IL PRIMO “ALBERO GENEALOGICO”
DELLA PASTA RIPIENA ITALIANA
Team di ricerca guidato dall’Università di Padova indaga per la prima volta con metodo scientifico le origini di uno dei piatti più iconici della tavola italiana
La grande ricchezza della cultura culinaria italiana è strettamente intrecciata con la storia, la geografia e la biologia del nostro Paese. La pasta, in particolare, è un elemento centrale nella cultura italiana, e spesso la paternità di alcune ricette o piatti tradizionali è oggetto di accese discussioni.
Uno studio guidato da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Biologia dall’Università di Padova, recentemente pubblicato sulla rivista “Discover Food”, indaga le origini di uno dei più iconici elementi della cultura italiana – la pasta ripiena – utilizzando un metodo scientifico per ricostruire le origini e l’evoluzione della grande varietà di pasta ripiena presente nel nostro Paese, un esempio tra molti della diversità bioculturale italiana.
«l’Italia del nord è un hotspot di diversità per la pasta ripiena: ogni città e ogni paese brandisce con orgoglio la propria varietà unica di questo piatto sacro, la cui ricetta è spesso tramandata di generazione in generazione tra le famiglie del posto – spiega Vazrick Nazari, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e primo autore dello studio -. Questo lavoro presenta il primo approccio interdisciplinare in cui si è applicata una metodologia comunemente usata nelle scienze biologiche per far luce su questioni che rientrano nel campo delle scienze alimentari: da dove viene questa incredibile diversità della pasta ripiena italiana, e come sono correlate tra loro queste varietà?».
Per creare il dataset, gli autori si sono appoggiati sia alla letteratura scientifica sull’argomento, sia ad alcuni testi fondativi della cucina italiana, come il leggendario volume di Pellegrino Artusi “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891). Si è operata una separazione tra i formati di pasta ripiena eurasiatici (come gyoza, maultaschen, pierogi, pelmeni…), raggruppati come out-group e utilizzati come elemento di comparazione, e quelli specificamente italiani. I formati selezionati sono 28, e comprendono una varietà rappresentativa di tutto il territorio nazionale, dai culurgiones sardi ai cjarsons friulani, dai tortellini bolognesi ai cappelletti romagnoli.
Analizzando le varie caratteristiche di questa “famiglia” di pasta (ingredienti dell’impasto, tipo di ripieno, modalità di cottura, grandezza, piegatura, etc.) e la distribuzione geografica delle ricette, i ricercatori hanno elaborato un albero filogenetico che ricostruisce la probabile origine e diffusione della pasta ripiena in Italia, così come la sua progressiva differenziazione nelle diverse forme regionali e locali.
«Le differenze osservate sono legate alle specificità climatiche e agro-alimentari delle diverse regioni italiane, oltre che alla forma della pasta – dice Antonella Pasqualone, coautrice dell’articolo e professoressa all’Università di Bari -. Ogni tipo di pasta ha una geometria a sé stante, con diverso volume, rugosità e alternanza di vuoti e pieni. La forma influenza il comportamento in cottura, la ritenzione del condimento e la consistenza, ma ha anche una chiara funzione comunicativa legata all'identità culturale. In questo caso, è vero che ‘la forma è sostanza’!».
«Dove c’è molta diversità biologica, di solito c’è anche molta diversità culturale. Si chiama diversità bioculturale, e l’Italia ne è ricchissima – dice Telmo Pievani, coordinatore del gruppo di ricerca e docente dell’Università di Padova -. Il cibo nasce proprio dall’intersezione fra biologia e cultura. Con questo studio mostriamo che l’approccio evoluzionistico può ricostruire non soltanto l’albero genealogico delle specie, ma talvolta anche quello degli artefatti culturali. Persino della pasta ripiena».
Infatti, i risultati dell’analisi mostrano che è molto probabile che la pasta ripiena, originatasi in Eurasia, sia arrivata prima nel Nord Italia, e da lì si sia diffusa nel resto della Penisola in seguito a una iniziale riduzione della variabilità morfologica (fuori dalla metafora biologica, la varietà di ricette) dovuta a una sorta di “effetto del fondatore”.
L’albero filogenetico permette di ricostruire anche le parentele tra le diverse forme di pasta ripiena. È evidente una distinzione principale tra due grandi “famiglie”, quella dei tortellini (più tridimensionali) e quella dei ravioli (più piatti). Entrambi i gruppi sembrano essere originari del nord Italia, dove infatti si concentra la maggior parte dei formati presi in considerazione per l’analisi. È interessante notare che, in tutte le analisi svolte, un unico formato di pasta ripiena italiana viene sempre riconosciuto come esterno a queste due grandi famiglie: i culurgiones sardi. Questo suggerisce che, in Sardegna, la pratica culturale di cucinare la pasta ripiena possa essersi originata in modo indipendente rispetto al Nord Italia.
«L’inestricabile connessione tra uomo, cultura e ambiente emerge in modo evidente da questo lavoro, in cui analisi normalmente utilizzate per studiare l’evoluzione degli esseri viventi vengono applicate a uno dei cibi italiani più famosi al mondo, la pasta ripiena – sottolinea Valentina Todisco, coautrice dello studio e ricercatrice all’Università di Salisburgo -. I culurgiones sardi risultano molto diversi da tutto il resto, evidenziando le peculiarità di quest’isola, che rappresenta una tra le regioni con maggiore diversità ambientale e culturale nell’area Mediterranea».
Questo studio è il primo ad applicare un metodo scientifico per la classificazione della pasta ripiena italiana: l’obiettivo dei ricercatori è replicare questo approccio per ampliare le conoscenze sulla diversità bioculturale del nostro Paese.
Andrea Pieroni, coautore della ricerca e professore all’università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, commenta: «La pasta è in Italia, come ogni ingrediente, prodotto e piatto delle gastronomie, una ragnatela etno-ecologica in perenne evoluzione e dove da sempre convergono intrecci ecologici e socio-culturali. Questo lavoro adotta un metodo ben noto alla biologia, e lo applica all'evoluzione del sistema alimentare “pasta ripiena”. Si è trattato di un percorso pionieristico che immaginiamo possa essere applicato ad altre traiettorie culinarie ed essere foriero di sorprese non visibili in base alla sola indagine storica».
«La dimensione culturale e quella biologica sono infatti intrinsecamente connesse, soprattutto in un Paese ricco di storia e di natura come l’Italia. Conoscere e tutelare le varie manifestazioni culturali che formano il bagaglio bioculturale di un luogo è essenziale per preservare anche la biodiversità locale», afferma Sofia Belardinelli, del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e coautrice dello studio.
Link alla ricerca: Vazrick Nazari, Antonella Pasqualone, Andrea Pieroni, Valentina Todisco, Sofia Belardinelli, Telmo Pievani (2024) Evolution of the Italian pasta ripiena: the first steps toward a scientific classification. Discover Food 4, 57. https://doi.org/10.1007/s44187-024-00136-1