e il 9% in Europa nei prossimi tre anni.
  • Resta fondamentale l’analisi aziendale, selezionando i settori difensivi e quelle aree geografiche dove si hanno competenze e contatti diretti, preferendo strutture con clausole di protezione. È essenziale che gli investitori abbiano capacità elevate di due diligence in un comparto il cui rischio maggiore è rappresentato da carenza di reportistica e documenti.

Nel new normal caratterizzato da tassi e inflazione elevati e crescita debole, vince il debito privato. Il direct lending (i prestiti diretti alle imprese) ha dimostrato di offrire rendimenti sopra la media in periodi congiunturali difficili. E non solo: è uno strumento utile a diversificare il portafoglio, perché permette di prendere posizione su settori industriali particolarmente promettenti in nicchie di mercato diverse. Una delle strategie con più potenziale è infatti quella che punta al private debt delle small cap europee. Ma prima di andare più a fondo delle ragioni che sono alla base del momento d’oro di questa asset class, proviamo a definire meglio il campo in cui ci muoviamo.

 

Direct lending e PMI europee: binomio vincente

Nato come fonte di liquidità quando la crisi finanziaria globale ha causato il collasso del mercato dei prestiti tradizionali, il direct lending sta acquisendo rapidamente importanza. Quest’ultimo, infatti, offre agli investitori sia alfa che la possibilità di modulare il profilo di rischio preferito, mentre per i debitori è una forma di diversificazione tra le potenziali fonti di finanziamento. Secondo le stime di Morgan Stanley[1], il settore degli investimenti detiene circa 1,5 miliardi di dollari dedicati al credito privato (di cui 500 miliardi di dollari in riserva di liquidità), la cui domanda è cresciuta di quasi il 10% annuo nell’ultimo decennio. Nel complesso, secondo Bloomberg Intelligence, il mercato del credito privato ha un potenziale di crescita di circa 3.000 miliardi di dollari nel prossimo decennio, pari a quasi il 10% del mercato del reddito fisso che ammonta a 37.000 miliardi di dollari[2]. Guardando poi ai numeri del mercato del private debt in Italia, secondo l’ultimo rapporto AIFI nel 2023 gli operatori attivi hanno raccolto oltre 1,14 miliardi di euro, in crescita del 14% rispetto all’anno precedente[3].

 

Le PMI, che stanno sempre più ricorrendo a prestiti diretti, sono d’altro canto la linfa vitale dell’economia europea: i 23 milioni di società di piccola e media capitalizzazione con sede in Europa occupano i due terzi dei lavoratori complessivi e producono un valore economico pari a circa 3.400 miliardi di euro all’anno[4]. Un vero tesoro nel quale trovare rendimento, come da sempre fa il private equity. Tuttavia, nell’era dell’inflazione e dei tassi elevati, e con gli utili che perdono colpi, il vero angolo da cui guardare le PMI è proprio quello del debito.

 

I vantaggi del direct lending per gli investitori

Secondo Goldman Sachs il direct lending produce costantemente rendimenti migliori nel lungo termine rispetto al credito high yield e ai leveraged loans: dal 2010 al 2022, il rendimento annuo medio è stato del 10%, rispetto al 4% per il debito high yield e al 3,2% per i leveraged loans (Fig.1). Inoltre, negli ultimi 20 anni, se avviati durante un periodo congiunturale complicato (ovvero “in-cycle”) hanno offerto rendimenti superiori alla media.

 

Fig.1 Rendimenti aggiustati per il rischio (risk-adjusted yield) e rettificati in base ai tassi di perdita a lungo termine, in %

Performance del credito privato

Fonte: StepStone, dicembre 2022.

 

Perché questo potrebbe essere il momento giusto

Nello scenario attuale esistono diversi fattori che favoriscono il direct lending. Il primo sono i tassi, che hanno spinto i rendimenti dei prestiti oltre il 12% rispetto al 7% di un anno fa. Ciò è dovuto principalmente al fatto che i prestiti privati sono di norma a tasso variabile e la cedola viene aggiornata ogni 30-90 giorni: una caratteristica preziosa in un periodo come questo, in cui è probabile che i tassi di base europei restino elevati ancora a lungo. In secondo luogo, oggi le aziende in cerca di prestiti diretti sono di gran lunga più disciplinate dal punto di vista finanziario di quanto non lo siano mai state in passato. Prima dell’inizio dell’attuale ciclo di rialzo dei tassi d’interesse, non era insolito vedere fondi incentrati sul debito privato concedere prestiti ad aziende con rapporti debito netto-EBITDA fino a 7x: oggi esistono molte realtà con multipli del rapporto debito netto-EBITDA (utili al lordo di interessi, imposte e ammortamenti) attorno a 2-3x. Questo suggerisce che l’imminente ondata di attività di rifinanziamento che interessa tutta l’Europa (circa 27 miliardi nei prossimi 3 anni) dovrebbe offrire ai nuovi finanziatori l’opportunità di ricapitalizzare aziende fondamentalmente solide e con bilanci conservativi a dei livelli di rendimento più interessanti e favorevoli. 

 

Inoltre, secondo i dati della Banca Centrale Europea, gli standard creditizi sono stati inaspriti al ritmo più rapido dalla crisi del debito sovrano del 2011, tanto che nel primo trimestre di quest’anno circa il 15% delle richieste di prestito societario è stata respinta. Ciò significa che molte aziende non hanno altra scelta se non quella di accettare oggi i termini molto più restrittivi previsti dai fondi di debito privato, che includono clausole progettate per aumentare la protezione dei creditori, ma che in ultima analisi supportano anche le aziende nella creazione di modelli di business forti e sostenibili. A nostro avviso, una maggiore protezione dei creditori e una migliore qualità creditizia dei debitori, insieme a costi dei prestiti più favorevoli, rendono le opportunità offerte dal direct lending più che mai interessanti dato il contesto attuale, con rendimenti medi compresi tra il 7% e il 9% in Europa nei prossimi tre anni. 

 

Rotta sulle PMI: perché?

Se questo discorso è vero in generale per il direct lending, lo è a maggior ragione per i prestiti diretti delle PMI. La gamma di opportunità di investimento nel debito privato europeo è in crescita grazie alle aziende a più piccola capitalizzazione della regione, sempre più ricettive a questa forma di finanziamento. In genere, queste imprese sono di proprietà di famiglie o singoli imprenditori e storicamente si sono affidate a prestiti bancari o a capitale di private equity. I primi sono relativamente economici, ma dotati di poca (o nessuna) flessibilità e non forniscono alcun supporto che permetta di favorire la crescita aziendale. A confronto, il private equity offre potenzialmente molto valore, ma a costo di una perdita dell’indipendenza e del controllo. Il debito privato, quindi, può essere considerato quale compromesso perfetto tra queste due strade; uno strumento che una nuova generazione di imprenditori sta iniziando ad apprezzare. C’è un altro tema a favore dell’investimento del direct lending nelle PMI e sta nel fatto che si tratta ancora di un terreno poco battuto. I grandi fondi con focus sul debito privato prediligono le big corporate per le economie di scala e i benefici in termini di commissioni e spesso trascurano le aziende più piccole per cui reportistica e sistemi informativi sono meno consolidati e farne la due diligence è molto più complesso.

 

Molte imprese a piccola capitalizzazione si dimostrano rivoluzionarie nell’ambito di nicchia in cui operano e la prospettiva di sviluppo che offrono è significativa, ben superiore a quella delle loro omologhe più tradizionali e quotate in borsa. L’approccio di Pictet Asset Management consiste nell’investire in attività che hanno raggiunto una fase cruciale della loro evoluzione, mettendo a disposizione ciò che potremmo definire come capitale di crescita “su misura” per consentire a queste società di raggiungere il traguardo successivo nel loro ciclo di vita.

 

Equilibrio tra rischio e rendimento: come selezionare il private debt delle PMI

Certamente il punto di partenza è una due diligence efficace, che permetta ai gestori del debito di selezionare aziende con un profilo di credito molto più solido e un rischio inferiore rispetto alla media delle piccole imprese. È importante che un’azienda dimostri di avere ricavi evidenti e ricorrenti e disponga di margini di profitto elevati e di una base di costi operativi flessibile. A tal fine, tendiamo a preferire le società asset-light con flussi di cassa e rapporti di conversione della liquidità elevati, rispetto ad aziende con ingenti risorse fisiche (come mezzi o macchinari) che si pensa siano in grado di offrire ai finanziatori una certa protezione del capitale, nella convinzione che possano essere vendute in caso di difficoltà. Tuttavia, non è sempre così: sia perché la richiesta per questi asset può essere limitata e gli acquirenti pochi, sia perché è necessaria una manutenzione costante, che implica un costo. Oltre alle aziende che presentano solidi fondamentali di credito, riteniamo che ci siano altri tre fattori da considerare per ridurre il rischio e massimizzare i rendimenti: la selezione dei settori industriali, la diversificazione regionale e la strutturazione di operazioni difensive.

 

Attualmente, in un contesto caratterizzato da una potenziale instabilità economica e finanziaria, stiamo concentrando i nostri investimenti nei settori difensivi. Prediligiamo assistenza sanitaria, istruzione, servizi aziendali, tecnologia e software perché racchiudono quelle aziende che per loro natura sono dotate di forte liquidità e un basso beta. La diversificazione territoriale deve essere molto pragmatica e concentrarsi su aree dove l’investitore possiede strutture fisiche e contatti diretti, data la difficoltà di accedere a reportistica di qualità per le piccole e medie imprese. Le strutture di prestito difensive infine sono quelle che incorporano una protezione, nella forma di restrizioni contrattuali e clausole per il debitore che pongono un tetto alla copertura degli interessi, alla leva finanziaria e/o alla copertura degli oneri fissi. Vista la presenza di tali tutele, gli investimenti nel direct lending hanno costantemente registrato tassi di insolvenza più bassi e tassi di recupero più elevati sia rispetto ai prestiti a leva sindacati che ai crediti high yield quotati in borsa. Inoltre, a confronto con altre categorie del reddito fisso, il direct lending può vantare un track record di rendimenti relativamente elevati con una minore volatilità.

 

In definitiva il direct lending nelle società europee di dimensione medio piccola è una proposta allettante con un profilo di rischio/rendimento molto interessante, in particolare nelle attuali condizioni di mercato. Supportati da gestori dotati delle giuste competenze, di una solida esperienza e una comprovata presenza locale, gli investitori possono accedere ad un asset class a basso rischio con rendimenti solidi anche in un contesto macroeconomico incerto. Un trend che potremmo definire secolare.

 

Le informazioni, opinioni e stime contenute nel presente documento riflettono un’opinione espressa alla data originale di pubblicazione e sono soggette a rischi e incertezze che potrebbero far sì che i risultati reali differiscano in maniera sostanziale da quelli qui presentati.

 

Il Gruppo Pictet

Fondato a Ginevra nel 1805, il Gruppo Pictet è uno dei principali gestori patrimoniali e del risparmio indipendenti in Europa. Con un patrimonio gestito e amministrato che ammonta a circa 681 miliardi di euro al 31 dicembre 2023, il Gruppo è controllato e gestito da otto soci e mantiene gli stessi principi di titolarità e successione in essere fin dalla fondazione. Il Gruppo Pictet, con oltre 5.300 dipendenti, ha il suo quartier generale a Ginevra e altre sedi nei seguenti centri finanziari: Amsterdam, Barcellona, Basilea, Bruxelles, Dubai, Francoforte, Hong Kong, Londra, Losanna, Lussemburgo, Madrid, Milano, Montreal, Monaco di Baviera, Nassau, New York, Osaka, Parigi, Principato di Monaco, Roma, Shanghai, Singapore, Stoccarda, Taipei, Tel Aviv, Tokyo, Torino, Verona e Zurigo. Pictet Asset Management (“Pictet AM”) comprende tutte le controllate e le divisioni del Gruppo Pictet che svolgono attività di asset management e gestione fondi istituzionali. Fra i principali clienti si annoverano alcuni dei maggiori fondi pensione, fondi sovrani e istituti finanziari a livello mondiale.

 

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