Indagine Gimme5 – Il prezzo (alto) da pagare per essere madre in Italia

Buongiorno,

all’indomani della Festa della Mamma, la nuova indagine di Gimme5, soluzione digitale che permette di accantonare piccole somme attraverso smartphone e investirle in fondi comuni, mostra come inflazione, precarietà lavorativa e disequilibri nella ripartizione delle incombenze domestiche abbiano ripercussioni evidenti sulla ricchezza finanziaria femminile e sulla propensione delle donne all’investimento.

Un caro saluto,

Giulia

Il prezzo (alto) da pagare per essere madre in Italia

 

  • Si stima che nel periodo 2017–2020, mantenere un figlio in Italia sia costato una media di 640 euro al mese, cioè oltre 138.000 euro fino al raggiungimento della maggiore età, il doppio rispetto alla media dei Paesi Ocse
  • Se ai costi elevati si aggiunge l’assenza di un sistema adeguato di welfare aziendale e asili nido, appare chiaro come il prezzo della maternità per molte sia insostenibile
  • La cura della famiglia è la prima causa di abbandono dell’impiego per le italiane, ma anche per le donne che continuano a lavorare il gap retributivo è pari a una media del 5% su base oraria e del 43% su base annuale
  • Costi elevati, precarietà lavorativa e disequilibri nella ripartizione delle incombenze domestiche hanno ripercussioni evidenti sulla ricchezza finanziaria femminile: lo conferma l’analisi della base clienti di Gimme5, che mostra come le donne restino in minoranza e i loro salvadanai digitali siano mediamente più piccoli rispetto a quelli dei clienti uomini
  • Non mancano le buone notizie: le clienti di Gimme5 sono più inclini a porsi obiettivi ambiziosi e più determinate a raggiungerli rispetto agli uomini, anche nel caso in cui dovesse servire più tempo
  • Rispetto agli obiettivi impostati, le donne risparmiano soprattutto per viaggiare (27%) e, rispetto agli uomini, sono più propense a fare economia per la casa
  • Le donne si approcciano con cautela al mondo degli investimenti: solo il 9,4% delle clienti opta per l’investimento in azioni, mentre il 57,7% sceglie di investire nell’obbligazionario

 

Milano, 13 maggio 2024 – Diventare madri in Italia è un lusso che ci si può permettere sempre meno, come confermano gli ultimi dati Istat, che dipingono il quadro di una vera e propria emergenza demografica. Il nostro è l’ultimo Paese in Europa per tasso di fertilità, con 1,2 figli per donna e un totale di appena 379mila nuovi nati nel 2023, in calo del 3,6% rispetto al 2022 e del 34,2% rispetto al 2008, ultimo anno in cui si è registrato un aumento delle nascite su base nazionale.

 

In Italia si nasce sempre meno e si diventa madri sempre più tardi: nel 2023 l’età media al parto è salita a 32,5 anni, rispetto ai 32,4 del 2022[1]. Si tende a rimandare o addirittura accantonare l’idea di diventare genitori soprattutto per ragioni economiche: nella sua relazione annuale, Bankitalia stima che nel periodo 2017-2020 mantenere ciascun figlio sia pesato sul bilancio delle famiglie una media di 640 euro al mese, cifra che, moltiplicata per i 18 anni necessari al raggiungimento della maggiore età, si traduce in oltre 138.000 euro, il doppio rispetto alla media dei Paesi Ocse[2].

Se ai costi elevati si aggiunge l’assenza di un sistema adeguato di welfare aziendale e asili nido, appare chiaro come il prezzo della maternità per molte sia insostenibile: la capienza degli asili arriva infatti a coprire solo il 27% della domanda (contro una media europea del 35,3%), mentre il congedo di paternità in Italia dura solo 10 giorni, contro i 28 della Francia e il record di 14 mesi della Germania. Va da sé che rinunciare al lavoro per molte madri è una strada obbligata. La cura della famiglia è la prima causa di abbandono dell’impiego per le italiane (52%) e il tasso di occupazione delle donne tra i 25 e i 49 anni passa dal 76,6% in assenza di figli al 55,5% in presenza di un figlio sotto i sei anni[3].

 

Il quadro complessivo è allarmante: non solo le donne occupate in Italia sono 9,5 milioni, contro i 13 milioni degli uomini, ma il lavoro femminile appare in larga parte precario, part-time (per il 49% delle donne contro il 26,2% degli uomini) e poco remunerativo, con un gap retributivo medio del 5% su base oraria e del 43% su base annuale, pari a una differenza di 7.922 euro[4] in termini di salario medio annuale rispetto ai lavoratori uomini. È del tutto naturale, dunque, che costi elevati, precarietà lavorativa e disequilibri nella ripartizione delle incombenze domestiche abbiano ripercussioni evidenti sulla ricchezza finanziaria femminile. Lo conferma l’analisi della base clienti di Gimme5 –  la soluzione digitale che permette di accantonare piccole somme attraverso smartphone e investirle in fondi comuni – che evidenzia come le donne restino in minoranza (16% degli utenti attivi), nonostante siano cresciute del 19% nell’ultimo anno, e come i loro salvadanai digitali siano mediamente più piccoli (-7%) rispetto a quelli dei clienti uomini.

 

Determinate e amanti dell’avventura: il ritratto delle risparmiatrici italiane

Mentre quasi il 50% degli uomini ha cominciato a risparmiare su Gimme5 prima dei 30 anni, le donne under 30 in app sono solo il 35%, probabilmente per via della maggiore stabilità finanziaria che si acquisisce con il passare del tempo.

Inoltre, Gimme5 funziona in base al principio del risparmio “per obiettivi” e, in questo, le donne dimostrano di avere le idee più chiare: il risparmio generico, svincolato dal raggiungimento di un obiettivo preciso, è scelto nel 7% in meno dei casi tra le donne rispetto agli uomini. Dall’analisi degli obiettivi impostati è possibile trarre informazioni utili: ad esempio, le clienti di Gimme5 risparmiano soprattutto per viaggiare (27%) e, rispetto agli uomini, sono più propense a fare economia per la casa (13% contro 9%). Per quanto riguarda l’orizzonte temporale, quello delle donne è inferiore del 20% rispetto a quello degli uomini. Rispetto alla propensione al rischio, invece, le donne si approcciano con cautela al mondo degli investimenti: solo il 9,4% delle clienti opta per l’investimento in azioni, contro il 15,7% degli uomini, mentre il 57,7% sceglie di investire nell’obbligazionario, contro il 42,4% degli uomini.

In linea generale, le clienti sono più inclini a porsi obiettivi ambiziosi e più determinate a raggiungerli (+5%) rispetto agli uomini, anche nel caso in cui dovesse servire più tempo. Si dimostrano però meno propense ad attivare automatismi per risparmiare con costanza (68% contro 71% degli uomini).

 

Gimme5

Gimme5 è la soluzione digitale per la gestione del denaro che permette di mettere da parte piccole somme attraverso smartphone e di investirle in un fondo comune di investimento. Non esistono obblighi o vincoli, e, esattamente come accade per un salvadanaio tradizionale, ogni utente è libero di decidere se e quando aggiungere nuovi risparmi o chiederne il rimborso. Dalla prima sottoscrizione, al controllo costante della propria posizione, fino all’operatività successive, tutto avviene tramite app o sito. Per qualsiasi dubbio o necessità, un team di supporto è sempre a disposizione attraverso una molteplicità di canali (numero verde, indirizzo e-mail, Whatsapp, Messenger, chat). ZERO commissioni di attivazione, ZERO costi per l’account, solo 1 euro per ogni rimborso (indipendentemente dalla somma rimborsata). Gimme5 si basa sul principio dell’investimento per obiettivi: ogni utente può impostare da 1 a 5 obiettivi di risparmio (ad esempio: un viaggio, la casa nuova o l’università dei figli). Gimme5 offre infine la possibilità di impostare forme di accantonamento automatiche e di condividere i propri obiettivi con amici e parenti, in modo che sia possibile ricevere un contributo direttamente per il proprio obiettivo. Dal 2013 a oggi, Gimme5 ha coinvolto più di 600.000 utenti, raccogliendo oltre 160 milioni di euro di risparmi, utili a raggiungere più di 40.000 obiettivi impostati.

 

 









[2] Fonte: Will Italia

[3] Fonte: Dossier sull’occupazione femminile, Servizio Studi della Camera. Rapporto Istat SDGs 2023

[4] Fonte: Osservatorio INPS sui lavoratori dipendenti del settore privato

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